FONTANESI, Antonio
Pittore, nato a Reggio Emilia il 23 febbraio 1818, morto a Torino il 17 aprile 1882. Avviato presto alla pittura nella città natale e subito specializzato nel genere scenografico, decorativo e vedutistico, fino al 1848 visse in Reggio. Già in questo periodo si manifestarono i principî e i caratteri che diventarono poi comuni ed essenziali a tutta l'arte del F.: la preferenza accademica del chiaroscuro al colorito, che si concretò poi nella luce ed ombra così personale al F., tutta sprezzo, combustione, devastazione del colore; e quel retorico effetto del soggetto preferito al vero che, assurgendo a impressione di tragedia spirituale, ignara dello svariare e dell'osservare naturalistico così comune ai contemporanei, astratta nella ripetizione di pochi temi essenziali, fu il vero senso dell'arte fontanesiana. In seguito, Corot, Ravier, Constable, Gainsborough, Turner, e, fra gli antichi, Claude Lorrain e Rembrandt nutrirono, approfondirono la pittura del F., ma non le diedero un indirizzo nuovo. Tutta l'attività artistica del F. è così nelle progressive soluzioni di un problema posto e risolto ogni volta più chiaramente: dipingere la campagna in modo che essa sia la rivelazione dell'infinito o, meglio, la brama dell'uomo per questo infinito e insieme il senso dell'impossibilità di appagare questa brama. A questo scopo, valersi di composizioni vaste, solenni, gravemente bilanciate (utilizzazione dei vecchi impianti scenografici), primi piani di antiche piante solitarie, misteriosi margini di boscaglie, disabitate "basse" e ripe di fiumi prossimi alla confluenza o acquitrinî desolati, squallidi canneti e grandi cieli unifomii, nordici, autunnali: ma tutto questo concretato in una materia pittorica di opposta, si direbbe, emozione. Una materia pittorica tutt'altro che riposata; ma volumi, spazî, colori, tutto così corroso, combusto, volatilizzato nella luce e nell'ombra, che la pace e l'immensità di quella campagna sono percorse e come viste attraverso un brivido, uno struggimento di qualità infrapittorica, musicale.
Nel 1848, il F. si mosse per la prima volta da Reggio, si recò a Torino per partecipare alla prima guerra d'indipendenza, fece la campagna con Garibaldi e quindi riparò a Lugano. Nel 1850 si stabilì a Ginevra, dove, seguendo l'esempio del Calame e del Diday, eseguì di commissione paesaggi ad olio, acqueforti e litografie. Nel 1855 si recò all'Esposizione di Parigi, dove ricevette le prime forti influenze dai pittori francesi. Dal 1855 al 1865 tenne sempre studio in Ginevra, ma espose parecchio in Italia e in Francia e viaggiò spesso, specialmente nell'estate, per dipingere. Nel'59 venne in Italia ed entrò nell'esercito regolare; ma non prese parte a nessun combattimento. Nel'59 ritornò nel Delfinato e infine a Ginevra. Nel'61 si recò a Parigi e vi espose. Poi scese a Firenze per partecipare alla prima mostra nazionale italiana; ivi conobbe i macchiaioli senza tuttavia subire alcuna influenza da quella pittura. Tornò a Ginevra; e verso la fine del'65 si recò a Londra, dove eseguì una serie di eliografie e acqueforti raccolte in un album (Sketches of London). Alla fine del'66 ritornò a Firenze, vi aprì studio, vi abitò per tutto il'67. Nel'68 fu inviato a Lucca, come professore di figura. Nel'69 ottenne la cattedra di paesaggio all'Accademia Albertina di Torino, dove rimase fino al 1875. Misconosciuto e osteggiato, accettò di recarsi come insegnante di pittura presso l'Accademia di belle arti di Tokio. Vi rimase dal settembre del '76 al 1878. Ammalato, fu costretto a ritornare e riprese l'antico posto all'Accademia di Torino, che tenne fino alla morte.
Attraverso l'opera del F. s'intravvede benissimo quale sia stata la vita: ansiosa, tragica, devastata appunto da quella brama d'infinito e chiusa in un'erma tristezza: vita caratteristica di grande romantico. La sua pittura fu altrettanto solitaria, senza seguaci: ne ritroviamo il modello naturale e ispiratore proprio in quella campagna che differisce da ogni altra campagna italiana, la campagna torinese.
La produzione del F. è immensa, specialmente come studî, disegni, acqueforti, fusains. Gran parte di essa si trova raccolta nella Galleria d'arte moderna del Museo Civico di Torino. Possiedono altre sue opere la Galleria d'arte moderna di Roma, la Galleria moderna di Firenze, la Pinacoteca reale di Torino; e varie collezioni private. Poiché dalla sua scuola di Torino uscirono moltissimi paesaggi che serbano l'impronta della sua maniera, e che forse in parte furono da lui corretti, resta difficile l'attribuzione di parecchi studî che vanno sotto il suo nome.
Bibl.: E. Thovez, A. F., in Emporium, XIV (1901), pp. 3-22; M. Calderini, A. F. pittore paesista, 2ª ed., Torino 1925; E. Celanza, A. F., ecc., Torino 1911; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XII, Lipsia 1916 (con bibl.); C. Carrà, A. F., Roma 1924; M. Soldati, Alcune note fondamentali per la critica del F., in Esame, IV (1925); id., Catalogo della Galleria d'arte moderna del museo civico di Torino, Torino 1927, pp. 55 segg. 127 segg.; E. Cecchi, Pittura italiana dell'800, Roma-Milano 1926; E. Somaré, Storia dei pittori italiani dell'800, Milano 1928, I, pp. 567-71; U. Ojetti, La pittura italiana dell'800, Milano-Roma 1929.