FILOCAMO, Antonio
Nacque a Messina nel 1669; maggiore di tre fratelli e certamente il più noto e artisticamente dotato, diede vita a una avviata bottega a conduzione familiare occupando un posto di rilievo nel panorama pittorico messinese della prima metà del sec. XVIII. Secondo il racconto delle fonti (Hackert-Grano, 1792, e Grosso Cacopardo, 1821), dopo un primo apprendistato nella città natale presso Filippo Tancredi, si recò a Roma, insieme con il fratello Paolo, frequentando la scuola del Maratta e ben presto divenendone entrambi stretti collaboratori (scrive, infatti, Grosso Cacopardo [p. 211] che, "amati dal maestro pei loro elevati talenti, non ché pella loro unione, furono dallo stesso impiegati in molti lavori"). Non è da escludere, come è stato di recente ipotizzato (Siracusano, 1986), che a Roma i fratelli Filocamo siano entrati in contatto anche con Giacinto Calandrucci, pittore di origine palermitana da tempo trapiantato nell'ambiente artistico romano, di cui sembrano risentire una certa influenza.
Rientrato a Messina probabilmente allo scadere del sec.XVII, il F. fece della sua bottega un'Accademia del disegno e di studio del nudo che richiamava un gran numero di giovani allievi (vi si formò tutta una generazione di pittori locali della prima metà del Settecento, da Letterio Paladino a Placido Campolo, da Giovanni Tuccari ad altri ancora) e dove venivano insegnati i diversi generi e le tecniche pittoriche e incisorie attraverso lo studio di cartoni, disegni e incisioni, prevalentemente di matrice classicista, raccolti durante il suo soggiorno romano.
La prima opera nota del F. è un'incisione, firmata, con una Allegoria della dedizione e dell'esultanza di Messina per l'acclamazione di Filippo V re di Spagna, antiporta del volume celebrativo di N. M. Sclavo, Amore ed ossequio di Messina in solennizzare l'acclamazione di Filippo Quinto di Borbone... (Messina 1701), che contiene tra l'altro una famosa serie di incisioni giovanili di Filippo Iuvarra. Nel 1703 gli vennero commissionati gli affreschi della volta dell'oratorio dell'Avemaria nel chiostro di S. Domenico, distrutti nel terremoto del 1908, che raffiguravano "la Vergine del Rosario in atto maestoso di gloria, cinta da schiere di bellissimi Angeli, che a colpi di rose abbattono, e rovesciano moltissimi eretici di varie sette" (Grosso Cacopardo, 1821). Firmata e datata 1705 è la tela con lo Sposalizio mistico di s. Rosa nella chiesa madre di Monforte San Giorgio, di chiara derivazione marattesca. Al 1706 si fanno risalire gli affreschi per la chiesa messinese di S. Elia con Episodi della vita di Cristo (Natività, Adorazione dei magi, Battesimo e Gesù nel tempio), ancor oggi esistenti, ma assai poco leggibili per i rifacimenti ottocenteschi e per i danni subiti. Nella stessa chiesa sono invece andati perduti tutti i dipinti citati dalle fonti (S. Francesco di Paola, Le ss. donne ai piedi del Crocifisso, S. Elia. S. Agostino, Il miracolo di Mosè alla pietra di Oreb).
Negli anni 1710-11 il F. era impegnato nella decorazione del duomo di Acireale, dove affrescò nella volta dell'abside l'Assunzione della Vergine, in collaborazione con il fratello Paolo, e da solo le pareti della cappella di S. Venera con le scene raffiguranti La predica di s. Venera e Il martirio della santa, di sapore aneddotico e di gusto già pienamente settecentesco. Dell'affresco con Ilmartirio di s. Venera esiste un bel disegno preparatorio nella pinacoteca dell'Accademia Zelantea di Acireale: ivi si conserva anche una tela firmata e datata "Antonio Filocamo pin. 1712" con Il sacrificio di Isacco.
Era datata 1712 un'altra tela del F., oggi dispersa, con IlBambino Gesù, già nella chiesa di S. Gioacchino di Messina, dove più o meno negli stessi anni eseguì anche gli affreschi, ugualmente perduti nella cappella del Presepe. Sono riconducibili a questo periodo anche gli affreschi, perduti, della tribuna e le decorazioni parietali della chiesa di S. Anna del Monastero o di S. Maria Novella con Episodi del Vecchio Testamento. In particolare, nella relazione redatta dopo il terremoto del 1908 da A. Salinas e G. M. Columba vengono ricordate le scene raffiguranti David e Abigail e Il sacrificio offerto per il ritorno di Giuditta, oltre al grande quadro dell'altare maggiore, eseguito dal F. e anch'esso disperso, con L'agnello dell'Apocalisse. Sono comunemente riferiti al 1716 gli affreschi perduti della volta dell'oratorio della Pace in S. Domenico, in collaborazione con Paolo; sempre nello stesso anno firmò alcune incisioni (altre sono opera di Paolo) per IlNatale di Cristo, poemetto drammatico di Antonino Ruffo, stampato a Messina nel 1717. Del 1718 è la tela raffigurante La Madonna col Bambino e santi ancora esistente nella chiesa del Sacro Cuore di S. Lucia del Mela.
Secondo gli storiografi locali le decorazioni a fresco per la chiesa messinese di S. Gregorio, rinnovata nel 1707 su progetto di Iuvarra, costituivano il capolavoro assoluto dell'attività pittorica del F. e del fratello Paolo; gli affreschi della volta e della cupola, dove era raffigurata La cacciata dei demoni, firmati e datati "Eques Antonius et Paulus Filocamo pinxerunt 1723", gravemente danneggiati nel terremoto del 1783 e in parte rifatti nel 1790 da G. Paladino, andarono completamente distrutti nel 1908, insieme ad una grande pala d'altare con S. Silvia.
Dal 1725 al 1728 il F., sempre con Paolo, era impegnato a Palermo nell'esecuzione degli affreschi - ancora esistenti, firmati e datati "Antonius et Paulus Filocamo Messanenses p. anno 1728" - nella volta del presbiterio della chiesa di S. Caterina: raffigurano un'Animain gloriache ascende al Paradiso e rivelano, pur nella piena adesione a modelli maratteschi, un'apertura al gusto rocaille, nonostante le sgrammaticature e alcuni brani di qualità più modesta, messi in evidenza dalla storiografia palermitana più antica.
Nel 1729 risulta nuovamente documentata la sua attività a Messina, dove eseguì la decorazione pittorica della chiesa di S. Caterina di Valverde, già in parte rovinata nel 1783 e andata poi completamente distrutta nel 1908 (affreschi con Scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, tele raffiguranti Lapresentazione al tempio, L'Angelo custode, S. Agostino, S. Mariadi Valverde tra i ss. Agostino, Monica e Giovanni Battista). Firmata e datata "Eques Ant.us Filocamo p. 1734" è la grande tela con S. Francesco di Paola morente dinanzialla Vergine e al Crocifisso, eseguita su commissione del medico Giovanni Impellizzeri per la chiesa messinese dei Ss. Cosma e Damiano, sede della Confraternita dei medici e degli aromatari, ora al Museo regionale di Messina (inv. n. 1151). Fra le poche cose superstiti del F. - il quale nella pittura ad olio "superava di gran lunga a Paolo", almeno secondo il giudizio di Grosso Cacopardo (1821) - è questa senza dubbio una delle sue prove migliori.
Appare evidente infatti come il pittore messinese, a queste date, dimostri discrete capacità nell'impaginare una grande e affollata pala d'altare, utilizzando un taglio compositivo che si rifà direttamente al Maratta, tutto giocato su diagonali che si incrociano in un ritmo ascendente calmo e misurato. E quella tessitura luministica, di grande efficacia nella resa dei valori atmosferici, già percepibile nei dipinti del F. superstiti dei primi decenni del Settecento, anima qui le figure di un fluido e lievitante píttoricismo che ancora di più fa rimpiangere la perdita di quasi tutti gli affreschi da lui eseguiti per diverse chiese di Messina.
Nel Museo regionale di Messina si conservano anche un Ecce Homo su tela, che proviene dalla chiesa del monastero di Montevergine, ed un bozzetto raffigurante Un miracolo di s. Placido, già nel Museo civico peloritano. Fra le ultime acquisizioni al suo catalogo vanno citate la tela con Rinaldo e Armida nel palazzo reale di Torino, con ogni probabilità inviata da Messina su committenza sabauda, e una pala d'altare con La vestizione di s. Chiara ora nel Museo diocesano di Palermo. Delle altre opere messinesi menzionate dalle fonti e oggi perdute si ricordano una S. Chiara in S. Maria di Basicò, La Vergine e s. Bernardo nella chiesa dello Spirito Santo, Il transito di s. Giuseppe nella chiesa degli Artisti, un S. Eleuterio arcivescovo di Messina nella chiesa di S. Pietro dei Preti, oltre ad alcuni dipinti, non meglio identificati, nella collezione del marchese Piccolo.
Le ultime sue opere note sono la tela con Il martirio di s. Bartolomeo, firmata e datata 1740, nel santuario di S. Sebastiano di Melilli e una copia della Madonna della lettera di Messina, documentata al 1741 ed eseguita su incarico del Senato della città per la chiesa di S. Filippo Apostolo di Siracusa, dove tuttora si conserva.
Il F. morì a Messina nell'epidemia di peste del 1743.
Fonti e Bibl.: F. Hackert-G. Grano, Memorie dei pittori messinesi (1792), a cura di S. Bottari, Messina 1932, p. 36; G. Grosso Cacopardo, Memorie de' ittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal sec. XII sino al sec. XIX, Messina 1821, pp. 211-214; C. T. Dalbono, Storia della pittura in Napoli ed in Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Napoli 1859, pp. 206-208; E. Mauceri, Per una copia della Madonna della Lettera in Siracusa, in L'arte, XIII (1910), pp. 296 s.; A. Salinas - G. M. Columba, Terremoto di Messina (28 dic. 1908). Opere d'arte recuperate, Palermo 1915, pp. 24, 28 s., 33, 37, 40, 43, 57; M. G. Mazzola, Profilo della decorazione barocca nelle volte delle chiese palermitane, in Storia dell'arte, X(1979), 36-37, pp. 215, 240; M. P. Pavone, in Soprintendenza per i Beni ambientali architett. artistici e storici di Catania. Restauri effettuati dal 1976 al 1979, in BCA Sicilia, II (1981), 1-2, pp. 155-157; G. Cambursano, Un ined. dipinto del '700 a Torino, in Studi piemontesi, XIV(1985), pp. 358-360; C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 50 s., 214-218 (con bibl. precedente); G. Barbera, Il libro illustrato a Messina dal Quattrocento all'Ottocento, in Cinque secoli di stampa a Messina, a cura di G. Molonia, Messina 1987, pp. 441 s., 452; C. Siracusano, in La pittura in Italia. Il Settecento, II,Milano 1990, p. 717; G. Barbera, in Antologia di restauri, Messina 1990, pp. 58 s.; M. Donato, La pinacoteca Zelantea di Acireale, Acireale 1992, p. 68; G. Barbera, L'arredo pittorico del santuario di san Sebastiano di Melilli, in L. Dufour - G. Barbera, Il santuario di S. Sebastiano di Melilli. Arte e devozione, Siracusa 1993, pp. 94, 105; G. Barbera, in Contributi per la conoscenza delle collezioni del Museo regionale di Messina, Messina 1993, pp. 68 s.; Id., in Opere d'arte restaurate nelle province di Siracusa e Ragusa III (1990-1992), Siracusa 1994, pp. 73 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,p. 570; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, IV,Torino 1973, pp. 461 s.; N. Gutilla, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani. Pittura, Palermo 1993, pp. 203-205.