DIEDO, Antonio
Nacque a Venezia il 4 febbr. 1703 da Girolamo, di antica famiglia appartenente al patriziato, ed Emilia Garzoni; alla morte del padre, nel 1707, fu adottato e nominato erede dallo zio Angelo; nel 1720 passò sotto la tutela del fratello Pietro, primicerio di S. Marco, che gli fornì un'educazione tradizionale e a forte impronta religiosa. Entrato nel Maggior Consiglio il 24 febbr. 1728, avendo cavato la balla d'oro, iniziò la carriera con la nomina a savio agli Ordini nel giugno dello stesso anno; il 21 settembre fu nominato podestà a Vicenza, dove fronteggiò con impegno il dilagare degli omicidi e il crescente contrabbando di tabacco, sollevò la sorte dei dazi e cercò di risolvere l'annoso problema dei confini con l'Austria. Nel 1732 un incidente rischiò di bloccare la sua ascesa politica: per aver troppo vivacemente protestato contro la nomina a podestà di Verona del fratello Francesco, che depauperava il magro patrimonio familiare, venne rinchiuso nei Piombi per 20giorni, per ordine degli inquisitori di Stato. Il 23 marzo 1737 fu eletto savio di Terraferma: in questo ufficio si occupò delle accoglienze ufficiali di personaggi illustri a Venezia e dei titoli usati dai sovrani ecclesiastici e secolari nei rapporti con la Serenissima e redasse in proposito anche due scritture; dal luglio 1741 al settembre 1744 venne designato quattro volte savio di Consiglio, il 6 febbr. 1745 venne eletto nobile (a titolo privato) a Parigi per sostituire il defunto Girolamo Corner in attesa del trasferimento a quella carica di Andrea Tron: qui osservò attentamente, difendendo la consueta neutralità veneziana, le mosse diplomatiche delle potenze impegnate nella crisi della successione austriaca, tutelò gli interessi del naviglio veneto colpito dai corsari, seguì le controversie per la questione delle "liste". Nel settembre 1745 venne nominato ambasciatore a Vienna, prendendo possesso della carica alla fine dell'anno successivo.
I rapporti di Venezia con l'Austria erano difficili per il rifiuto della Repubblica di schierarsi a fianco di Maria Teresa nella guerra per la successione di Carlo VI: divieti di estrazione di biade per l'Austria, una supposta inclinazione del D. per la corte francese, le sue informazioni favorevoli alle operazioni militari francesi in Italia e, infine, i tentativi austriaci di potenziare il porto di Trieste, resero freddi i rapporti con la corte asburgica. Le vertenze confinarie continuavano logoranti nel Vicentino e sul fiume Tartaro e l'Austria premeva sulla Repubblica con "rosicchiamenti ... clandestini"; solo poco prima della fine della sua missione sembrò profilarsi una soluzione di compromesso per i confini con la nomina di due commissari veneti. Tra gli altri problemi sul tappeto v'era pure l'annosa questione del patriarcato di Aquileia: il D. sostenne le più rigide posizioni veneziane facendone un "punto d'onore personale" ma, alla fine, senza alcun risultato.
Rientrato in patria il 27 nov. 1749, venne nominato ambasciatore straordinario per porgere le congratulazioni della Repubblica a Francesco di Lorena, neo-eletto imperatore; il 22 maggio 1751 fu nominato bailo a Costantinopoli, carica di grande prestigio e profitto economico, cui aveva già aspirato vanamente nel 1747 in concorrenza con Andrea Da Lezze. L'incarico gli giunse propizio, sia perché era uno dei posti di maggior prestigio nel cursushonorum dei patrizi, sia perché gli offriva l'opportunità di ristorare le sue finanze, esauste dopo Vienna anche a causa di un intacco di 10.000 fiorini operato dal suo maggiordomo; ma la realtà deluse le sue aspettative, perché ormai il declino nel commercio orientale aveva diminuito le entrate del rappresentante veneziano in Costantinopoli. Le difficoltà di negoziare coi ministri turchi, sempre avidi di quel denaro che tanto faceva difetto al bailo, la peste, gli incendi, i terremoti, i tumulti quasi quotidiani a Costantinopoli, amareggiarono la sua esistenza, del resto poco gratificata da importanti negozi diplomatici.
Con un impero ormai avviato anch'esso ad irreparabile declino, il D. trovò difficoltà a tutelare gli interessi, essi pur declinanti, di Venezia: protestò per le azioni dei corsari algerini e tunisini, spesso attivi anche nell'Adriatico, sollecitò il Senato ad una più attiva manutenzione delle fortezze dalmate, protesse i sudditi veneti, anche se spesso deplorò che fossero "individui spregievoli". Tra le questioni più importanti del suo bailaggio vi fu il problema del tributo pagato da secoli da Ragusa a Venezia per la navigazione nel Golfo e che ora la piccola Repubblica, nella nuova realtà che vedeva l'Adriatico percorso da flotte di ogni nazione, tentava di rifiutare; la fermezza del D. consentì di mantenere inalterato il diritto di Venezia. Alla sua attività si deve anche il restauro della casa bailaggia a Costantinopoli, ridotta in rovina da uno dei frequenti incendi.
Rientrato in patria, già il 29 marzo 1754 fu eletto savio del Consiglio e in questa carica venne più volte confermato, restando così per un trentennio ai vertici del potere politico; a più riprese ricoprì anche altri incarichi, tra cui savio alla Mercanzia, savio alle Acque, savio all'Eresia, deputato alla Provvision del denaro. In occasione della crisi nata dal decreto del 7 sett. 1754, che proibiva il licenziamento di indulgenze a Roma senza attestazione degli ordinari e obbligava i vescovi a concedere direttamente le dispense, si oppose al consultore Antonio di Montegnacco, principale animatore del decreto; anche nella questione della chiesa di S. Giorgio dei Greci (1751-59), cui Venezia aveva concesso di nominarsi un vicario senza l'intervento papale, il D. si mostrò vicino alle posizioni curiali. Egli avversò "gagliardamente" nel 1764 gli accordi con i Cantoni barbareschi, che assicuravano tranquillità ai legni veneti in cambio di somme di denaro, si oppose alle leggi del 1767 sui beni ecclesiastici e in genere contrastò l'indirizzo giurisdizionalistico della seconda metà del '700.
In occasione della "crisi Angelo Querini" del 1761-62 fu favorevole all'avogadore relegato nel castello di S. Felice a Verona, un po' per risentimenti personali un po' per nostalgia di un potere aristocratico aperto a tutti i nobili. Durante la successiva "correzione" del 1774-75 si oppose alla chiusura del Ridotto, la pubblica casa da gioco, e pagò questa posizione favorevole ai "barnaboti" con la mancata rielezione a savio di Consiglio. Ferma la sua opposizione in Maggior Consiglio alla parte dei "correttori" del 4 febbr. 1775 per aggregare quaranta famiglie nobili di Terraferma alla veneta nobiltà: egli sostenne che questo provvedimento tendeva a "cambiare totalmente la essenza della Repubblica", indeboliva lo Stato, deprimeva "l'essenza dell'aristocrazia" riposta "non nel numero immenso ma nel qualificato", screditava la Repubblica nell'eventualità di scarsezza di aspiranti. Nonostante la sua età avanzata, il prestigio delle molte cariche ricoperte ed il favore di molti colleghi verso di lui, gli inquisitori di Stato non gli perdonarono di aver proposto, in violazione delle leggi, di non votare la parte dei "correttori" e gli imposero il soggiorno obbligato nel suo palazzo di S. Fosca. Egli obbedì, ritirandosi in campagna sino all'aprile 1775, poi riprese senza scosse la sua partecipazione alla vita politica, ricoprendo con regolarità, per quasi dieci anni, la carica di savio di Consiglio.
Il D. morì a Venezia il 26 febbr. 1785.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Libro d'oro nascite, XII, cc. 124 s., 128v, 150 s.; Ibid., Sezione notarile, Testamenti, Notaio G. Garzoni Paulini, b. 800, II, cc. 160v-192v; 801, c. b. 16; Testamenti chiusi, Notaio M. M. Uccelli, b. 1038; Notaio P. Pensa, b. 897; Segretario alle Voci, Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 26, c. 218r; Ibid., Elezioni del Senato, reg. 22, cc. 9v, 10v, 17v, 28v; reg. 23, cc. 0v-1v, 6v, 77v; reg. 24, cc. 2-3v, 50v, 73r, 88rv, 104v-105r, 116v, 187v; reg. 25, cc. 4v, 5v, 45rv, 116rv; reg. 26, c. 218v; Ibid., Senato, Dispacci Vicenza, filza 92; Ibid., Inquisitori di Stato, Annotazioni, reg. 531, 22 gennaio, 8 febbr. 1732; reg. 538, 8 apr. 1735; Ibid., Senato, Commissioni, filza 21, 6 marzo 1745; Ibid., Corti, reg. 122; Ibid., Dispacci Francia, filza 236; Ibid., Germania, filze 253 ss.; Ibid., Roma expulsis, filza 29, c. 80; Ibid., Rettori, reg. 106; Ibid., Dispacci Costantinopoli, filze 203 ss.; Ibid., Provveditori alla Sanità. Necrologi, 1784; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 925 (= 8594): M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, ad vocem; Ibid. Mss. It., cl. VII, 1763 (= 7802): Discorsi di precedenza, officie feste 1597-1794, Scrittura di A. D. Savio di Terraferma; Ibid., Mss. It., cl. VII, 715 (= 7483): N. Balbi, Relazione delle cose occorse e delle dispute tenute in Maggior Consiglio per la Correzione dell'Ecc.mo Consiglio di Dieci e delli suoi magistrati interni, seguita l'anno 1762 estesa in dodici lettere da N. B. P. V.; Ibid., Mss. It., cl. VII, 1275 (= 7285): P. Franceschi, Istoria della Correzione del C. X., MDCCLXI, scritta da Pietro Franceschi segretario de' medesimi correttori; Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Correr 1070: Lettere del n. h. A. D. podestà di Vicenza; Ibid., Mss. Gradenigo-Dolfin XL (= 191): Onori et accoglimento fatto a Pontefici, Imperatori, Re, Principi ecclesiastici e secolari et a loro più qualificati oratori venuti a Venezia ... Scrittura di Antonio Diedo; Ibid., Mss. PD 635 C/II: Dispacci di A. D. bailo a Costantinopoli al n. h. G. M. Balbi provv. gen. in Dalmazia e Albania dall'anno 1751, 8 febbraio, all'anno 1752, 18 dicembre;Ibid., Mss. Cicogna MCDXXIV (= 2650): N. Balbi, Relaz. delle cose occorse in Maggior Consiglio nella Correzione dell'anno 1775 e delle dispute in esso tenute per la nuova aggregazione alla veneta nobiltà estesa in X lettere da N. B. P. V. Con inserte le parti proposte, documenti e carte nell'opera stessa citate, pp. 118 s., 199-214; Ibid., Mss. Cicogna MCVIII/XIX (= 2499), pp. 32 s.; Ibid., Mss. Cicogna MMMDLI (= 2936), VII: Copia della commissione data al bailo A. D. dal doge Piero Grimani; Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Archivio della nunziatura di Venezia, 9d, ff. 24, 217 s., 227, 234 s., 239; Vienna, Staatsarchiv, Staatskanzlei, Venedig, Carteggi di inviati imperiali a Venezia, cc. 178 s., 186, 188 ss., 1192, 196, 201 ss., 214; Omaggio delle Muse all'Ill.mo ed ecc.mo signor A. D. podestà di Vicenza, in occasione d'aver terminato il suo gloriosissimo reggimento, Vicenza 1730; B. A. Sara, Le glorie de' figli ne' padri e negli avi risorti. Per occasione delle nozze di s. ecc. il signore A. D. con la n. d. signora Adriana Michiel, Venezia s.d.; A. Neumayr, Illustrazione del Prato della Valle ossia della piazza delle statue di Padova, I, Padova 1807, p. 31; A. M. Bettanini, Benedetto XIV e la Repubblica di Venezia. Storia delle trattative diplomatiche per la difesa dei diritti giurisdizionali ecclesiastici. Decreto veneto 7 sett. 1754, Milano 1931, p. 110; A. S. Piemonte, A. D. (1703-1785). Ricerche sul patriziato veneziano del Settecento, tesi di laurea, Università di Padova, facoltà di magistero, a.a. 1964-65 (con ulteriore bibliografia specifica).