FRANCESCHI, Antonio
Nacque il 4 ag. 1762, da Camillo e Maria Zini, a Brisighella, presso Faenza, dove il padre, nativo di Modena, esercitava la condotta medica. Nel 1782 conseguì la laurea in medicina all'università di Fano (Eroli, p. 60). Da un primo matrimonio, da cui rimase vedovo, ebbe una figlia di nome Raffaella.
Non abbiamo altre sue notizie fino al settembre 1795, quando venne nominato medico condotto primario a Narni. Occupata Roma dai Francesi, e proclamata il 15 febbr. 1798 la Repubblica Romana, il F. pronunciò l'orazione per l'innalzamento dell'albero della libertà a Narni, dove fu nominato edile aggiunto (12 aprile) e presidente della Municipalità. Alla fine di novembre entrò a far parte dell'amministrazione dipartimentale di Spoleto in sostituzione di A. Cimarelli.
Tornati i Francesi a Roma dopo l'occupazione napoletana (27 novembre-12 dic. 1798), il F. venne nominato membro del Comitato militare investito delle funzioni del ministero della Guerra fino al rientro delle autorità repubblicane rifugiatesi a Perugia.
Nominato ministro degli Interni, l'11 genn. 1799 emanò immediatamente alcuni regolamenti volti a rendere più efficiente l'attività del ministero.
Consapevole della drammatica situazione delle sussistenze, si sforzò di reperire grano sia all'interno sia sul mercato estero e di promuovere la circolazione delle derrate e la coltura dei campi richiamando i proprietari e le popolazioni ai rispettivi doveri. Allo stesso tempo si adoperò per colpire gli abusi dei commissari e delle autorità locali. Il 14 febbraio, incaricato dell'esecuzione del decreto consolare che limitava agli indigenti il diritto di acquistare il pane a calmiere, pubblicò un proclama per tranquillizzare la popolazione. La classificazione degli indigenti e la distribuzione delle tessere annonarie procedettero con difficoltà, e all'entrata in vigore del decreto, l'8 marzo, scoppiarono disordini a Roma: il F. dovette sospenderne l'attuazione, e subì un severo richiamo da parte dei consoli. Il 22 marzo inviò ai consoli un rapporto ottimistico sullo stato delle provviste di grano per il consumo di Roma (Monitore, s. 3, n. 4, p. 30). Tuttavia i diaristi dell'epoca continuavano a registrare la penuria dei generi alimentari.
Appena nominato ministro il F. intervenne inoltre con rigore nella controversia sulla formula del giuramento civico, che aveva coinvolto in particolare i professori del Collegio Romano e della Sapienza. I primi mesi del suo ministero segnarono una svolta nella politica ecclesiastica e religiosa della Repubblica, che oltre a proseguire le operazioni di nazionalizzazione dei beni ecclesiastici e di controllo esterno sull'operato del clero, tentò di intervenire sulla sua stessa struttura interna e composizione, coniugando esigenze di ordine pubblico con motivi di riforma religiosa.
Il F. in materia emanò il 18 gennaio una circolare alle autorità municipali, che riservava a questi e ai parroci la predicazione evangelica, escludendone i regolari, con l'intento dichiarato di eliminare un abuso rispetto alla pratica originaria del cristianesimo. Più ampia e organica era una seconda circolare (7 febbraio), contenente una serie di istruzioni alle autorità municipali perché risolvessero direttamente le pratiche relative agli ecclesiastici, evitando i continui appelli al ministero. Il F. ingiungeva innanzitutto di negare a chiunque le ordinazioni sacre, precisando che, in considerazione del peso che il gran numero dei preti costituiva per l'erario, non sarebbero state consentite nuove promozioni ecclesiastiche "prima che le Parrocchie siano sistemate, ed il bisogno reale del Culto l'esiga". Questa circolare colpiva inoltre la struttura degli ordini regolari e il loro carattere di "corpo separato", ordinando di proibire loro le adunanze capitolari e provinciali e il carteggio "con i Superiori di altro convento dello stesso ordine", e sottoponendoli alla giurisdizione del pretore. La parte più significativa del provvedimento era quella che affidava alle autorità municipali il compito di escludere fra i soggetti proposti dai vescovi per le parrocchie vacanti, e di destituire da quelle già occupate, quelli sospetti di ostilità alla Repubblica, preferendo i concorrenti di provata fede repubblicana. Alle autorità municipali inoltre venivano richiesti rapporti giornalieri sull'operato di parroci e vescovi (Collezione, III, pp. 464 ss.).
Il De Felice (L'evangelismo, pp. 250 s.) ha attribuito la paternità della politica ecclesiastica del ministero Franceschi, e in particolare di questa circolare, all'abate C. Della Valle, capo della divisione per l'istruzione pubblica ed il culto, il quale già nell'aprile 1798 aveva promosso un provvedimento per porre la nomina dei parroci sotto il controllo dell'autorità civile, fallito per l'opposizione del Tribunato. Tuttavia, la sostanziale inattività del Della Valle durante il precedente ministero Pace, nel quale ricopriva il medesimo incarico (Collezione, III, p. 330), e le posizioni relative al clero espresse dal F. a Narni spingono a ipotizzare un ruolo non meramente passivo del ministro. Una forte influenza sui provvedimenti ecclesiastici dovettero svolgere, comunque, le autorità francesi, e in particolare l'ambasciatore A. Bertolio, il cui controllo sulla politica della Repubblica si era in quei mesi accentuato; G.A. Sala, nel suo Diario (III, p. 27), afferma che questi tacitò le proteste suscitate in tribunale dalla circolare del 7 febbraio facendo intendere di esserne a parte, e che dopo questo pronunciamento il F. stesso sospese la pratica di accordare le ordinazioni in casi eccezionali. Elementi di moderazione da parte del F. emergono anche nell'applicazione delle leggi relative all'espulsione delle novizie dai conventi.
L'esigenza di formare uno spirito pubblico favorevole al nuovo governo, presente nelle disposizioni dirette al clero, caratterizzò l'intera attività del F., dalla cura rivolta a spiegare le misure annonarie, alla redazione del programma della festa per l'anniversario della Repubblica (Monitore, s. 2, n. 56, p. 395), all'attenzione rivolta ai problemi dell'istruzione pubblica. Il 23 marzo emanò gli Stabilimenti per la provvisoria riforma dell'università di Perugia (Perugia anno VII), caratterizzati dall'abolizione delle cattedre teologiche e dal riordinamento di quelle filosofiche e giuridiche. Sulla base di essi venne riaperto l'ateneo umbro, realizzando un progetto da tempo avanzato dai senatori e tribuni perugini. Egli stesso sembra essersi in seguito interessato direttamente della nomina dei professori (Antinori, p. 5). Il F., a cui il Monitore (s. 3, n. 5, p. 40) attribuiva il merito del recupero della stamperia di Propaganda Fide, tentò anche di aprire a Roma le "scuole normali", affidandone la direzione ai religiosi delle Scuole pie.
L'ultimo atto del F. compreso nella Collezione di carte pubbliche porta la data del 17 maggio; il 22 giugno venne destituito insieme con altre autorità per ordine del consolato, su istanza del Tribunato (Galimberti, c. 330v). Gli fu fatto obbligo di non lasciare Roma prima di aver presentato il rendimento dei conti al ministro delle Finanze. Il Monitore, che nonostante alcune critiche ne aveva sempre lodato l'impegno a favore del popolo, e lo aveva già difeso da accuse di dissipatezza, annunciava l'imminente pubblicazione da parte sua di alcune memorie che lo avrebbero scagionato (s. 4, n. 6, p. 48). Le accuse di malversazione, su cui insistono Sala e F. Mariottini, sembrano smentite dai modesti acquisti di beni nazionali: una casa e alcune vigne a Narni, una casa in enfiteusi a Roma, per un valore inferiore a quello degli stipendi di cui era creditore.
Caduta la Repubblica, il F. pubblicò una Ritrattazione del dottore Antonio Franceschi stato ministro dell'Interno della sedicente Repubblica Romana (Roma 1799).
In essa ritrattò il giuramento civico, supplicando i funzionari pubblici, da lui costretti a prestarlo, di ricredersi; condannava inoltre i propri "empi proclami" e i "sacrilegi rescritti" con cui aveva sciolto i religiosi dai voti.
Nonostante la ritrattazione, ancora nella primavera del 1800 il vescovo di Narni, dove il F. aveva fatto ritorno, si oppose a una sua supplica per l'assoluzione dalla scomunica, giudicando insincero il pentimento. In agosto il F. ottenne nuovamente, con una riduzione di onorario, la condotta medica.
Il 26 genn. 1803 la seconda moglie Maria, del ramo di Cesi dei conti Spada, dette alla luce la prima figlia, la futura scrittrice Caterina. I due figli maschi, Giovanni e Camillo, furono entrambi medici.
Camillo (1818-1863) fu redattore dal 1848 fino alla morte del Raccoglitore medico di Fano (dal 1862 L'Ippocratico), diretto da L. Malagoli. Prese parte alla guerra del 1848 arruolandosi come volontario nel corpo di spedizione pontificio.
Nel luglio 1807 il F. vinse il concorso di medico condotto primario a Osimo. Nel maggio 1817, affidando alle stampe una Lettera del dottore Antonio Franceschi primo medico ai suoi colleghi (Osimo), espresse alcune considerazioni sul modo di affrontare l'epidemia di tifo che stava colpendo l'Italia. Nella primavera del 1822 il F. si trasferì a Macerata, dove aveva vinto il concorso di medico primario.
L'affermazione del De Gubernatis, secondo il quale insegnò nell'ateneo maceratese, potrebbe riferirsi al periodo precedente l'emanazione della bolla Quoad divina sapientia (28 ag. 1824) che dispose la riorganizzazione delle università dello Stato pontificio. Dopo, pur non figurando fra gli insegnanti, risulta membro del Collegio medico-chirurgico dell'università, del quale a partire dal 1827 assunse la presidenza, su proposta del vescovo e del gonfaloniere, nonostante la rivalità di M. Santarelli.
Il F. morì a Macerata il 10 ag. 1830.
Fonti e Bibl.: Brisighella, Arch. della Collegiata di S. Michele Arcangelo, Registro battezzati dal 1° maggio 1750…; Narni, Arch. comunale, Riformanze, v. 68, 26 sett. 1795, 4 ag. 1796, 16 ag. 1800, 28 agosto e 12 dic. 1802, 20 dic. 1803, 10 marzo 1804, 15 dic. 1806, 26 febbr. 1808; Roma, Biblioteca nazionale, Fondo Vittorio Emanuele 44-45: A. Galimberti, Memorie dell'occupazione francese in Roma, cc. 273v, 330v e passim; Ibid., Autografi, A 64 (30-33), lettere del F. a S. Betti; Arch. di Stato di Roma, Repubblica Romana, 1798-1799, bb. 1 (5); 15 (68); 27 (98-99); 56 (214); Ibid., Congregazione degli studi, bb. 206, 207, 209, 210; Arch. segr. Vaticano, Epoca napoleonica, Italia, b. 1 (2/1); Osimo, Arch. storico comunale, Riformanze, 65, cc. 126v, 128v, 158v, 159; Ibid., Esercizio 1822, titolo VIII; Macerata, Arch. della Collegiata di S. Giovanni, C, Liber mortuorum incipiens ab anno 1754…; Perugia, Bibl. comunale, Mss. 1821, nn. 26, 97; 1568, n. 117 (lettere del F. ad A. Mariotti e A. Mezzanotte); Forlì, Biblioteca Piancastelli, Raccolta Piancastelli, Carte Romagna, b. 208, nn. 159-168; b. 672, nn. 219-220, 286 (corrispondenza con C. Brancadoro e altre lettere); Bologna, Bibl. universitaria, Autografi, b. 1, n. 22 (un breve ricordo del padre in una lettera di Caterina Franceschi ai nipoti, 24 nov. 1856). I decreti prodotti dal F. e quelli a lui relativi sono raccolti nella Collezione di carte pubbliche…, Roma 1798-1799, I, p. 300; III, pp. 379-381, 384-389, 394, 401, 453 s., 459-468, 474, 498-501, 514, 517; IV, pp. 62 s., 71, 109 s., 140 s., 301, 338 s. La fonte più ricca di notizie sull'attività del F. nel corso della Repubblica è il Monitore di Roma (1798-99). Si veda inoltre: C. Franceschi Ferrucci, Prose e versi, Firenze 1873, pp. 316-321; G.A. Sala, Diario romano degli anni 1798-99, in Scritti, a cura di G. Cugnoni, Roma 1882-1886, II, p. 249; III, pp. 13, 20 s., 23 s., 27 s., 30, 65, 94, 96; Epistolario di Caterina Franceschi Ferrucci, a cura di G. Guidetti, Reggio Emilia 1910, pp. 87-92, 102-105, 230; G. Eroli, Alcune notizie sopra Caterina Franceschi in Ferrucci, Assisi 1888, pp. 8-13, 59 s.; A. Dufourcq, Le régime jacobin en Italie. Étude sur la République Romaine. 1798-1799, Paris 1900, pp. 314, 386, 392-399; E. Ricci, Cronaca della Repubblica francese in Perugia, in Boll. della R. Dep. di storia patria per l'Umbria, XXXIII (1935), pp. 2 s., 10, 12 s., 17, 53; R. Belforti, La riforma repubblicana dell'università degli studi di Perugia, in Rass. stor. del Risorg., XXVII (1940), pp. 965-975; P. Pizzoni, L'autore degli "Stabilimenti per la provvisoria riforma repubblicana del 1799" nella università di Perugia, in Boll. della R. Dep. di storia patria per l'Umbria, XL (1943), pp. 147-159; V.E. Giuntella, La giacobina Repubblica Romana (1798-1799)…, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXIII (1950), pp. 65, 155 s. (con indicaz. di fonti e bibliogr.); R. De Felice, La vendita dei beni nazionali nella Repubblica Romana del 1798-1799, Roma 1960, pp. 73, 79, 133, 166 s.; Id., L'evangelismo giacobino e l'abate Claudio Della Valle, in Italia giacobina, Napoli 1965, pp. 250 ss., 283; M. Battaglini, Le istituzioni di Roma giacobina (1798-1799), Milano 1971, ad Indicem; A. Cretoni, Roma giacobina, Roma 1971, ad Indicem; E. Martinoli, Cronistoria narnense, Terni 1987, p. 572; U. Santi, Spoleto nell'età rivoluzionaria. Il dipartimento del Clitunno, in U. Santi - E. Fortunato, Spoleto nell'età rivoluzionaria e napoleonica, Spoleto 1989, pp. 54, 137, 152 s.; D. Armando, Gli scolopi nelle istituzioni della Repubblica Romana del 1798-1799, in Studi romani, XL (1992), 1-2, pp. 53 s.; Id., La "vertigine nel chiostro". Gli scolopi romani nella crisi giacobina, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, 1992, n. 9, p. 309; M. Formica, La città e la rivoluzione. Roma 1798-1799, Roma 1994, ad Indicem. Su Camillo: F. Dini, Elogio del dottor Camillo Franceschi, in L'Ippocratico, V (1864), pp. 89-96; G. Franceschi, L'albuminuria e la morte del dottor Camillo Franceschi, Fano 1864.