DOLCIATI, Antonio
Le scarse notizie sulla vita del D. si ricavano principalmente dalla lettera prefatoria a una sua opera intitolata De tribus regulis s. Augustini. Si apprende così che nacque a Firenze, il 6 sett. 1476, e fu chiamato Francesco. Sin dall'infanzia, frequentò la scuola di canto che aveva sede presso il duomo e, contemporaneamente, ebbe i primi insegnamenti grammaticali nel monastero dell'Assunta di S. Gallo, dove, sotto la guida della superiora e fondatrice del convento, suor Antonia Tanini, venne indirizzato alla vita religiosa. Il 19 maggio 1492, giovanissimo, pronunciò i voti monastici nello stesso convento di S. Gallo, entrando quindi nell'Ordine degli eremitani agostiniani della congregazione di Lombardia. In omaggio a suor Tanini, che era stata per lui "madre et maestra nella vita d'Iddio", il D. prese il nome di Antonio. Dello stesso monastero di S. Gallo divenne poi priore nel 1518; fu anche per tre volte visitatore generale della sua congregazione.
Il D. morì a Firenze nel 1530, forse a causa della peste e durante l'assedio della città da parte delle truppe imperiali, quando, fra l'altro, fu distrutto il convento e buona parte del quartiere di S. Gallo.
La sua fama è legata soprattutto alla questione della riforma del calendario romano. Infatti il calendario giuliano, di cui si serviva anche la Chiesa, non risultava più esatto, essendo rimasto indietro sul vero corso del Sole di circa 10 giorni. Il problema era quindi di stabilire la reale durata dell'anno solare e, inoltre, di risolvere anche la questione del calcolo del ciclo lunare, sulla base del quale era stata fissata, sin dal primo concilio di Nicea, la celebrazione della Pasqua. Infatti, lo stesso calendario lunare risultava inesatto, in quanto posticipava di 500 giorni il computo del plenilunio. Fu soprattutto nel corso del Quattrocento e in particolare per gli studi di Giovanni Müller, detto Regiomontano, promossi dal papa Sisto IV, che incominciò una sistematica riflessione sul problema della riforma del calendario. Anche a Firenze, in particolare grazie alle ricerche del monaco cistercense Basilio Lapi, si erano sviluppati, proprio negli stessi anni del D., gli studi sulle eventuali modifiche da apportare al calendario, al punto che nel 1514 un certo Raggio da Firenze aveva pubblicato un'opuscolo sulla questione. In questo clima culturale (nel quale si distinguono anche il domenicano Giovanni Tolosani da Colle, il carmelitano Giuliano Ristori e il camaldolese Filippo Fantoni), particolarmente attento alla questione astronomica e alla riforma del calendario, si inserisce l'attività speculativa del D. (seppure con fini essenzialmente teologici), incoraggiato in ciò dal generale del suo Ordine, Egidio da Viterbo, e dallo stesso papa Leone X. Il D., infatti, non era né un astrologo, né un matematico, bensì solo un profondo conoscitore del computo ecclesiastico. Nei suoi contributi letterari sulla questione della riforma del calendario si attenne infatti strettamente alle tradizioni della Chiesa, fornendo soluzioni, che, pur essendo egli privo di cognizioni scientifico-astronomiche, risultarono più utili e complete.
La prima delle opere scritte dal D. sulla questione del calendario è il Defestis mobilibus ac Astronomia clericali, composta nel 1508, iniziatasi a stampare nel 1513 a Reggio Emilia e finita a Firenze nel 1514. Questa trattazione, dedicata ad Egidio da Viterbo, inserendosi fra gli studi sulla riforma del calendario romano, voleva offrire una guida più precisa possibile agli ecclesiastici circa il computo per la celebrazione della Pasqua e delle altre feste mobili da essa dipendenti. Sembra anche che il D. abbia acconsentito alla pubblicazione di questo testo solo cinque anni dopo la sua stesura, in occasione del V concilio lateranense, apertosi nel 1512, che, fra l'altro, avrebbe dovuto affrontare l'annosa questione della correzione del calendario, e dove l'opuscolo doveva essere presentato dallo stesso dedicatario dell'opera, Egidio da Viterbo. Il De festis si divide in tre parti: la prima contiene dieci inquisizioni tutte relative al problema della celebrazione della Pasqua come festa mobile o fissa, e da quale giorno e da quale mese si debba cominciare l'anno; particolare interesse rivestono i quesiti nono e decimo, in cui il D., affrontando la questione se si possa stabilire o meno un ciclo uniforme, in base al quale vi sia un ritorno periodico delle feste mobili, propone di adottare un ciclo di 532 anni. Nella seconda parte il D. espone dieci tavole relative al computo della Pasqua e delle feste da essa dipendenti, mentre nella terza affronta in cinquanta capitoli vari argomenti teologici di natura astronomica, sempre relativi al computo ecclesiastico. L'importanza di quest'opera è data dal fatto che il D. vi stabilisce l'esatta lunghezza dell'anno lunare e, inoltre, accogliendo le tesi dell'astronomo Pellegrino Prisciano, fissa anche la durata dell'anno tropico, dichiarando la possibilità di correggere in questo modo l'errore nel calcolo dell'equinozio e del ciclo lunare. Una parte del De festis, con il titolo Comptum solis et lunae, cum ea, quae ad Clericos spectat, astronomiae Ratione, ha pure avuto una sua tradizione manoscritta autonoma rispetto a tutta l'opera. Alcune tesi del D., contenute nel De festis, richiamarono subito l'attenzione di un altro studioso del calendario, il domenicano Giovanni Maria Tolosani (che già aveva scritto, dedicandolo a Zenobi Acciaiuoli. il De correctione Calendarii pro vera celebratione Paschalis), che indirizzò al D. una Epistola dal titolo: De computatione annorum Domini, pubblicata a Firenze nel 1514, in cui affrontava la questione del computo del giorno della passione di Cristo, degli anni della sua vita e quella della convenienza di iniziare l'anno da un giorno anziché da un altro.
L'opera più importante scritta dal D. sull'argomento è il De Calendarii correctione, conservata in un manoscritto autografo nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, XIX. 11, inviata il 13 dic. 1514 a papa Leone X, in risposta alle sollecitazioni dello stesso pontefice circa la soluzione del problema del calendario romano. Lo scritto del D. si fonda sulla discussione di venticinque proposizioni, di cui sono andate perdute le prime quattro e parte della quinta, anche se i due indici, delle rubriche e dei nomi, ci permettono di conoscere l'argomento delle parti mancanti. Lo scopo che il D. si era proposto con la compilazione di questo studio è da lui brevemente spiegato alla fine dell'opera, in cui, rivolgendosi direttamente al papa, parla del significato della sua trattazione.
L'esposizione del D. in quest'opera è fondata sulla base dell'autorità dei testi della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, da cui l'autore desume la fondamentale struttura dei suoi ragionamenti. In tal modo il D. delinea anche un interessante quadro di storia religiosa, con particolare riferimento alle tradizioni ebraiche e cristiane relative alle celebrazioni delle varie feste religiose, con specifica attenzione alle festività mobili. Si propone, in tal modo, di confutare le opinioni degli studiosi precedenti, incominciando da quelle di Tolomeo e di Ipparco, per arrivare a quelle, più recenti, di Paolo di Middelburg e di conseguenza anche a quelle che la Chiesa stessa aveva, di volta in volta, elaborato. Ad esempio, una delle convinzioni da cui il D. parte per i suoi ragionamenti era quella che il concilio di Nicea non avesse inteso stabilire delle regole assolutamente vincolanti riguardo al computo ecclesiastico, bensì avesse lasciato la possibilità di operare delle correzioni sulla base dell'esperienza. Le principali proposte che il D. fece relativamente alla correzione del calendario furono quelle di ricondurre l'equinozio di primavera al 20 marzo, di eliminare 10 giorni dal calendario nello spazio di quarant'anni, lasciando sempre comuni quelli bisestili; di correggere il ciclo lunare calcolando esattamente la durata della lunazione e togliendo quattro giorni per cento anni, aumentando di quattro unità tutti gli "aurei numeri", ossia il ciclo di diciannove anni giuliani, con cui si stabiliva il plenilunio. Alla fine della trattazione il D. fa una Brevis additio in cui tratta della differenza fra la celebrazione della Pasqua secondo i decreti della Chiesa e secondo quelli dei Padri. Infine dà una breve tavola contenente la nota dei giorni pasquali dal 1500 al 1599. L'impegno del D. in questo campo continuò con la consegna nelle mani del papa Leone X, che si trovava a Corneto, il 25 ott. 1515, di un opuscolo intitolato De reformatione ritus celebrationis festorum (stampata poi a Firenze nel 1529), in cui sosteneva che la questione della riforma del calendario era ormai improrogabile.
Un altro settore in cui il D. esplica il suo impegno letterario è quello degli scritti di carattere religioso e teologico, che risultarono sicuramente minori di importanza rispetto ai precedenti, in quanto ricollegabili alla produzione e alla ideologia caratteristica del suo Ordine, ma ugualmente significativi per comprendere la sua preparazione culturale e il suo impegno apostolico. Il D. scrisse così i Triginta duo sermones a festo S. Andree apostoli ad festum purificationis (ms. 1730 della Biblioteca Angelica di Roma), i Sermones de Sanctis, le Prediche per tutto l'anno (autografe nel ms. Magliabechiano XXXV. 107 della Biblioteca nazionale di Firenze), El millenario, le Inquisitioni sopra e' libri de' Re et del Paralipomenon, il Psalmista mutato in laude di nostra donna: opere tutte rimaste manoscritte. Sono state stampate le seguenti opere: Ferventi orationi (Firenze 1503), Narratione de' dolori del nostro Signore Jesù Christo per noi crucifisso (Milano 1509), Vita e miracoli del glorioso San Nicola da Tolentino, composta nel 1524 e stampata a Firenze nel 1526. Compendiò pure la sua vita di s. Nicola in terza rima, aggiungendovi alcune lodi e altre pagine encomiastiche (Offitio e la Beneditione del pane) sempre in onore del santo, conservate nel ms. Gadd. 132 della Laurenziana di Firenze.
Ma il più importante degli scritti di carattere religioso è il De tribus regulis s. Augustini, opera che - come afferma lo stesso D. nella lettera prefatoria - fu composta in segno di gratitudine per le monache del convento di S. Gallo e in omaggio alla memoria di suor Antonia Tanini, morta nel 1501, di cui sono raccontati i fatti salienti della vita. Il testo, conservato nel già ricordato ms. Gadd. 132, fu completato nel 1528 e fu scritto in volgare perché potesse essere letto da un pubblico più vasto. Lo scopo del D. era infatti di portare un ulteriore contributo di fede e di conoscenza della propria congregazione monastica, mentre l'età avanzata e le gravi malattie lo rendevano presago di una morte vicina. L'opera è divisa in due parti: nella prima è trattata l'origine e la diffusione degli eremiti di s. Agostino, nella seconda è illustrato il significato delle regole fondamentali che sono alla base di questo Ordine. In particolare, il D. si diffonde ampiamente nella ricostruzione storica delle vicende della sua congregazione religiosa, della quale esalta le opere e le benemerenze, l'impegno apostolico, le grandi figure di santi, mettendo in rilievo l'attenzione con cui i papi avevano seguito nel tempo l'espansione e la crescita dell'Ordine nel mondo.
Al D. è stata anche attribuita un'opera di carattere storico, una Storia dei Goti, conservata manoscritta nella Bibl. Laurenziana di Firenze.
Fonti e Bibl.: J. Pamphilius, Chronica Ordinis eremitarum S. Augustini, Romae 1581, p. 104; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum, Florentiae 1589, p. 17; T. Gratianus, Anastasi Augustiniana, Antwerpiae 1613, p. 34; D. Gandolfi, Dissertatio historica de ducentis celeberrimis augustinianis scriptoribus, Romae 1704, p. 64; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 58-59, e le relative Giunte di A. M. Biscioni, ms. in Bibl. naz. di Firenze, Magliabechiano IX. 70, cc. 1185rv; L. Ximenes, Introduz. istorica al fiorentino Gnomone, in Del vecchio e del nuovo Gnomone fiorentino, Firenze 1757, pp. CIV-CV; J. F. Ossinger, Bibliotheca augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1768, pp. 306-307; A. M. Bandini, Supplementum catalogus codicum latinorum Bibl. Medicae Lautentianae, II, Florentiae 1797, coll. 144-148; G. W. Panzer, Annales typografici, VII, Norimbergae 1799, p. 41; J. Lanteri, Postrema saeculi sex Religionis augustinianae, II, Tolentini 1858-59, p. 38; La Sfera di L. Dati. La nuova Sfera di G. M. Tolosani..., a cura di G. C. Galletti, Firenze 1859, pp. XXI-XXII; D. Marzi, La questione della riforma del calendario nel V concilio lateranense, Firenze 1896, ad Indices, e la relativa rec. di C. Del Lungo, in Arch. storico italiano, s. 5, XVIII (1896), p. 431; L. von Pastor, Storia dei papi, IV, 1, Roma 1926, p. 538; D. A. Perini, Bibliographia augustiniana, II, Firenze 1931, pp. 36-37; L. Thorndike, Ahistory of magic and experimental science, IV, New York 1941, p. 257.