BORBONE, Antonio di
Figlio primogenito di Carlo duca di Vendôme e di Francesca di Alençon, nacque il 22 aprile 1818. Duca di Vendôme e governatore della Piccardia dalla morte del padre (1537), sposava il 20 ottobre 1548 Giovanna, figlia di Enrico d'Albret re di Navarra, divenendo, alla morte di questo, re di Navarra (giugno 1555). Da quel momento la sua attività fu completamente dominata dalla bramosia di riacquistare la Navarra spagnola, occupata da Ferdinando il Cattolico nel 1511 e da allora non più ritornata in possesso degli Albret: e questo rimase l'unico movente costante e sicuro della sua condotta, in mezzo a tutte le oscillazioni e i mutamenti, per il rimanente incessanti e bruschi, del suo atteggiamento politico e religioso. In un primo tempo, egli cercò di realizzare le sue aspirazioni venendo a trattative dirette con la Spagna: si spinse anzi tant'oltre in esse da promettere di combattere il re di Francia, pur che gli fosse restituita la Navarra spagnola o, in cambio, gli fosse concesso il ducato di Milano o il regno di Napoli. I negoziati, iniziatisi nel luglio-agosto 1555, si protrassero con alterne vicende sino all'estate del 1557, imperniandosi sulla questione del ducato di Milano, per cui Antonio di B. era ormai disposto a sacrificare anche il Béarn e la sua Navarra; mentre Filippo II d'altra parte tra il dicembre 1556 e l'aprile 1557 si decideva per la pronta e immediata cessione del Milanese. Ma, sia per l'intervento di Carlo V assai meno incline del figlio a sacrificare i possessi spagnoli d'Italia, sia per il mutare della situazione generale dopo la battaglia di San Quintino, sia per l'indecisione di Antonio, si venne infine a rottura piena d'ogni trattativa. E Antonio, che aveva già preso parte alle campagne di Fiandra contro Carlo V; che tra il 1551 e il 1554 era stato anche per due volte luogotenente generale di Enrico II di Francia presso l'esercito, si riavvicinava al suo re, combattendo nell'estate 1358 contro gli Spagnoli, e cercando di ottenere l'appoggio di Enrico II per far trionfare le sue pretese sulla Navarra spagnola durante i negoziati di Cercamp. La pace di Câteau-Cambrésis veniva invece conclusa, senza che egli avesse potuto ottener nulla; e, falliti anche due tentativi di penetrare con la forza nel territorio spagnolo (autunno 1558-gennaio 1559), Antonio si ritrovò deluso di ogni speranza.
Se non che, poco di poi, la morte di Enrico II e l'aprirsi delle grandi lotte di religione in Francia sopravvenivano a offrirgli nuove possibilità di azione. Personalmente privo di qualsiasi profondo interesse religioso, frivolo d'altronde e amante dei piaceri, Antonio si era tuttavia avvicinato, sin dalla fine del 1557, al movimento calvinista; nell'aprile 1558 interveniva a favore di riformati parigini arrestati nel settembre precedente; nel maggio partecipava apertamente alle clamorose manifestazioni del Pré-aux-Clercs, compromettendosi così apertamente che a Roma lo si credeva già convertito alla Riforma. Di più, egli cercava d'interessare i principi tedeschi luterani a favore dei riformati francesi, irritando con ciò ancor maggiormente Enrico II, e conciliandosi invece la simpatia dei pastori francesi, dei gentiluomini calvinisti, dello stesso Calvino. In realtà, tutte le preoccupazioni di lui erano di carattere esclusivamente personale e politico: il nuovo movimento religioso, a quei giorni ormai saldamente organizzato, poteva essere per lui un'arma per accrescere il suo potere, era certamente un mezzo per lottare contro Filippo II, ed Antonio se ne serviva. Per gli ugonotti, il suo appoggio era d'altra parte, o almeno pareva, prezioso: primo principe del sangue, egli rivestiva di legittimità quello che avrebbe potuto invece sembrare un movimento sedizioso. Pertanto, alla morte di Enrico II, i calvinisti sostennero che a lui si dovesse affidare la reggenza; ma ogni speranza venne frustrata dalla sua condotta fiacca e debole. Venuto a corte, si lasciò completamente dominare dai Guisa, subendo a più riprese umiliazioni, acconciandosi infine ad accompagnare in Spagna Elisabetta di Valois, sposa di Filippo II, con esplicita rinuncia a tutte le sue pretese politiche. Né lo smacco subito valeva a determinare da parte sua una più energica attività nell'avvenire: nemmeno quando i rappresentanti delle chiese riformate in una specie di gran consiglio tenuto a Nérac (primi d'agosto del 1560) ebbero redatto per lui e per il fratello, principe di Condé, una remontrance, sostenendo i loro diritti di principi del sangue, Antonio seppe procedere ad azione risoluta. Cedette invece ad un'intimazione di Francesco II e si recò a corte (fine d'ottobre) con il fratello principe di Condé, che venne subito imprigionato e processato. La morte di Francesco II (6 dicembre 1560) riapriva nuovamente la questione della reggenza: ma, ancora una volta, Antonio, preoccupato allora di una minacciata invasione spagnola nei suoi stati, venne meno a tutte le speranze in lui riposte dal partito ugonotto e dallo stesso Calvino, lasciandosi completamente dominare e giocare da Caterina de' Medici, che riusciva a fargli accettare un posto in sott'ordine a lei e praticamente di nessun valore. Il suo atteggiamento di quei giorni rese vano il tentativo di parte della nobiltà raccolta negli stati di Orléans, la quale chiedeva che il potere venisse affidato ai principi del sangue.
In realtà, Antonio, che si era allora riavvicinato ai Guisa, sperava di poter ottenere e da loro e da Caterina de' Medici, con la sua condiscendenza, appoggio presso Filippo II per la questione della Navarra. Sì che, quando gli parve di essere tradito dai suoi nuovi, momentanei alleati, con brusco mutamento ricominciò a protestare con veemenza, a reclamare titolo ufficiale e poteri effettivi di luogotenente generale del re, a esigere l'allontanamento dei Guisa dalla corte (18 febbraio-19 marzo 1561). Ma appena ottenuti titolo e poteri nominali di luogotenente generale del regno (24 marzo), Antonio tornò a mutare, divenendo docile strumento nelle mani di Caterina de' Medici; e poiché questa riusciva a persuaderlo che il papa era disposto ad appoggiare le sue pretese sulla Navarra spagnola, Antonio si cambiò repentinamente in buon cattolico, facendo ampie dichiarazioni di ortodossia al nunzio pontificio, dichiarandosi perfino disposto a "bruciare" tutti gli ugonotti. Il suo voleva essere, come sempre, un espediente per cattivarsi l'amicizia e la riconoscenza di Filippo II: in realtà, le sue convinzioni religiose rimanevano molto incerte, ed egli contemporaneamente, ancora nel luglio, trattava con Ginevra per incarico di Caterina de' Medici, e nell'agosto accoglieva in casa sua i predicatori calvinisti convenuti per il colloquio di Poissy. Ma le crescenti pressioni della curia romana, decisa a staccare Antonio dagli ugonotti, e a sostenerlo per questo nella questione della Navarra, e l'intervento degli stessi Guisa, anch'essi larghi con lui di promesse al riguardo, riuscirono a condurre a termine la conversione di lui. Finalmente, il gennaio 1562, nell'assemblea di Saint-Germain, egli votò contro la tolleranza religiosa, cercando anche di ripetere la mossa del febbraio-marzo 1561, con l'accusare Caterina de' Medici di non rispettare i suoi diritti e con richiedere questa volta l'allontanamento degli Chatillon. Legato ormai al partito cattolico Guisa-Montmorency, pasciuto di parole da Filippo II, Antonio nel marzo si univa, in Parigi, coi "triumviri"; poi all'aprirsi della prima guerra civile assumeva il comando nominale delle truppe regie, combattendo contro i suoi sostenitori di un anno innanzi. Ferito mortalmente nell'espugnazione di Rouen (ottobre), moriva il 17 novembre 1562 a Les Andelys.
Bibl.: A. de Ruble, Le mariage de Jeanne d'Albret, Parigi 1877; id., Antoine de Bourbon et Jeanne d'Albret, I e II, Parigi 1881; cfr. H. Mariéjol, Catherine de Médicis, Parigi 1920; Van Dyke, Catherine de Médicis, I, New York 1922; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, II, Parigi 1914; id., Le royaume de Catherine de Médicis, voll. 2, Parigi 1922; id., La conjuration d'Amboise, Parigi 1923; id., Catholiques et Huguenots à la cour de Charles IX, Parigi 1924.