FERRARI, Antonio Felice
Figlio di Francesco, pittore e scenografo di fama, nacque a Ferrara nei primi mesi del 1667, mentre il padre si trovava alla corte imperiale di Vienna (Baruffaldi, 1697-1722, p. 300). Educatosi alla quadratura nella sua bottega (ibid.; Cittadella, 1783, p. 145), iniziò ben presto a partecipare alle imprese paterne. Il suo "fare", descritto dagli storici locali, differiva da quello del padre per modi più grandiosi negli ornati e "per tinte più moderate" (ibid., p. 146).
Pur concordando gli storici sui suoi precoci esordi, bisogna attendere gli anni della decorazione della chiesa suburbana di S. Giorgio (1690-96) per avere una diretta testimonianza del suo operare. In quell'occasione decorò con finte scanalature le colonne della navata centrale (Baruffaldi, 1697-1722, p. 300), mentre nel 170809 ridipinse gli affreschi del padre, sempre nella navata centrale, che erano stati danneggiati irrúnediabilmente da eventi bellici (Mezzetti-Mattaliano, 1981, p. 63; Brisighella, XVIII sec., p. 567, nn. 37 s.), e nel convento (distrutto) "gli omati alle porte delle celle" (Cittadella, 1783, p. 147). Tali prove non forniscono però sufficienti elementi per distinguere la sua personalità artistica rispetto a quella paterna, tanto più che le numerose commissioni pubbliche e private ricordate dalle fonti settecentesche sono oggi in gran parte disperse.
Lodato da C. Cittadella, che lo pone come protagonista della grande decorazione sei-settecentesca in ambito locale, fu sempre in prifila posizione, accanto al più famoso ex allievo Girolamo Mengozzi, detto il Colonna, in grandi imprese decorative in area veneta, tanto da essere annoverato fra i quadraturisti veneti più noti dell'epoca (Barotti, 1770, p. 31). Sebbene possedesse una solida formazione professionale, una condotta pittorica rigorosa da quadraturista e fosse attento organizzatore di una bottega che aggregava abili frescanti-prospettici come Giacomo Filippi, il cugino Battista Ferrari e Giuseppe Facchinetti, la sua presenza nelle più importanti residenze veneziane, annotata con ammirevole puntigliosità dal Baruffaldi (1697-1722) e dal Cittadella (1782, p. 147), non è tuttavia di facile individuazione.
Il Cittadella ricorda la decorazione dello scaIone e della grande sala del palazzo Dolfin nei pressi della chiesa di S. Pantalcone a Venezia (non identificati). Il palazzo, oggi Secco-Dolfin, è sede della foresteria di Ca' Foscari: restaurato alla fine dell'Ottocento, mantiene all'intemo un salone decorato da grandi specchiere, stucchi e affreschi. A Udine nel palazzo arcivescovile costruito da G. Dolfin, patriarca di Aquileia (Cittadella, 1782, p. 147, Baruffaldi), il F. avrebbe dipinto ornati non identificati.
In area veneta rimangono, come prova fondamentale delle sue qualità, le quadrature che decorano gli affreschi di G. Parolini nello scalone e quelle nel salone d'onore (ante 1720) del palazzo Cavalli a Padova (ora Museo di mineralogia: Riccomini, 1970, p. 37; Grossato, 1961, p. 433).
Le buone doti di prospettico e quadraturista rivelabili in palazzo Cavalli avevano procurato al F. anche a Ferrara numerose commissioni pubbliche e private, oggi per la maggior parte disperse.
Brisighella testimonia della sua attività per la residenza legatizia del castello Estense dove cita "dipinti di varij ornamenti di quadrature ed arabeschi da Antonio Ferrari e Giacomo Filippi d'ordine del card. L. Casoni legato di Ferrara" (Brisighella, XVIII sec., p. 512). I dipinti furono cancellati nel 1824 (Cittadella, 1875). Ancora Brisighella (p. 517) ricorda, nelle stanze del Maestrato, fregi con le armi dei Savi, dipinti parte dal F., parte da G. Filippi e da altri (non identificati). Di nuovo in palazzo ducale, e specificatamente. nella residenza dei consoli alle Vettovaglie, eseguì (1704) quadrature e "varie arme" nella facciata (oggi distrutta: ibid., p. 531), probabilmente negli stessi anni in cui il padre decorava varie stanze per la residenza, con figure e quadrature perdute (Mezzetti-Mattaliano, 1981, p. 176).
Dopo la morte del padre (1708), con cui aveva decorato anche gli interni di palazzo Bevilacqua (1690 circa), il F. proseguì l'attività in casa Mosti, in palazzo Calcagnini (stanze e galleria; Cittadella, 1783, p. 148), in palazzo Fiaschi, ora distrutto (quadrature nel palazzo e nella loggia e prospettive nei giardini); in palazzo Nigrelli e in palazzo Obizzi (non identificati).
Agli anni giovanili (1688) risale la decorazione della cappella di S. Rita nella chiesa di S. Giuseppe, eseguita insieme con il padre e Francesco Scala (decorazione rifatta nel Novecento; Rizzi, 1972). Nella chiesa di S. Caterina da Siena (distrutta), di sua mano erano i vari ornamenti a macchie di marmo nell'altare maggiore (1710), dove venne deposto il corpo della beata Lucia da Narni (Brisighella, XVIII sec., p. 164); nella chiesa di S. Francesca Romana gli ornati nelle cappelle e sulle porte (Cittadella, 1783, p. 146). Nella nuova cattedrale dipinse (all'epoca della collaborazione con il padre), sul soffitto della cappella della Circoncisione (laterale alla soppressa porta dei Mesi), una Gloria d'angeli col nome santissimo di Gesù (1703-04 circa) non identificata (Brisighella, XVIII sec., p. 35). È ricordato inoltre come scenografo per il teatro Bonacossi (scena con trafori: Cittadella, 1783, p. 153).
Se l'attività ferrarese del F., benché in buona parte dispersa, è ben documentata dalle fonti, il capitolo veneto della sua vita, enfatizzato dal Baruffaldi (1697-1722, pp. 301 s.) e dal Cittadella (1783, p. 148), non è valutabile, sia per le vaghe informazioni "di lavori" in palazzi veneziani prestigiosi (Morosini, Nanni, Gradenigo alla Selva), sia per la difficoltà di individuare le sue caratteristiche stilistiche in palazzo Basadonna (già Manin, ora Zillo) a Este (Mezzetti-Mattaliano, 1980, p. 111), in palazzo Morosini (ora palazzo comunale) a Fiesso Umbertiano (sale con finte prospettive probabilmente di sua mano: Mezzetti-Mattaliano, 1983, p. 18) e nella casa di monsignor Widman a Bagnolo Padovano (villa Widman Borletti).
Il F. morì a Ferrara il 14 febbr. 1720.
Fonti e Bibl.: C. Brisighella, Descr. delle pitture e sculture della città di Ferrara (XVIII sec.), a cura di M. A. Novelli, Ferrara 1991, pp. 35, 131, 164, 292, 512, 517, 531, 545, 562, 566 s.; G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi [1697-1722], con annotaz. di G. Boschini, Ferrara 1846, II, pp. 298-305, 592; C. Barotti, Pitture e sculture che si trovano nelle chiese, luoghi pubblici e sobborghi della città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 31, 188, 193, 195, 199; G. A. Scalabrini, Mem. istor. delle chiese di Ferrara e de' suoi borghi, Ferrara 1773, pp. 23 s.; C. Cittadella, Catal. istor. de' pittori e scultori ferraresi e delle opere loro, Ferrara 1783, IV, pp. 145-154; D. G. Pellizzari, Vita di Ferrari Francesco e A. suo figlio (per nozze Schrift), Venezia 1847; L. N. Cittadella, Il castello di Ferrara, Ferrara 1875, p.38; L. Grossato, Padova, Venezia 1961, p. 433; E. Riccomini, Il Seicento ferrarese, Ferrara 1969, p. 54; Id., Il Settecento ferrarese, Ferrara 1970, p. 37; A. Rizzi, Arte e ambiente nella Ferrara "minore". Contributi sulla chiesa di S. Giuseppe, in Musei ferraresi, Boll. annuale, II (1972), pp. 82 s.; A. Mezzetti-E. Mattaliano, Indice ragionato delle "Vite dei pittori e scultori ferraresi" di G. Baruffaldi, I, Bergamo-Ferrara 1980, p. 111; II, ibid. 1981, pp. 63, 176; III, ibid. 1983, pp. 15, 18; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 440 s.