ANTONIO di Vincenzo
Architetto, nato verso il 1350 o poco dopo, morto fra l'aprile del 1401 e il settembre del 1402; operò nella città e nel territorio di Bologna. Tra il 1382 e il 1384 è incaricato dal comune di lavori di fortificazione in città e nel contado; nel 1384 è preposto con Lorenzo da Bagnomarino alla direzione dei lavori della Loggia della Mercanzia; indi è scelto, assieme con Lorenzo, per la perizia e per il disegno del Palazzo della società dei notai che a lui solo affida la costruzione delle finestre prospicienti la Piazza maggiore. Tra il 1385 e il 1388 continua A. a occuparsi del restauro o del rinnovo di fortificazioni nel contado bolognese, innalzando la bastia di San Procolo (1386), ricostruendo la rocca della Pieve di Cento (1387) e nell'anno successivo restaurando quella di S. Giovanni in Persiceto. Nel 1386 è incaricato di costruire nel palazzo di Re Enzo alcuni locali per la Camera degli atti; infine nel 1390 viene eletto capomaestro della basilica che doveva essere dedicata a S. Petronio. Eseguitone il disegno e un modello in mattoni, iniziava e proseguiva la grande opera facendo viaggi a Firenze, a Milano (1393) e a Venezia (1394) per provvedere marmi e lavoranti. Nel 1397 dava principio alla sagrestia e al campanile di S. Francesco. Dai disegni tracciati per questo, tra il 1396 e il 1400, A. appare in cerca di uno schema nuovo, tra quello tradizionale di campanile romanico a torre con paraste continue, e schemi a più piani con grandi finestre che ricordano la bella torre della Cattedrale fiorentina. Questi disegni hanno interesse come testimonianza dello spirito di assimilazione, che, non disgiunto da un notevole senso di equilibrio e da grande abilità costruttiva, si rivela soprattutto nella massima opera dell'architetto bolognese. Per quanto, infatti, alla morte di A. la basilica petroniana sia rimasta interrotta alla seconda campata e sia stata proseguita nei secoli successivi in modo probabilmente non conforme al piano primitivo, pure essa rivela nello schema planimetrico delle vòlte, nel tipo del pilastro, nell'organismo costruttivo, nella semplicità grandiosa dell'insieme e nella decorazione una così sapiente e armoniosa fusione di elementi derivati dalle diverse chiese monastiche bolognesi, insieme con forme e concetti sia nostri sia stranieri, da rimanere una delle più belle e significative creazioni del gotico italiano.
Bibl.: A. Venturi, Storia dell'arte it., VIII, i, Milano 1923 (con la bibliografia precedente).