FRACANZANI, Antonio
Nacque a Vicenza nel 1506 da Antonio senior, appartenente a illustre famiglia comitale vicentina, medico e professore di filosofia e teologia dell'Università di Padova, e da Marietta Todeschini. Orfano di padre, trascorse un'infanzia travagliata soprattutto a causa del nonno paterno Baldassare, che non voleva riconoscere la validità del matrimonio contratto dal figlio con la Todeschini, "di bassi natali". Dopo lunghe vicende giuridiche, la questione si risolse il 29 maggio 1521 con la definitiva sentenza del Tribunale della Sacra Rota, che lo riconosceva nato da legittimo matrimonio e lo ammetteva a succedere a pieno titolo, insieme con gli zii, nell'eredità del nonno.
Il F. frequentò l'Università di Padova, dove si laureò in arti e medicina il 26 ott. 1529; nello stesso anno iniziò la carriera accademica nell'ateneo patavino come professore di logica per poi passare, nel 1538, all'insegnamento della medicina teorica come lettore straordinario.
Ricordato dai contemporanei come uno dei più brillanti medici dell'epoca, il F. fu spesso chiamato al capezzale di principi e di illustri personaggi; di lui si lodava la rapidità e l'esattezza nelle diagnosi, nonché l'efficacia delle cure, e la fama raggiunta fu certamente all'origine dei riconoscimenti accademici grazie ai quali nel 1546 fu nominato professore ordinario di medicina pratica.
Il Collegio dei riformatori dello Studio di Padova, cui erano riservate le nomine, fu influenzato dal successo degli studi del F. sulle malattie contagiose e sulla sifilide in particolare; la Repubblica di Venezia, dalla quale dipendeva l'università di Padova, incentivava la prevenzione e la cura delle malattie infettive, avvalendosi del consiglio dei professori dello Studio di Padova.
Proprio della diagnosi e della cura della sifilide si occupa il primo trattato edito dal F., De morbo gallico fragmenta, pubblicato a Padova nel 1563 in appendice all'omonima opera di Gabriele Falloppio e più volte ristampato (Bologna 1563, 1564, 1574; Padova 1564; Venezia 1566).
Redatto in uno stile stringato, l'opera affronta tutti gli aspetti del problema e propone l'uso di medicamenti a base di mercurio, nonostante il riconoscimento della loro alta tossicità. Dalla prefazione di Camillo Cocchi all'edizione bolognese del 1564 apprendiamo che il F. trattava l'argomento nelle sue lezioni già da un ventennio, ma fino a quel momento non aveva mai pubblicato nulla, sia perché distratto dai suoi impegni professionali, sia per naturale modestia; la decisione di rendere noti i risultati di tanti anni di studio era stata suggerita dall'eventualità che qualcuno potesse impadronirsi delle sue teorie e divulgarle come proprie. Sempre Cocchi chiarisce che i primi editori dell'opera non riconobbero nell'essenzialità dello stile la caratteristica tipica del F., per cui aggiunsero nel titolo il termine fragmenta, dando origine all'equivoco che si trattasse di semplici appunti di lezioni.
Dalla fine del 1561 il F. faceva parte del Collegio dei medici vicentini "doctores" - ossia regolarmente laureati - e il suo nome fu posto tra quelli dei benemeriti fondatori.
L'indiscussa fama di cui godeva il F. indusse l'università di Bologna a offrirgli un incarico con la promessa di lauto stipendio; dopo brevi trattative, a cui parteciparono in qualità di intermediari Gregorio Contarini e Gabriele Falloppio, il F. accettò la proposta dello Studio bolognese, a ciò indotto anche dalla necessità di mantenere una famiglia molto numerosa (dalla moglie Elisabetta il F. ebbe ben dieci figli, tre maschi e sette femmine) e nel 1562 si trasferì a Bologna, ricevendo un compenso di ben 700 scudi all'anno. Qui, però, rimase solo due anni per la rivalità sorta con un altro celebre medico del tempo, Girolamo Cardano, al quale era stata affidata una cattedra più prestigiosa.
Nel 1564 ritornò a Padova come professore di medicina teorica e agli argomenti da lui svolti in questo nuovo ciclo di lezioni è riconducibile l'ultimo lavoro pubblicato in vita: In librum Hippocratis de alimento commentarius (Venetiae 1566).
Dedicato al cardinale Alessandro Farnese, l'opuscolo presenta la traduzione latina del testo ippocratico corredata di un breve commento per ogni singola frase, secondo l'uso invalso nella maggior parte dei commentari universitari, ma il linguaggio fortemente tecnico e la stringatezza dello stile conferiscono all'opera un carattere di "prontuario" per medici esperti, o per studenti già in possesso delle basilari nozioni di medicina ippocratica.
Dopo la morte, avvenuta a Padova il 27 genn. 1567, alcune sue prescrizioni pediatriche furono pubblicate nella collezione di L. Scholzius, Consiliorum medicinalium… (Francoforte 1598 e Nassau 1610); postuma uscì pure una raccolta di sue lezioni pratiche annotate da G.H. Welsch, che ne curò l'edizione e le inserì nelle sue Curationum exotericarum chiliades II, et consiliorum medicinalium centuriae IV (Ulma 1676); tuttavia, secondo P. Calvi, queste lezioni sarebbero da identificarsi con quelle Notae in Avicennam et Rhasim con cui il Tommasini indica nove lezioni tenute dal F. sul medico arabo Rhazes.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. apost. Vaticana, Regin. lat. 1297, I; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini, a cura di E. Martellozzo Forin, Padova 1969-72, III, 2, pp. 137-139; F. Pace, Commentarius in sex priores Galeni libros…, Vicentiae 1598, f. 3; I.F. Tommasini, Gymmasium Patavinum, Utini 1654, III, pp. 298 passim; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757-77, III, pp. 331, 338, 363; N.F.G. Eloy, Dict. hist. de la médecine…, II, Mons 1778, pp. 259 s.; P. Calvi (Angiolgabriello di Santa Maria), Biblioteca e storia di quei scrittori…, Vicenza 1772, III, pp. 198-206; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Milano 1833, III, pp. 562 s.; S. De Renzi, Storia della medicina ital., III, Napoli 1845, pp. 600, 612, 623; F. Franceschetti, La famiglia dei conti Fracanzani…, in Giornale araldico…, XXIV (1896), pp. 217-219 e tav. XV; G. Mantese, Per una storia dell'arte medica in Vicenza alla fine del sec. XVI, Vicenza 1969, pp. 59 ss.