DOMINICI (De Dominici, De Dominicis), Antonio
Nacque a Palermo il 14 marzo 1737 da Mario e da Francesca Rafaele (Napoli, Arch. stor. diocesano, Fondo processetti prematrimoniali, 1763, lettera A, decreto della Curia del 5 marzo). Fu battezzato il 17 dello stesso mese nella parrocchia di S. Giovanni dei Tartari, coi nomi Francesco Antonino Giovan Battista Salvatore. Dall'età di sei anni circa visse a Napoli: la sua famiglia vi si stabili, a Pizzofalcone, essendo il padre entrato in servizio in qualità di gentiluomo in casa di Maria Lucrezia Reggio, principessa di Palazzolo (ibid.; si smentisce così la tradizione finora accolta, secondo la quale il D. sarebbe giunto a Napoli soltanto nel sesto decennio del secolo). Il 6 marzo 1763 il D. sposò la sedicenne napoletana Caterina Pecorella, figlia di Nicola, originario di Trapani e scultore d'avorio alla corte di Napoli, e di Grazia Gargiulo (ibid.; Napoli, Archivio d. parrocchia di S. Anna di Palazzo, Libro XVI dei matrimoni, f. 132).
Il D. fu pittore prevalentemente al servizio dei Borboni. Mancano allo stato attuale dati certi sulla sua formazione artistica; ove si accettasse la notizia d'un alunnato presso il pittore siciliano Vito D'Anna, forse intorno al 1751, quando cioè il D'Anna ritornò a Palermo dopo aver studiato in Roma presso Corrado Giaquinto, si dovrebbe allora ammettere un viaggio del D. (ormai "napoletano") nella capitale siciliana.
Di una presenza per lavoro in Sicilia, a Trapani, parla la Siracusano (1979), ma il documento, del 1758, su cui si basa la studiosa riguarda propriamente una "perision" per tservicios prestados en materia de Estado de D. Antonio De Dominicis", la quale è poi "abolida con las graves inquisiciones del dicho De Dominicis que fue condenado de la junta de Estado en el Presidio de Trapani", si che il D. finirà per percepire soltanto "un carlin diario per via de limosna durante su vida". Rimane il dubbio che possa trattarsi, piuttosto, di un omonimo tanto più che il tenore del documento contrasta anche con quello della Curia, del 1763, dove si dichiara che egli è sempre stato fino allora nella casa paterna.
Circa la sua formazione, peraltro, alcuni biografi ottocenteschi riferiscono anche di un alunnato del D. presso il pittore napoletano Francesco De Mura (Siracusano, 1979, p. 34). A incidere sensibilmente sulla personalità artistica del D. fu, in ogni caso, l'anziano pittore di corte napoletano Giuseppe Bonito, nel momento della sua apertura ai modi "della cultura figurativa d'ambito batoniano o mengsiano" (ibid.); ne sono conferma, oltre che una lettera del dicembre 1776, nella quale dell'artista si dice: "allevato nella scuola stessa di Don Giuseppe Bonito" (ibid., e Append.), le prime opere pittoriche note del D. che risalgono alla fine del settimo decennio del secolo.
Gli inizi dell'attività risalgono ad almeno un decennio prima: fra la produzione grafica dell'artista, il quale, peraltro, già in questo periodo frequentava l'accademia del disegno come maestro senza nomina e senza soldo (Napoli Signorelli, 1922), sono infatti un foglio con l'Assunzione della Vergine (Napoli, Società di storia patria, inv. 10787), copia d'una tela del Solimena, che reca sul verso "Antonio Dominici 18 apr. 1759" (Causa Picone, 1974, p. 57" cfr. ad Indicem per altri disegni, attribuiti ai D.) e un foglio con uno Studio di figura (oggi nel Cooper Hewitt Museum of design di New York, inv. n. 1938-88-7073), recante la scritta "Antonio Dominici f. 4 decembre 1759" (Siracusano, 1979, p. 35 n. 7).
Al D. del periodo iniziale la Siracusano (ibid.) ascrive pure un bozzetto col Trionfo di Ercole (racc. Marzano a Centurano, donato al Museo nazion. di Capodimonte), che prima si assegnava, dubitativamente, a Girolamo Starace o a Crescenzo Gamba (Acquisizioni 1960-75, Napoli 1975, scheda a cura di N. Spinosa). Un disegno d'uguale soggetto, nel citato museo newyorkese (inv. n. 1938-88-733), potrebbe essere, secondo la studiosa, una prima "idea" per il detto bozzetto.
Nel 1768 il D. esegui la decorazione a fresco della volta del teatrino di corte del palazzo reale di Napoli, raffigurante Lenozze di Poseidone e Anfitrite: distrutta nel corso dell'ultimo conflitto bellico, ma ancora visibile in una parziale documentazione fotografica, la decorazione rivela i modi della tradizione pittorica locale, dei De Mura in particolare e, soprattutto, del Bonito. Nello stesso anno il D. fu affiancato, con altri, al Bonito, per la realizzazione dei modelli pittorici degli arazzi con Storie di Don Chisciotte, commissionati dalla corte a Pietro Duranti per l'arredo di alcuni ambienti della reggia di Caserta.
Sono senza dubbio queste del 1768 le prime commissioni reali, e lo conferma una lettera del D. stesso, del dicembre 1776 (Arch. di Stato di Napoli, Casa Reale antica, fs. 1547), dov'egli appunto ricorda di "aver servito la M. del Re per lo spazio di anni dieci, ne quadri degli arazzi, nella sala del teatro ...". Il D. forni il suo primo modello pittorico, raffigurante Don Chisciotte bastonato da un vetturale geloso (oggi nel palazzo reale di Napoli), nel 1769 (Siracusano, 1979, p. 35); nel 1773 firmò, e datò, il secondo modello, con Don Chisciotte accolto da Don Antonio sulla spiaggia di Barcellona (Napoli, Museo e Gallerie naz. di Capodimonte) e due anni dopo il terzo, e ultimo, con Don Chisciotte che scrive una lettera a Dulcinea (Napoli, museo di villa Pignatelli; Siracusano, 1979, p. 36).
Negli anni 1775-76 l'artista fu impegnato nella decorazione di sovrapporte e altro per diversi ambienti del palazzo reale di Napoli (Pane, 1956, pp. 218 ss.; Siracusano, 1979, p. 37). Il pittore, come dichiara egli stesso nella lettera del '76, a quel tempo aveva assolto a diversi altri incarichi per la corte, dei quali è oggi testimonianza soltanto nelle carte d'archivio: aveva dipinto "parecchie carozze e carettiglie per la Real Cavallerizza" ed era in grado di "servire la M. del Re in tutte le specie di pitture, come prospettive paesi frutti fiori cacciagioni ed altro". Le fonti ricordano altresi la sua attività di ritrattista di corte (Siracusano, 1979, p. 37).
Il 29 genn. 1777 il D., che nella lettera citata aveva espresso la supplica di essere ammesso fra i "direttori" dell'Accademia del disegno, ebbe la nomina di maestro senza soldo; gli verrà assegnata la somma di 80 ducati annui nel 1782 (un aumento di 15 ducati annui gli sarà poi concesso nel 1790). Non ottenne invece mai la carica da lui ambita di direttore dell'accademia (nel 1789 rifiutò di partecipare al concorso bandito per il posto rimasto vacante, deluso che non gli fosse stato concesso per anzianità e per i suoi meriti: Borzelli, 1900, p. 125). L'8 febbr. 1777 intanto era stato "ammesso nel numero dei pittori" della reggia casertana, sotto le direttive dell'architetto Carlo Vanvitelli (Siracusano, 1979, p. 38).
Vi affrescò, dagli inizi del 1779 fino al dicembre 1781, la camera da letto della regina con un'Allegoria della fecondità (distrutta); il salottino degli specchi antistante il boudoir di Maria Carolina, con Divinità dell'Olimpo; la prima anticamera (sala da ricevimento) e la terza (sala da pranzo), rispettivamente rappresentando l'Allegoriadella primavera e l'Allegoria dell'autunno con l'incontro tra Bacco e Arianna, particolarmente riuscita, quest'ultima, "per quel felice ritorno ad una natura delicatamente lussureggiante, ricca di teneri umori cromatici", dove il mito è "sentito con l'animo di un 'pastore' d'Arcadia" (Spinosa, 1971, p. 519). Sono, le due allegorie delle stagioni, i "risultati più brillanti della sua opera di raffinato decoratore in chiave moderatamente rocaille, nella quale... si contemperano elementi derivati da modelli del Bonito e del De Mura con soluzioni formali di chiara intonazione batoniana" (Spinosa, in Civiltà del 700…, 1980, p. 434, e 1987, pp. 132 s.).
Il Gallo (Siracusano, 1979, Append. II) scrive che egli "dipingeva. bene il ritratto e il paese a Napoli a secco a casa del Principe De Roccella". Poco dopo il 1780 l'artista esegui affreschi (non visibili oggi) nel palazzo del marchese Berio, in via Toledo (potrebbe riferirsi a quest'intervento, secondo un'ipotesi della Siracusano [1979, p. 40], un raffinato bozzetto raffigurante Le nozze di Psiche in Olimpo, comparso tempo addietro sul mercato antiquario romano, nel quale è un'affinità di modi con le composizioni casertane).
Per la chiesa napoletana di Regina Coeli, dove già nel 1779 aveva, fra altro, dipinto due Virtù ai lati dell'organo della navata, realizzò nel 1781 la grande tela con la Resurrezione di Lazzaro, sulla controfacciata, ove, a richiami del Bonito, si uniscono suggestioni del Batoni e del Giaquinto (ibid., p. 40; cfr. anche Spinosa, 1971, p. 518).
Nel 1791 firmò e datò un dipinto raffigurante una Santa monaca (Caserta, chiesa di S. Sebastiano; Spinosa, 1987, pp. 84, 125). Sulla produzione del D. paesaggista e vedutista è ancora da indagare: si conoscono soltanto una tela con la Veduta del molo di Napoli, con sullo sfondo il Vesuvio eruttante, firmata e datata 1773 (Cadice, Capitania General de S. Fernando, in deposito dal Museo del Prado di Madrid), e un rame con Ilsepolcro di Virgilio, firmato e úatato 1784 (Napoli, Museo naz. di S. Martino). In entrambe sono evidenti le influenze della cultura figurativa francese, di J. Vernet o di P-J. Volaire, e di vedutisti locali come C. Bonavia. Nel 1788 dipinse, come risulta da fonti d'archivio, la Veduta di Caserta (Borzelli, 1900, p. 125). Fu autore, infine, di quadri che sono documento di cerimonie di corte.
Raffigurò un corteo, in occasione del matrimonio (1768) di re Ferdinando con Maria Carolina. Nella reggia di Napoli si conservano inoltre, due piccole tele rappresentanti rispettivamente La celebrazione delle nozze, avvenute il 12 ag. 1790, delle principesse Maria Teresa e Maria Luisa, con Francesco arciduca d'Austria l'una e Ferdinando III granduca di Toscana l'altra, nella Real Cappella, e Le principesse che discendono lo scalone del palazzo reale di Napoli dopo il rito nuziale, in passato assegnate entrambe al D.; oggi solo per quest'ultima si mantiene l'attribuzione (cfr. Siracusano, 1979, p. 41 n. 29).
Il D. morì a Napoli nel novembre 1794, senza lasciare figli (Le arti figurative, 1979, p. 324).
Erede ab intestato fu il fratello Giuseppe (cfr. ibid., la quietatio del 17 nov. 1794: la vedova dichiara che le è stata restituita la dote di 300 ducati). Secondo le notizie nel ms. di A. Gallo, non sempre attendibili invero, Giuseppe sarebbe nato a Scilla nel 1745, avrebbe svolto anch'egli attività di pittore a Napoli, e per cinque anni a Messina, e sarebbe morto il 19 dic. 1811.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Casa Reale antica, fasci 1547, 1550; Palermo, Bibl. nazionale, Mss. XV H. 19: A. Gallo, A. e Giuseppe De Dominici fratelli pittori, ff. 1340-1342; Ibid., Mss. XV H. 17: Id., Notizie su A. D., ff. 1009-1010; L. Vanvitelli iunior, Vita di L. Vanvitelli, a cura di M. Rotili, Napoli 1975, p. 185; G. Sigismondo, Descriz. della città di Napoli..., Napoli 1788, I, p. 171; II, p. 321; C. Celano, Notizie del bello ... [1692] con aggiunzioni di G.B. Chiarini [1856-60], Napoli 1970, ad Indicem; C. Minieri Riccio, La Real Fabbrica degli arazzi nella città di Napoli dal 1738 al 1799, Napoli 1879, pp. 35, 39; A. Borzelli, L'Accademia del disegno a Napoli..., in Napoli nobilissima, IX (1900), pp. 72 s., 110, 125; Id., L'Accademia del disegno durante la prima restaurazione borbonica, ibid., X (1901), p. 4; G. Cosenza, G. Bonito, ibid., XI (1902), p. 123; P. Napoli Signorelli, Gli artisti napol. della seconda metà del sec. XVIII, ibid., XXXI (1922), p. 117; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori sicil. dal Seicento al Primo Ottocento, Palermo 1940, p. 44; C. Lorenzetti, L'Accademia di belle arti di Napoli, Firenze s.d. [ma 1952], pp. 29, 31 s., 40, 43, 45; R. Pane, Ferdinando Fuga, a cura di R. Mormone, Napoli 1956, pp. 200, 205, 218, 223 s., 226; F. De Filippis, Il palazzo reale di Napoli, Napoli 1960, pp. 82, 85, 87, 103; N. Spinosa, La pittura napol. da Carlo a Ferdinando IV di Borbone, in Storia di Napoli, VIII, Napoli 1971, pp. 518 s.; Id., L'arazzeria napol., Napoli 1971, pp. 28, 37, 42, 46, 74 s.; M. Causa Picone, Disegni della Società napol. di storia patria, Napoli 1974, pp. 5, 26, 32, 57 s., 134; J. Urrea Fernández, La pintura ital. del siglo XVIII en España, Valladolid 1977, pp. 326 s.; C. Siracusano, A.D., pittore sicil. alla corte dei Borboni di Napoli, in Quad. dell'Istituto di storia dell'arte medievale e moderna ... Università di Messina, III (1979), pp. 33-49; Le arti figurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1979, ad Indicem; Civiltà del Settecento a Napoli... (catal.), I-II, Firenze 1979-1980, ad Indices; N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, Napoli 1987, pp. 29, 49, 57, 64, 84, 92, 96, 125, 132 s., 136, 152 s., 165, 439 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, pp. 413 s.; Diz. encicl. Bolaffi, IV, Torino 1973, p. 181.