DOVIZI, Antonio
Nacque a Bibbiena poco dopo la metà del sec. XV, da Francesco e Francesca Nutarrini; ebbe come fratelli Piero, Bernardo, Tita e Giovan Battista. Molti membri della sua famiglia - per una lunga consuetudine che risaliva alla metà del Trecento - avevano esercitato la professione notarile; anche il D., come già il fratello maggiore Piero, divenne notaio.
Il primo documento in cui il D. è citato è una lettera datata Solo 2 luglio (risalente probabilmente al 1480 o poco dopo), scritta da un parente dei Dovizi, Angelo da Bibbiena priore di Ortignano, a Piero, già a Firenze, in cui, fra l'altro, il mittente fornisce notizie sui familiari rimasti a Bibbiena e quindi anche sullo stesso Antonio Dovizi. Grazie all'intervento del fratello Piero e anche alla lunga e amichevole consuetudine del padre Francesco verso i Medici, il D., ancora giovane, fu chiamato a Firenze, dove iniziò ad impratichirsi nell'ambito della segreteria medicea collaborando sia con Piero, sia con l'altro fratello Bernardo, rispetto ai quali ebbe, soprattutto in questo primo periodo, una posizione decisamente secondaria.
Il 24 genn. 1488, nell'ambito di una generale riorganizzazione della Cancelleria della Repubblica, il D. fu eletto secondo coadiutore di ser Francesco Baroni, cancelliere degli Otto di pratica, per tre anni e con un salario di 40 fiorini. In virtù di questo incarico, ebbe numerosi rapporti con ufficiali e oratori fiorentini all'estero; particolare rilievo assume quello con ser Andrea da Foiano, relativamente al periodo in cui questi fu mandatario a Siena, dal 1489 al 1491, anno in cui morì.
Con il Foiano il D. intrattenne una lunga corrispondenza rivolta per lo più a questioni familiari e private oltre che pubbliche; d'altra parte con lui, e anche gli altri suoi fratelli, il D. fu in rapporti di stretta amicizia e familiarità: e proprio dal carteggio indirizzato dal D. al Foiano è possibile ricavare preziose notizie relativamente alle vicende biografiche dei due personaggi.
Così, ad e s., sappiamo che il D. aveva contratto matrimonio con una certa Piera, originaria di Bibbiena, di cui non si conosce tuttavia il cognome, nel novembre del 1489, e che nel gennaio del 1490 si era recato per alcuni giorni a Bibbiena per comprare un podere con una parte della dote della moglie; quest'ultima partorì una figlia nel dicembre del 1490. Il D. fu anche il padre di Maria, promessa sposa di Raffaello, ma non si conosce l'anno di nascita di questa figlia, morta giovanissima, e che non dovrebbe identificarsi con la bambina nata nel 1490. Si apprende anche che il D. curava a Firenze gli interessi del Foiano - nel giugno del 1491 si era anche adoperato, ma inutilmente, per una sua elezione nel Consiglio del Cento - procurandogli ciò di cui egli poteva aver bisogno, fra cui libri e materiale scrittorio. A questo proposito è da segnalare l'importanza della lettera del D. del 21 apr. 1490 rivolta al Foiano, nella quale comunicandogli la morte del re d'Ungheria, Mattia Corvino, si lamentava delle difficoltà in cui, in seguito a questo evento, si sarebbe trovato, poiché si era impegnato a trascrivere numerosi manoscritti per il defunto-sovrano. Questa testimonianza fa luce su un aspetto della vita privata del D., cioè la sua attività di copista anche per motivi strettamente finanziari.
In seguito alla morte del Foiano, nel luglio del 1491, il D. si recò a Siena, anche per meglio coordinare la rappresentanza diplomatica fiorentina in quella città, e da lì passò a Roma, come risulta da una lettera inviata al fratello Bernardo il 31 agosto di quell'anno, in cui fra l'altro chiede aiuto e comprensione per i familiari dell'amico scomparso. La temporanea assenza da Firenze del D. seguì di poco la morte del padre Francesco avvenuta nel maggio dello stesso 1491; in questa occasione, alcuni amici di famiglia, come Matteo Franco, Simone, abate di S. Michele di Pisa, e Baccio Valori inviarono affettuose espressioni di cordoglio ai fratelli Dovizi. Ritornato a Firenze, il D. assunse il 1° ott. 1491 - ma il provvedimento era stato emanato il 22 agosto precedente - nella Cancelleria degli Otto di pratica il posto che era stato in precedenza del Foiano, e gli venne assegnato un salario di 50 fiorini l'anno.
Il servizio prestato dal D. nella Cancelleria degli Otto di pratica fu determinante per la sua formazione in campo politico e diplomatico e gli permise di entrare in contatto più stretto con la Cancelleria medicea e, in particolare, con i fratelli Piero e Bernardo, sui quali ricadevano orinai tutte le responsabilità di governo. a causa della sostanziale incapacità di Piero de' Medici. Pertanto, in questo periodo, il D. ricopri anche ruoli di maggior prestigio rispetto al passato. Così il 29 luglio 1493, scrivendo al fratello Piero a Milano, gli comunicava che per ordine di Piero de' Medici sarebbe dovuto partire insieme con gli ambasciatori che si recavano a Roma dal papa Alessandro VI, in occasione del prossimo concistoro. Il D. si rammaricava perché, a causa del disinteresse del Medici per gli affari di Stato, ricadevano sul fratello Bernardo tutti gli impegni e le responsabilità maggiori. Il D. giunse a Roma il 17 settembre successivo portando con sé la lettera del cardinale Giovanni de' Medici, che, impossibilitato a partecipare al concistoro, rimetteva il proprio voto nelle mani del papa stesso. In questa nuova missione a Roma, il compito del D. era di trattare con Alessandro VI l'elezione di un cardinale fiorentino, coadiuvando il lavoro che già stava svolgendo in questo senso l'oratore e collega Antonio Guidotti da Colle. Le trattative e i colloqui che il D. e il Guidotti ebbero con il pontefice vennero riferite dettagliatamente al Medici a Firenze con lettere del 19, 20 e 21 settembre, e così pure il fallimento della loro missione: infatti, nonostante le promesse di Alessandro VI di sostenere la candidatura di Gentile Becchi, vescovo di Arezzo, all'atto della riunione del concistoro non venne presentato, neanche formalmente, alcun candidato fiorentino.
Ritornato a Firenze, il D. continuò a collaborare con la Cancelleria medicea, come appare da una lettera scritta il 3 maggio 1494 al fratello Bernardo che si trovava a Bibbiena in convalescenza, in cui lo aggiornava sulla situazione politica e su tutte le vicende che travagliavano la vita della Repubblica. A metà dello stesso 1494 iniziò per il D. una lunga missione politica che doveva portarlo prima a Roma e poi a Bologna presso i Bentivoglio. Di questo periodo rimangono numerose lettere scritte dal D. a Piero de' Medici, per infórmarlo del corso degli avvenimenti, che, come è noto, culminarono con l'invasione francese in Italia e la caduta del regime mediceo.
Giunto a Roma alla fine di giugno, dopo un colloquio avuto a Bracciano con Virginio Orsini, il quale si era dimostrato favorevole ad una alleanza fiorentina con Giovanni [II] Bentivoglio, il D. scrisse il 10 luglio al Medici a Firenze sui contatti avuti con il pontefice, al quale aveva illustrato le linee della politica fiorentina, facendo presente che una alleanza dello stesso Alessandro VI con i Bentivoglio ed eventualmente con il re di Napoli Alfonso II d'Aragona sarebbe risultata preziosa per contrastare la politica espansionistica di Ludovico il Moro. Con lo stesso programma il D. si recò in Abruzzo, sostando l'8 luglio a Celano, dove incontrò i rappresentanti del re di Napoli, e di lì si recò a Vicovaro, da dove scrisse due lettere al Medici, il 12 e 18 luglio, riferendogli i colloqui avuti con Giovanni Pontano, ambasciatore dell'Aragona, e con lo stesso Alfonso II, con il quale mise a punto i termini della partenza del figlio del re, Ferdinando, duca di Calabria, per la Romagna con un contingente di armati, allo scopo di bloccare l'avanzata francese.
Alla fine di luglio il D. - dopo una breve sosta a Firenze - fu inviato a Bologna presso i Bentivoglio; da lì iniziò un fitto carteggio con Piero de' Medici e i fratelli Piero e Bernardo, che si trovavano al campo del duca di Calabria. Lo scopo della missione era quello di convincere Giovanni Bentivoglio ad accettare di entrare nella lega con Firenze e Napoli e con il pontefice, contro l'alleanza francosforzesca. L'atteggiamento del Bentivoglio si mantenne tuttavia ambiguo per tutta la durata della guerra: fra i vari problemi che il D. dovette fronteggiare fu quello del mancato permesso del Bentivoglio all'esercito alleato di passare il Panaro, in modo da acquisire una posizione più favorevole rispetto ai Francesi. La corrispondenza del D. da Bologna, che risulta essere un vero diario della guerra combattuta in Romagna, arriva fino al 22 ott. 1494: gli avvenimenti che seguirono, e che culminarono con la caduta del regime mediceo a Firenze, determinarono anche per il D., come per i fratelli, la privazione dell'ufficio nella Cancelleria degli Otto di pratica, con due provvedimenti del 4 e 28 dic. 1494, e il conseguente esilio dalla città.
Dopo questi avvenimenti non si hanno più notizie precise sul Dovizi. Alcune fonti attribuiscono a lui il fatto di aver salvato Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, portandolo da Firenze a Urbino; altre fonti lo danno per trasferito a Roma, dove avrebbe raggiunto il fratello Bernardo. Non si conoscono né l'anno, né il luogo della morte.
Si deve segnalare il fatto che in due lettere (Mediceo avanti il principato, 76, 5, 268) e nell'atto di nomina del D. a coadiutore della Cancelleria degli Otto di pratica (Signori e Collegi, Deliberazioni in forza di speciale autorità, 36, cc. 140v-142r; 37, cc. 72v-73r) si trova l'aggiunta di un patronimico: "Floresius" nelle lettere e "Foresis" negli altri documenti, dopo l'indicazione "Antonius...". L'aggiunta di questo nome non è facilmente spiegabile mancando possibilità di verifica; ma non è da pensare che si tratti di una persona diversa dal Dovizi. Questa ipotesi sembra trovare credito solo nell'inventario del Mediceo avanti il principato (Roma 1957, III, p. 223), che però, a tale proposito, sotto il nome Antonio Foresi raccoglie indiscriminatamente lettere prive dell'indicazione "Floresius" e firmate solo "Antonius Bibienae". Sarebbe davvero singolare l'esistenza di due persone distinte, entrambe con lo stesso nome, occupate nella stessa cancelleria e con mansioni analoghe; per altro, anche stando all'indicazione errata e confusa dell'inventario citato, non può non risaltare che questo "Antonio Foresi" sarebbe attivo solo fra il 1489 e il 1490. Per l'identità di persona, inoltre, fanno propendere anche altri elementi "intrinseci" di non trascurabile importanza (oltre a tutta la tradizione biografica fin qui esistente): l'identità di grafia fra "Antonius Bibienae" e "Antonius Foresius" riscontrabile in tutte le lettere (e non solo nelle due firmate "A. Floresius") e il tono affettuoso usato da Antonio nelle lettere rivolte al fratello Bernardo, tono che solo un congiunto poteva esprimere.
Fonti e Bibl.: Importanti documenti sul D. si trovano in Arch. di Stato di Firenze, Otto di pratica. Deliberazioni e partiti, 2, c. 21r; Signori e Collegi, Deliberazioni in forza di ordinaria autorità, 96, cc. 106v, 122r; Signori e Collegi, Deliberazioni in forza di speciale autorità, 36, cc. 138v, 140v; 37, cc. 70v, 72v; Signori e Collegi, Condotte e stanziamenti, 14, cc. 167r-168v; 16, cc. 150r-153r, 270v-273r; le sue lettere si trovano in Mediceo avanti il principato (si veda il relativo inventario a cura di F. Morandini-A. d'Addario, Roma 1951-1963, ad Indices; si deve però avvertire che molte lettere del D. si trovano confuse anche sotto le voci: "Antonio"; "Antonio da Bibbiena"; "Antonius de Bibbiena"; "Foresi Antonio"). Vedi anche Carte strozziane, s. 2, f. 53, cc. 106r, 108r; A. Desjardins, Négociations diplomatiques, Paris 1859, I, pp. 454-455; I. Del Lungo, Florentia. Uomini e cose del Quattrocento, Firenze 1897, p. 24; A. Gherardi, Uno scrittore di codici per Mattia Corvino in Firenze; Panni, codici, oriuoli; Segreti di Stato al tempo di Lorenzo de' Medici, in Miscell. fiorentina di erudizione e storia, Rocca San Casciano 1910, pp. 257, 267, 615; G. L. Moncallero, Il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena, umanista e diplomatico (1470-1520), Firenze 1953, passim; Id., Epist. di Bernardo Dovizi da Bibbiena, Firenze 1955, ad Ind.; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Roma 1981, pp. 143, 289, 485-487, 534-535, 539, 601-602.