ERIZZO, Antonio
Nacque a Venezia il 19 nov. 1409 da Marco di Stefano, del ramo a S. Canzian, e da Marina Arbosani.
Il padre era ricco e percorse una carriera politica di un certo rilievo, che lo avrebbe portato a rivestire la carica di consigliere ducale per il sestiere di Cannaregio ed in tale veste, nel 1432, a far parte del Consiglio dei dieci che condannò il Carmagnola; quanto ai fratelli, celebre fu certamente Paolo, coraggioso quanto sventurato difensore di Negroponte, dove venne martirizzato dai Turchi, nel 1470.
L'E. iniziò per tempo ad accostarsi al mondo della politica, i cui esordi avvennero nell'ambito di magistrature di natura amministrativo-giudiziaria e di scarso peso: il 30 sett. 1430 era eletto avvocato della curia del Mobile, nel 1434 podestà della splendida cittadina murata di Montagnana, nel Padovano, il 27 giugno dell'anno seguente conseguiva la nomina di ufficiale alla Giustizia Vecchia; dopo di che (15 apr. 1438) passava visdomino al fondaco dei Tedeschi ed il 18 genn. 1439 intraprendeva un secondo rettorato, a Parenzo, in Istria, che ebbe termine nella primavera dell'anno seguente: il 18 maggio 1440, infatti, il Senato concedeva all'E., "qui infirmus est", di rimpatriare senza attendere l'arrivo del successore.
Intanto, nel 1433, aveva sposato Maria Muazzo di Andrea di Nicolò, dalla quale ebbe numerosi figli, sei maschi e quattro femmine; non conosciamo l'entità della dote toccata all'E. in seguito a tale matrimonio, ma dovette certamente essere cospicua: alcuni anni più tardi, infatti, il 16 febbr. 1440, egli risultava possedere notevoli proprietà fondiarie ed immobiliari ad Este e, a Venezia, diversi stabili nelle parrocchie di S. Antonin e di S. Aponal, ed altri ne acquistava dal suocero, in base al diritto di prelazione. Queste case erano situate a S. Moisè, nel sestiere di S. Marco, dove l'E. avrebbe trasportato la propria residenza in una data compresa tra il 1444 ed il 1455, come si ricava da alcune chiose poste in margine alle cariche politiche da lui ricoperte, che ne precisano il sestiere di appartenenza.
Le cariche continuarono a lungo a non uscire dal giro di quelle cosiddette minori: l'11 giugno 1441 entrava a far parte della Quarantia civil nuova, il 17 nov. 1443 era eletto ufficiale di Notte per il sestiere di Cannaregio, il 17 ag. 1444 giudice del Piovego; le scarse responsabilità che l'esercizio di tali uffici comportava, gli consentirono di dedicarsi alla cura dei propri interessi, che ovviamente non furono soltanto quelli derivanti dalle rendite fondiarie ed edilizie: il 21 maggio 1446 ed il 20 maggio 1447 l'E. compare infatti tra i mallevadori di Pietro Arimondo di Nicolò, comandante delle galere costituenti la "muda" di Tana, nel Mar Nero. Si spiega forse in tal modo la sua latitanza dalla politica, negli anni centrali del secolo, e quindi la saltuarietà delle cariche ricoperte: il 6 ott. 1448 divenne avvocato per tutte le corti, e il 18 genn. '56 fu eletto ufficiale ai Dieci Uffici.
Solo a partire dagli anni '60, quando ormai l'E. si trovava nella piena maturità, la partecipazione all'attività politica divenne la componente preponderante della sua esistenza, per assiduità ed importanza delle cariche ottenute: il 5 sett. 1462 iniziava il reggimento di Chioggia, dove si sarebbe fermato fino al 1464, allorché venne sostituito da Tommaso Minotto, occupandosi prevalentemente della produzione delle saline, indispensabile per i bisogni della flotta, e della conservazione del porto, seriamente minacciato dal progressivo interramento della laguna ad opera del Brenta, il cui corso era stato parzialmente deviato qualche anno prima, nel 1452, portandolo a sfociare davanti a Malamocco (ma la soluzione si era rivelata del tutto insufficiente).
Passò quindi, praticamente senza soluzione di continuità, ad un'altra e più prestigiosa podesteria, quella vicentina (1464-65); la pace ormai stabilita in Italia rese tranquilla questa nuova permanenza dell'E. nella Terraferma veneta, le cui principali afflizioni derivarono piuttosto dalla necessità di riscuotere regolarmente, e tempestivamente, le gravezze imposte dalla Repubblica per far fronte alle urgenze della guerra in Morea, per allora solo agli inizi, ma destinata col tempo a rivelarsi impegno lungo e spossante: "opportunum et necessarium [est] ut denarii prime et secunde decime cum celeritate exigerentur"; così il Senato ai rettori di Vicenza, il 21 marzo 1465, ennesima sollecitazione a compiere quello che a Venezia era sentito, allora, come il primo dovere dei suoi rappresentanti nel dominio.
Rimpatriato, il 29 sett. 1467 assunse la carica di patrono all'Arsenale, per poi passare savio di Terraferma nel primo semestre del 1470, e quindi avogadore di Comun (28 dicembre dello stesso 1470); in precedenza, il 24 sett. 1470, aveva rifiutato la nomina a savio sopra la riforma dell'Estimo. Accettò invece di intraprendere un altro rettorato, e il 19 apr. 1472 entrava podestà a Verona; rimase in riva all'Adige per quasi un anno e mezzo, a cimentarsi nuovamente con la riscossione dei tributi, resa ancor più defatigante sia dal protrarsi della guerra, sia dalla dura contesa che, in materia fiscale, opponeva gli abitanti del territorio ai cittadini, stante la ripartizione degli estimati in corpi istituzionalmente contrapposti tra loro ai fini della corresponsione delle gravezze; non toccò certamente all'E. venire a capo del problema, ma in qualche modo riuscì parzialmente (e temporaneamente) ad aggirarlo - beninteso solo per quanto concerneva la sua diretta responsabilità nei confronti del governo centrale - mediante il ricorso alle pingui entrate che pervenivano a quella Camera dal dazio dei panni di lana, la cui produzione era allora fiorente e rappresentava la maggior industria cittadina.
Nuovamente a Venezia, assumeva la carica di consigliere ducale per il sestiere di S. Marco, quindi passava provveditore alle Biave, e nel dicembre 1474 figurava tra gli elettori del doge Pietro Mocenigo; a quella data aveva da poco iniziato il suo sesto reggimento, come podestà di Padova, in sostituzione del rinunciatario Bertuccio Contarini. Una tale nomina gli riusciva ad un tempo prestigiosa ed utile: Padova era infatti una sede vicina a Venezia, ricca e per di più illustre per la presenza dello Studio; inoltre si è visto come il nucleo eminente delle proprietà fondiarie dell'E. fosse situato proprio nella parte meridionale della provincia euganea, la qual cosa evidentemente poté consentirgli di seguire anche un poco più da vicino l'amministrazione dei suoi beni, coniugando il servizio pubblico con la cura dei propri interessi.
Al termine del mandato gli fu riservato il posto di procuratore di S. Marco de citra, che assunse il 10 marzo 1476, subentrando al doge Andrea Vendramin, alla cui elezione egli stesso aveva contribuito: una nomina tanto prestigiosa, come quella procuratoria, per un uomo che, in fondo, non aveva mai esercitato ambascerie, né assolto compiti particolarmente gravosi, si spiega da un lato con la lunga serie dei dispendiosi rettorati sostenuti e, dall'altro, come una sorta di pubblico riconoscimento alla famiglia, che recentemente aveva dato alla patria un eroe, nella persona del fratello Paolo.
A partire dal 1476, e fino al termine della sua vita, sedette regolarmente tra i savi del Consiglio, quasi sempre nel secondo semestre dell'anno; nel maggio 1478 non solo fu tra i quarantuno elettori del doge Giovanni Mocenigo, ma addirittura risultò egli stesso il più votato dopo il vincitore, che dovette attendere ben otto scrutini prima di assicurarsi la nomina. Ormai settantenne, ricco di beni e con una numerosa discendenza, era considerato tra i più autorevoli ed ascoltati senatori ai quali affidare la guida e la rappresentanza dello Stato; così, nel 1480 figurava tra i responsabili della costruzione di quello splendido gioiello di architettura rinascimentale che è la chiesa di S. Maria dei Miracoli, di Pietro Lombardo, e di lì a poco, scoppiata la guerra di Ferrara, gli fu affidato - in unione a Tommaso Trevisan ed a Francesco Sanuto, poi sostituito da Zaccaria Barbaro - il delicato e spinoso compito di reperire nuovi cespiti con i quali far fronte alle urgenze militari; in sostanza fu loro ordinato "che tutte le pubbliche e private entrate - scrive il Sanuto - debbano essere esaminate, e nel modo che giudicassero per loro opinione il migliore, fossero trovati danari".
La guerra era ancora in corso quando l'E. morì, mentre a Venezia serpeggiava la peste, il 31 marzo 1483.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii…, III, pp. 407, 411, 415; Ibid., Avogaria di Comun. Indice matrimoni con figli, sub voce; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, c. 7rv; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 16 (= 8305): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, II, c. 55v; per la carriera politica cfr. Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Prove di età per patroni di galera, reg. 177, cc. 12r, 83r; reg. 178, cc. 128v, 174r, 193r; Ibid., Segretario alle Voci. Misti, reg. 4, cc. 2v, 6r, 10r, 18v, 24r, 46r, 65v, 104v; reg. 5, c. 1r; reg. 6, cc. 1v, 6r, 7r, 16v, 30v, 50v, 86v; Ibid., Senato. Misti, reg. 59, c. 107r; reg. 60, c. 214v; Ibid., Senato. Terra, reg. 5, c. 113v; reg. 6, cc. 103r, 113v; Ibid., Senato. Deliberazioni. Secreta, reg. 30, c. 109r; sull'attività di procuratore, relativamente alla commissaria di Bartolomeo Bragadin, Ibid., Miscellanea di atti diversi manoscritti, b. 150, sub 16 giugno 1480; sulla proprietà patrimoniale cfr. Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, Mss. P. D. 511 C/I: Scritture famiglia Erizzo; per il testamento della figlia Elisabetta, Arch. di Stato di Venezia, Sezione notarile. Testamenti, b. 1184/504.
Cfr. inoltre M. Sanuto, Commentarii della guerra di Ferrara, Venezia 1829, pp. 9, 42, 58; D. Malipiero, Annali veneti, in Arch. stor. ital., VII (1844), 2, p. 667; Cronaca di anonimo veronese. 1446-1488, a cura di G. Soranzo, Venezia 1915, pp. 318, 336, 393; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, p. XLIX; VII, Podestaria e capitanato di Vicenza, ibid. 1976, p. XXXV; IX, Podestaria e capitanato di Verona, ibid. 1977, p. LXXIX; Relazioni dei rettori veneti nel Dogado. Podestaria di Chioggia, Milano 1982, p. XLVII; A. Da Mosto, Idogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, p. 204; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Erizzo, tav. II.