CIRNI, Antonio Francesco
Nacque a Olmeta di Tuda, nella regione di Nebbio, presso Bastia, in Corsica, verso iI 1520, da nobile famiglia.
Sui primi anni della sua vita non si hanno notizie sicure: pare che tralasciasse la intrapresa carriera ecclesiastica per quella delle armi, pur proseguendo gli studi all'università. di Pisa, frequentata da molti suoi compatrioti per le facilitazioni che vi godevano. Certo, durante la permanenza in Toscana, il C. ebbe modo di stringere buone relazioni, né è da escludere che militasse in qualcuna delle compagnie di ventura nelle quali erano arruolati molti corsi: di certo, partecipò alla guerra di Siena come segretario del marchese di Marignano, che Cosimo I aveva assoldato per cacciare i Francesi dalla città. Dopo la morte del marchese, nel novembre 1555, rimase legato ai Medici di Firenze, per i quali mostrò sempre ammirazione. Con le loro galee, nel 1560 partecipò alla sfortunata impresa di Tripoli. Mentre si recava a questa impresa, il C. a Malta aveva appreso dell'elezione di papa Pio IV (Giovan Angelo de' Medici) e si era affrettato, il 2 febbr. 1560, a porgergli le sue calorose felicitazioni. Così, dopo la sfortunafa battaglia. dell'isola di Gerba, il C., tornato in Italia, nel maggio 1560 era subito passato da Roma a rendere omaggio al papa. Ritornato quindi a Firenze presso i Medici, egli diede alle stampe (contemporaneamente in Firenze, per i tipi di Lorenzo Torrentino, e in Venezia, per i tipi di Francesco Lorenzini) una relazione dell'impresa col titolo Successi dell'Armata della Maestà Cattolica destinata all'impresa di Tripoli di Barberia, della presa delle Gerbe e progressi dell'Armata Turchesca.
Il lavoro, dedicato a Francesco de' Medici, presenta già le caratteristiche, positive e negative, che saranno, di tutta la produzione del C.: narratore coscienzioso, ma prolisso, poco vivace e stentato nella forma, il suo merito fu, senza dubbio, quello di proporre all'attenzione pubblica fatti attuali, e quindi di immediato interesse per il lettore.
Nello stesso 1560 il C. partecipò ai festeggiamenti in onore di Cosimo I per il suo ingresso trionfale in Siena, e ne pubblicò una relazione per i tipi di Antonio Blado di Roma, coi titolo La reale entrata dell'ecc. Sig. Duca e Duchessa di Fiorenza in Siena, con la, significazione delle latine iscrittioni et alcuni sonetti. Aquesto punto, non è da escludersi che il C. si sia recato a Trento, forse quale semplice osservatore, per il concilio riaperto e portato a termine da Pio IV nel 1563, concilio che celebrò nei suoi Commentarii. Certo nel marzo 1565 egli era a Roma, probabilmente inviato speciale dei Medici al matrimonio del conte Annibale Altemps con Ortensia Borromeo, entrambi nipoti del papa. I sontuosi e regali festeggiamenti, davanti a una folla di cinquantamila persone e con l'intervento della nobiltà romana e del corpo diplomatico, furono da lui narrati nel volumetto Narrazione del Maraviglioso Torneo rappresentato dall'Eccelentiss. Sig. Conte Anibale Altemps, General Governatore di Santa Chiesa con molti illustri Cavalieri, Signori e Gentil'huomini, in Roma nel nuovo teatro di Belvedere a V marzo MDLXV.
Intanto, l'assedio musulmano a Malta e la difesa sostenuta per oltre cinque mesi dall'Ordine gerosolimitano avevano spinto il mondo cristiano a organizzare una grande spedizione di soccorso, al comando di don Garcia di Toledo: a essa, arruolato nelle truppe spagnole, prese parte anche il C., il quale si fermò per oltre un anno a Malta onde preparare la storia dell'assedio. L'opera, stampata da G. Accolto in Roma nel 1567, col titolo Commentarii. di Antonfrancesco Cirni, Corso, ne' quali si descrive la guerra ultima di Francia, la celebrazione del Concilio Tridentino, il soccorso d'Orano, l'impresa del Pignone, et l'Historia dell'assedio di Malta, èla più importante del Cirni. Indubbio appare il suo interesse documentario, tanto più che il C. dichiara che per la spedizione di Malta (che costituisce la parte più dettagliatamente sviluppata dell'opera) non solo si èdirettamente documentato sui luoghi, ma si èservito delle testimonianze stesse dei capi della spedizione cristianai cui veniva leggendo l'opera durante la stesura. Con questo libro, che il C. pubblicò con i privilegi di molti potentati italiani e con la lode dei nuovo papa Pio V, egli chiuse il periodo della sua attività letteraria per dedicarsi a quella politica, in favore della sua terra d'origine.
Per la Corsica, in aperta rivolta contro Genova dal 1559, il C. elaborò (non si sa se di propria iniziativa o per l'interessato consiglio di Cosimo I de' Medici) un piano di pacificazione attraverso la mediazione della S. Sede. In sostanza egli proponeva a Pio V, che lo ricevette in privata udienza il 16 sett. 1568, di inviarlo in missione in Corsica con un breve pontificio per Alfonso d'Ornano e per gli altri capi insorti: in cambio della cessazione delle ostilità. la S. Sede si impegnava a intervenire presso Genova per ottenere il perdono dei ribelli e per garantire l'esecuzione degli impegni assunti dalla Repubblica. L'idea parve accettabile al pontefice e al cardinale Cicala, che se ne fece portavoce presso la Repubblica. Ma Genova, sospettosa della conipromissione della propria autorità, con minuziose argomentazioni rifiutò la missione, ufficiale del C.: tutt'al più gli veniva concesso di passare in Corsica come privato e, in tal veste, di raccomandare la sottomissione, per riferire poi a Genova dei risultati ottenuti. Comunque, nei primi mesi del 1569, la Corsica veniva pacificata, anche grazie alla oculata amministrazione dei nuovo governatore, Giorgio Doria. Prima di far ritorno nell'isola, il C. si recò a Genova e vi sposò, nel 1570, Batina, una nobildonna genovese non meglio identificata. Tornato in patria, fu subito eletto tra i Dodici nobili di Corsica, antica istituzione composta dai rappresentanti del popolo, eletti nelle consulte generali tra i cittadini di nobile casato. In tale carica, il 3 luglio 1572, compilò le Domande indirizzate dai 12 dell'isola di Corsica alla Signoria di Genova pel tramite del Governatore della Corsica (in n. 7 di P. Parisella pubbl. in Bull. de la Soc. de sciences hist. et natur. de la Corse, VI, 1886).
Si tratta di trenta articoli con i quali si invocano provvedimenti per una buona amministrazione della giustizia. Il C., sottolineando le condizioni di arretratezza del paese, chiede anche l'apertura di strade, la costruzione di una ventina di ponti, lo sviluppo dell'agricoltura attraverso la diversificazione delle culture (potenziando sopra tutto i vigneti e i frutteti invece del grano e dell'orzo, da lui giudicati poco redditizi) nonché la creazione di zone coltivate attorno ai villaggi.
Nominato "oratore della Nazione corsa", il C. dal 1573 al 1575 era a Genova, dove ebbe modo di illustrare tali progetti. Ma, di fronte ai tumulti scoppiati a Genova nel 1575, lasciò la città e si spostò a Firenze. Ricevuto dal granduca Francesco il 20 settembre, cercò di persuaderlo ad approfittare delle lotte intestine di Genova e a occupare la Corsica. Per rendere più concreta la proposta, indirizzò al granduca, tramite il Dovara, maestro di campo della cavalleria medicea, anche un memoriale particolareggiato, nel quale mostrava la facilità della buona riuscita dell'impresa. Col Dovara stabilì un cifirario per la corrispondenza e gli fornì un elenco degli isolani che in ogni paese avrebbero fornito validi aiuti. Dopo il rifiuto del Medici, condizionato dal divieto della corte únperiale e della Spagna, il C. ritornò in Corsica e riprese il suo posto nella vita pubblica. Nel 1579 fa nuovamente eletto procuratore dei Corsi presso la Repubblica, che lo nominò commissario alle strade e ai ponti, con un appannaggio di 200 lire l'anno. All'ufficio il C. adempì con intelligenza ed efficienza, facendo costruire anche l'importante ponte sul Golo. Dal 1579 al 1583 ebbe modo di tornare a Genova in diverse occasioni, sempre per perorare la causa dell'isola davanti al Senato. Ma i vari provvedimenti da lui proposti non furono mai attuati, anche per l'incuria dei governatori seguiti a Giorgio Doria. Perciò, nel 1582, in occasione dell'arrivo di un nuovo governatore, il C. pronunziò parole rudi contro l'amministrazione, cosa permessa impunemente, secondo una vecchia usanza, in occasione di un nuovo insediamento. Ma per il C. si fece eccezione: gli furono tolti appannaggio e titoli, né valsero i suoi ricorsi al Senato genovese per modificare le decisioni. La sua carriera politica era chiusa: e dopo il 1583, o per questo episodio o per la sopravvenuta morte, il suo nome non compare più nella lista del Consiglio dei nobili di Corsica.
Bibl.: H. Yvia-Croce, Anthologie des écrivainscorses, Ajaccio 1929, pp. 63-75; P. Parisella, A. F. C., cronista ital., in Corsica antica e moderna, I (1932), pp. 253-257; C. Starace, Bibliogr. della Corsica, Milano 1943, n. 2090; R. Emanuelli, Gênes et l'Espagne dans la guerre de Corse, Paris 1964, p. 434.