FILICAIA, Antonio
Nacque a Firenze il 7 luglio 1455 da Niccolò di Antonio e da Marietta di Giannozzo Pandolfini.
Il primo incarico pubblico da lui rivestito fu quello di membro dei Dodici buonuomini per il quartiere di San Giovanni, cui fu tratto a partire dal 15 dic. 1489; nel 1494 fu per sei mesi uno dei consoli del Mare, la magistratura istituita nel 1421, dopo l'acquisto di Livorno, per sovrintendere alla navigazione e al commercio marittimo. Il F. era uno dei tre membri di questa magistratura che risiedevano a Pisa (gli altri tre rimanevano a Firenze); durante la sua residenza a Pisa gli morì la figlia Ersilia, che fu sepolta nella chiesa di S. Martino a Chinzica di quella città.
Il soggiorno a Pisa fu molto importante per il F., che poté acquistare, in ragione dell'incarico ricoperto, una certa esperienza in materia di navigazione ed attrezzature portuali, tanto che in seguito fu spesso incaricato di missioni speciali connesse con le suddette attività. Gli incarichi pubblici affidati al F. cominciarono però ad infittirsi soltanto dopo la cacciata da Firenze di Piero de' Medici e l'instaurazione di un regime repubblicano fortemente influenzato dalla personalità di Girolamo Savonarola.
Al 17 nov. 1495 risale il primo di questi incarichi speciali affidati al F., il quale fu inviato a Rosignano per sei mesi, con il compito di sorvegliare e difendere il tratto di costa che dalla torre di Vada giungeva fino a Livorno. Di nuovo tornò a Rosignano il 21 dic. 1496, per un mese, ma l'incarico gli fu poi prorogato fino al luglio 1497; l'8 marzo 1498 fu eletto, con compiti analoghi, commissario a Barga per un mese, ma vi rimase fino all'anno successivo. Il 14 dic. 1500 fu eletto commissario di Livorno con il compito, tra l'altro, di sorvegliare le foci dell'Arno che, con Pisa nemica, rappresentavano la via di accesso privilegiata in territorio fiorentino per gli eserciti nemici. Il 17 apr. 1501, mentre ancora si trovava a Livorno come commissario, ottenne in luogo del pagamento di una parte del salario il possesso del galeone della Repubblica fiorentina ancorato in quel porto, valutato 60 fiorini d'oro. L'incarico si protrasse fino al 26 ag. 1501; poco prima del suo ritorno a Firenze Iacopo (IV) d'Appiano, principe di Piombino, in fuga verso la Francia, incalzato dalle truppe del duca Valentino, gli affidò in custodia il figlio.
Il 25 dic. 1501 fu tratto capitano di Pistoia; nel bimestre maggio-giugno 1503 fu per la prima volta dei Priori; il 10 ag. 1503 fu tratto podestà di Castiglion Fiorentino, ma, poiché la Valdichiana era in quel periodo percorsa a sua volta dagli eserciti del Valentino, alle normali attribuzioni connesse con l'uffico di podestà furono aggiunte quelle di commissario dei Dieci di balia "in rebus bellicis" su tutta la Valdichiana.
In questa veste gli fu ordinato, con lettera dei Dieci di balia del 30 nov. 1503, di fare una leva di uomini della sua circoscrizione per prevenire le razzie di Miguel Corella, luogotenente del Valentino, in transito verso la Romagna. Gli uomini della Valdichiana, guidati dal F. e da Giovanni Ridolfi, commissario ad Arezzo, e con l'aiuto delle banda di Giampaolo Baglioni, riuscirono a depredare le truppe del Valentino di cavalli e munizioni e permisero la cattura dello stesso Corella da parte dei due commissari fiorentini.
A partire dal 10 giugno 1504 il F. entrò a far parte per sei mesi dello stesso magistrato dei Dieci di balia e in questa veste, il 27 ag. 1504, fu inviato a Livorno per pattuire la condotta al soldo della Repubblica fiorentina di "Dymas Richasense", capitano di tre galee del re di Napoli, cui sarebbe stato affidato il compito di bloccare il transito alle foci dell'Arno.
Il 28 genn. 1505 fu eletto commissario "pro rebus bellicis" a Pistoia; dal 14 nov. 1505 al 10 ott. 1506 ricoprì continuativamente l'incarico di commissario a Livorno, eletto dal Consiglio degli ottanta. Oltre ai compiti consueti, cui aveva atteso anche in altri luoghi, gli fu specialmente affidata la supervisione delle opere di fortificazione che la Repubblica aveva deliberato di costruire in quel porto. Il suo ritorno a Firenze fu affrettato dal fatto che il 2 ottobre avrebbe dovuto prender possesso della carica di vicario di Val di Cecina, alla quale fu tempestivamente aggiunta quella di commissario speciale "pro rebus bellicis" nella stessa zona. Nel bimestre novembre-dicembre 1507 fu tratto per la seconda volta dei Priori; il 26 maggio 1508 tornò a Livorno come commissario: nella lettera patente inviatagli dai Dieci di balia per questo incarico si fa esplicita menzione, insieme con quella di altre più generiche virtù, del fatto che egli aveva ormai acquisito "più notitia di quella terra che veruno altro cittadino nostro".
Intanto, a partire dai primi mesi del 1509, essendosi spostato verso Venezia il teatro della guerra, i Fiorentini decisero di sferrare l'attacco decisivo contro Pisa e pertanto di aggiungere altri due commissari a quelli già dislocati nella zona. Si trattò di un'elezione molto combattuta, alla fine della quale risultarono eletti il F., che fu inviato a Ripafratta, ad assediare la città dalla parte delle colline, ed Averardo Salviati, di stanza a San Piero a Grado, tra Pisa e le foci dell'Arno. L'incarico si protrasse dal 10 marzo all'8 giugno 1509; in questo giorno i tre commissari fiorentini (oltre al F. e al Salviati c'era anche Niccolò Capponi) fecero il loro ingresso trionfale nella città ed i loro nomi, a perpetuo ricordo dell'avvenimento, furono scolpiti su una lastra di marmo apposta sopra l'ingresso del palazzo pretorio.
Tornato a Firenze il 28 giugno, il F. ne ripartì il 4 luglio per recarsi a Volterra, essendo stato nel frattempo tratto alla carica di capitano di quella città per sei mesi; nell'anno successivo, dall'11 giugno al 21 sett. 1510, tornò nuovamente a Livorno come commissario dei Dieci. Il 15 ag. 1511 fu tratto per sei mesi capitano di Arezzo; nel mese di agosto dell'anno successivo fu eletto commissario generale per la città, contado e montagna di Pistoia, con il compito di sorvegliare quella circoscrizione, mentre le truppe spagnole e pontificie si avvicinavano pericolosamente a Prato, che ben presto subì un lungo e rovinoso saccheggio. Da quest'incarico il F. fu rimosso su sua richiesta il 20 sett. 1512. Il 1º marzo 1514 fu tratto per sei mesi capitano di Castrocaro e dal 25 febbr. 1516 rivestì per un anno lo stesso incarico a Fivizzano. Dal 22 agosto al 26 sett. 1517 fu inviato ad Arezzo come commissario, nell'ambito della guerra intrapresa dai Medici, di nuovo signori di Firenze, per impadronirsi del Montefeltro. Annessa questa regione al dominio fiorentino, il governo ne fu affidato al F., prima come commissario speciale e poi con la carica di capitano di San Leo, che egli tenne fino al marzo 1522, quando gli fu accordata licenza di tornare a Firenze per motivi di salute.
Il 5 genn. 1523 fu tratto per sei mesi capitano di Pistoia; il 1º settembre dello stesso anno raggiunse il vertice dell'assetto istituzionale fiorentino, ottenendo la carica di gonfaloniere di Giustizia.
L'ultimo incarico cui fu designato fu quello, destinato a durare sei mesi, di capitano di Borgo San Sepolcro, a partire dall'11 giugno 1526, ma non poté ricoprirlo perché morì a Firenze il 17 maggio 1526.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta genealogica Sebregondi, ad vocem; Dieci di balia. Carteggio. Missive, 77, cc. 45v, 53v; 94, c. 70; 95, cc. 47, 56, 61; Dieci di balia. Deliberazioni, Condotte e Stanziamenti, 33, c. 22v; 37, cc. 17v, 58v; 41, c. 142; 46, c. 124; 49, cc. 15, 30, 111, 122, 168; 51, cc. 86, 116; 52, cc. 9, 55; 53, cc. 34, 45, 60, 79, 196; 54, cc. 82, 87, 96, 105, 108, 124, 134, 140; 55, cc. 25, 71, 158; 56, cc. 78v, 79, 132, 158; 57, cc. 67, 73, 140, 148, 162; Signori. Carteggio. Missive II Cancelleria, 42, cc. 84, 91; Otto di pratica del periodo repubblicano. Carteggio. Missive, 28, cc. 202, 223; 31, cc. 1, 8, 11, 37, 42, 88, 116, 124, 126, 136; 35, cc. 131, 139, 140, 142, 146, 150, 156, 157, 162, 164, 168, 173, 174, 175; 36, cc. 102, 103, 146, 151, 152, 156; 37, cc. 7, 11, 15, 19, 52, 66, 71, 75, 77, 142, 165; Catasto, 927, c. 8; 1020 c. 44; Arte dei medici e speziali, 249 c. 4v; Tratte, 987, c. 189; 988 c. 192v; I. Nardi Istorie della città di Firenze, I, Firenze 1858, pp. 213, 350; O. Tommasini, La vita e gli scritti di N. Machiavelli, I,Roma-Torino-Firenze 1883, pp. 446, 461; Consulte e pratiche, 1505-1512, a cura di D. Fachard, Genève 1988, pp. 110, 129, 242, 329, 333, 349, 360.