FANTUZZI, Antonio
Non si conoscono gli estremi anagrafici del F. che fu pittore e acquafortista di origine bolognese, attivo nella residenza reale di Fontainebleau come aiuto di F. Primaticcio - in qualità di pittore - tra il 1537 e il 1550 (cfr. i pagamenti, in De Laborde, 1878).
La personalità artistica del F. è stata erroneamente confusa per lungo tempo con quella di Antonio da Trento.
Nel 1962 la monografia della Zava Boccazzi sull'artista dedicava un intero capitolo all'esame dei due personaggi e arrivava alla conclusione che si trattava di un unico artista nato, a Trento, passato successivamente a Bologna e a Mantova ed infine a Fontainebleau. Emergeva, quindi, la figura di un incisore con una duplice attività: la prima unicamente a chiaroscuro, sulla scia di Ugo da Carpi, e una seconda da acquafortista in terra di Francia.
Studi più recenti (cfr. le approfondite ricerche dello Zerner) concordano ormai nel distinguere i due artisti.
Le sue stampe, anche quando non presentano il noto monogramma "ANTF" fonte di tante discussioni, sono facilmente riconoscibili per uno stile superiore e fortemente caratterizzato rispetto agli altri incisori dell'area francese. Si può così affermare che fu il F., anche grazie alla precocità delle sue opere, a dare un impulso determinante alla scuola acquafortistica di Fontainebleau che in quegli stessi anni vantava artisti come il monogrammista L.D., Jean Mignon, Geoffroy Dumoutier e Léonard Limosin.
Fra il 1537 e il 1540 il F. fu probabilmente un semplice aiuto del Primaticcio (i pagamenti a suo nome risultano di modesto importo); dal 1541, invece, il suo salario aumentò e le sue competenze risultano essere non solo esecutive ma dipinse anche alcune parti della galleria di Ulisse del castello di Francesco I (andate poi distrutte nel XVIII secolo, cfr. De Laborde, 1878).
Molto apprezzato per le sue decorazioni a grottesche, il F. fu considerato uno specialista in questo genere anche se purtroppo non ci rimane nulla della sua attività pittorica (Zerner, 1964).
Fine disegnatore e acquafortista puro, il F. presenta uno stile facilmente identificabile. Secondo Herbet [1896] la sua produzione ammonterebbe a centocinque opere; lo Zerner (1969) cataloga invece centoundici acqueforti.
Le prime incisioni note risalgono al 1542; le sue opere sono datate solo fino al 1545. Pochi anni di attività, quindi, nel corso dei quali tuttavia la sua evoluzione tecnico-artistica appare evidente. I primi lavori del 1542 mostrano una certa inesperienza tecnica e si possono considerare le sue prime sperimentazioni nel campo.
La tecnica è ancora difettosa, la morsura inesatta in più punti. Le stampe di questo periodo riproducono per lo più opere di Giulio Romano e sono tratte dai disegni che Primaticcio portò con sé in Francia.
L'influsso giuliesco è particolarmente evidente nella Clemenza di Scipione, caratterizzata da effetti di luminosità violenta e da forti contrasti chiaroscurali e nelle incisioni del Corteo di soldati che riproducono il fregio della sala degli stucchi a palazzo del Te a Mantova.
Nelle incisioni del 1543 il F. raffina la sua tecnica. Il tratto diviene più fine, la tessitura più serrata, gli incroci più complessi e la morsura più delicata.
In quest'epoca il F. tradusse la maggior parte delle decorazioni della galleria di Ulisse del Rosso Fiorentino, incisioni interessanti anche da un punto di vista documentario. Contemporaneamente continuò ad incidere da Giulio Romano (Il banchetto di Scipione) ed iniziò l'esecuzione di una serie di acqueforti raffiguranti statue antiche. È probabile che le incisioni siano tratte da disegni eseguiti dal Primaticcio durante il suo soggiorno romano del 1540; tuttavia l'indicazione "Roma" in alcune incisioni potrebbe indicare la presenza del F. a Roma contemporaneamente a quella del maestro bolognese.
Nelle opere del 1544 e del 1545 (datata 1544 vi è solamente l'acquaforte raffigurante Saturno addormentato) il suo stile appare ulteriormente trasformato. La tessitura grafica è ancora più varia; l'artista si serve molto del punteggiato per le ombre più leggere e l'insieme dell'opera risulta in generale più chiaro e luminoso, lontano dai contrasti violenti delle prime incisioni.
Negli ultimi anni il F. tradusse essenzialmente dal Primaticcio, quel "de Bologna" suo compatriota che fu l'inventore della Caduta di Fetonte, delle Figlie di Minia e della Grotta del giardino.
In quest'ultima acquaforte l'iscrizione "ANT. FANTUZ. I. D. BOLOGNA. FECIT. AN.D. M. D. 45" è stata interpretata dalla Massar e da altri), al di là dell'indubbia invenzione del Primaticcio, come una conferma dell'origine bolognese dell'incisore.
Oltre ad essere un fine incisore di traduzione il F. fu anche inventore di alcune sue acqueforti. La critica ha sottostimato questa attività forse perché le opere spesso non risultano firmate e non erano quindi, fino ad epoca recente (Zerner, 1969; Dillon, 1973), inserite nel suo catalogo.
Le stampe di invenzione del F. comprendono per lo più una serie di cartigli a grottesche con paesaggi incisi al centro dei cartigli stessi; caratterizzate da una notevolissima fantasia inventiva e da una tecnica molto elaborata, sono probabilmente ascrivibili alla metà del quinto decennio del Cinquecento.
Non si hanno più notizie del F. dopo il 1550.
La maggior parte delle sue stampe sono conservate all'Albertina di Vienna e a Parigi alla Bibliothèque nationale, alla Bibliothèque de l'Arsenal e alla Bibliothèque de l'École des beaux-arts.
Fonti e Bibl.: A. Bartsch, Le peintre-graveur, XVI, Würzburg 1818, pp. 334-354; G. Gori Gandellini, Notizie istoriche degli intagliatori, II, Siena 1808, p. 10; G. K. Nagler, Neues Allgemeines künstlerlexikon..., IV, München 1837, pp. 242-246; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, p. 218; J. Passavant, Le peintre-graveur, VI, Leipzig 1864, pp. 195-98; L. De Laborde, Les comptes des bâtiments du roi (1528- 1571).., Paris 1878, I, pp. 132, 191; F. Herbet, Les graveurs de l'Ecole de Fontainebleau [1896], Amsterdam, 1969, pp. 53-87; F. Zava Boccazzi, Antonio da Trento incisore, Trento 1962; H. Zemer, L'eau-forte a Fontainebleau. Le rôle de F., in Art de France, IV (1964), pp. 70-85; P. D. Massar, The source of a rare Ecole de Fontainebleau etching, in The Art bulletin, XLVII (1965), pp. 506s.; H. Zerner, École de Fontainebleau. Gravures, Paris 1969, pp. 17-20; Id., in L'École de Fontainebleau (catal.), Paris 1972, pp. 261-275, nn. 306-332; G. Dillon, in Dizionario enciclopedico Bolaffi, IV, Torino 1973, pp. 303-306; H. Zerner, The illustrated Bartsch. Italian artists of the sixteenth century. School of Fontainebleau, 32, New York 1979, pp. 221-256; E. Borea, in Firenze e la Toscana dei Medici... Il primato del disegno (catal.), Firenze 1980, pp. 232, 258, 260 ss.; S. Béguin, in Pittura bolognese del '500, a c. di V. Fortunati Pietrantoni, I, Bologna 1986, pp.239 s., 249; S. Welsh Reed-R. Wallace, Italian etchers of the Renaissance and Baroque, Boston 1989, pp. 27 ss.; M. Monarca, in Giulio Romano et et delineavit (catal.), a cura di S. Massari, Roma 1993, pp. 81-88; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II, pp. 11 s. (sub voce Antonio da Trento); XI, pp. 262 s.; Allgemeines künstlerlexikon, IV, pp. 429 s. (voce Antonio da Trento).