DELLA VALLE, Antonio
Nacque nel 1449 presso Vico d'Elsa (prov. di Firenze) da Giovanni di Antonio di Martino e da Sandra di Ottaviano di Michele.
Il padre, proprietario terriero della zona, esercitava anche l'attività di "provvisionato", cioè di soldato mercenario. Il cognome, con cui tuttavia la famiglia cominciò ad essere designata soltanto dopo il trasferimento a Firenze, derivava dal toponimo La Valle, località presso il comune di Vico in cui essa abitava ab antiquo. L'emigrazione in città avvenne attorno al 1467, anno in cui Giovanni di Antonio acquistò una casa nel popolo di S. Piero Gattolini, nel quartiere di S. Spirito. I Della Valle dovettero però attendere alcuni anni prima di vedersi riconosciuta la qualifica di cittadini fiorentini. La cittadinanza fu infatti conseguita dal D., ormai divenuto capofamiglia, con provvisione dei 15 febbr. 1477. Da questo momento egli e la sua famiglia furono iscritti nei ruoli fiscali della città e annoverati tra i cittadini, ma per conseguire il pieno godimento di tutti i diritti e i privilegi insiti nello status di cittadino sarebbero dovuti trascorrere, secondo gli statuti, altri trent'anni; essi però ottennero di ridurre questo periodo a soli cinque anni, dietro pagamento di un'indennità di 200 lire, in rate semestrali di 10 lire, che andava a favore del Monte.
A questa data il D. aveva già completato il corso di studi per diventare notaio ed aveva ottenuto anche l'abilitazione all'esercizio della professione: risalgono infatti al 1477 due dei soli quattro atti rogati da lui che è stato possibile reperire.
Dopo il conseguimento della cittadinanza, il primo documento che illustri la situazione economica e familiare del D. è la sua portata al Catasto del 1480.
In essa egli dichiarava di avere 28 anni (secondo i Libri dell'età del fondo Tratte dell'Archivio di Stato di Firenze ne aveva invece 30; risultava già sposato con Costanza di Piero Tozzi e padre di due figli in tenera età. Il suo nucleo familiare era però reso assai consistente dalla presenza di cinque fratelli (di cui tre studenti, uno soldato e uno dedito all'arte della seta), della madre vedova, di una zia parimenti vedova con tre figli, e di una lontana parente tenuta in casa per motivi umanitari. Anche il patrimonio immobiliare, situato, eccettuata la casa di abitazione, nella Valdelsa, risultava, sebbene piuttosto consistente, scarsamente produttivo, a causa di devastazioni e saccheggi subiti dalla maggior parte delle casee dei poderi ad opera delle truppe del duca di Calabria.
Al tempo della suddetta portata al Catasto il D. lavorava già nella Cancelleria del Comune di Firenze come coadiutore di Bartolomeo Scala, allora primo cancelliere.
Era questo un impiego di grado subalterno, per il quale si sceglievano però quasi sempre dei notai matricolati e poiché compito specifico dei coadiutori era quello di portare in bella copia le minute delle lettere scritte dal cancelliere e poi approvate dalla Signoria, requisito essenziale per gli aspiranti a tale incarico era considerata la bella scrittura. La prima cancelleria, di cui faceva parte il D., si occupava principalmente delle lettere da inviare all'esterno per conto della Signoria e per questo motivo essa veniva ad identificarsi con la cancelleria degli Otto di pratica (il magistrato che sovrintendeva alla politica estera), dato che la distinzione tra i due organismi era a livello di affari e di competenze, ma non di uffici e di personale. Il D. prestava servizio contemporaneamente, quindi, sia alle dipendenze dei Signori sia a quelle degli Otto di pratica; ma, per quest'ultimo incarico riceveva un soprassoldo. Nell'ambito della Cancelleria il D. era alle dirette dipendenze di Bartolomeo Scala, a nome del quale sottoscriveva le lettere anche nei periodi in cui questi era assente da Firenze (Brown, p. 141). Allo Scala il D. era legato, oltre che da rapporti di lavoro, anche da sentimenti di stima e di affetto, come dimostra il fatto che egli fu scelto come arbitro di fiducia in una controversia sorta tra i fratelli Della Valle per motivi patrimoniali.
Dal 1490 al 1492 il D. risiedette pressoché stabilmente a Napoli, avendo la Repubblica fiorentina istituito presso quella corte una cancelleria permanente. Il suo compito era quello di registrare tutta la corrispondenza tra gli Otto di pratica e gli ambasciatori fiorentini di volta in volta inviati a Napoli e di redigere per conto dei medesimi le lettere che gli avessero commissionato. II.D. svolse tale funzione prima con Pier Filippo Pandolfini e poi con Piero di Lutozzo Nasi. Essendo quest'ultimo morto durante la missione, fu il D. a darne notizia a Firenze con lettere del novembre 1491. Il D. dovette fermarsi a Napoli anche con il successore dei Nasi, tanto che un anno dopo, il 19 nov. 1492, scrisse a Piero Dovizi da Bibbiena, segretario di Piero de' Medici, di intercedere per fargli ottenere licenza di tornare a Firenze.
Per tutto il periodo della sua permanenza a Napoli il D. mantenne una duplice corrispondenza: una a carattere pubblico con gli Otto di pratica, tanto a nome suo che per conto degli ambasciatori; una di natura riservata, talvolta in cifra, con Lorenzo de' Medici: nei protocolli della corrispondenza di quest'ultimo si conservano diversi ricordi di lettere scritte al D. in questo periodo.
Tornato a Firenze, il D. ricevette l'incarico di seguire a Venezia l'ambasciatore Paolantonio Soderini, per conto del quale svolse mansioni analoghe a quelle già esercitate a Napoli. Da Venezia, appresa la notizia della morte di ser Antonio Muzi, capo della seconda cancelleria, scrisse lettere sia a Piero Dovizi sia ad Antonio Dovizi perché si adoperassero per fare ottenere a lui il suddetto incarico. Non essendoci riuscito, un mese dopo scrisse di nuovo ai Dovizi per chiedere l'incarico già tenuto dal Poliziano nella cancelleria privata di Piero de' Medici. Pochi giorni dopo, la cacciata di quest'ultimo da Firenze e il cambiamento istituzionale vanificarono i suoi progetti. Il nuovo regime fiorentino mutò anche l'organizzazione della Cancelleria, ove una parte dei personale già in servizio fu sostituito. Il D. fu invece lasciato al suo posto e quando, appunto per effetto della riforma della Cancelleria, vi entrò in servizio il Machiavelli, egli divenne collega in sottordine di quest'ultimo.
La corrispondenza dei vari addetti alla Cancelleria col Machiavelli, in particolare quella di Biagio Buonaccorsi, contiene molte notizie sul comportamento, sul carattere e perfino sulla vita privata e familiare del Della Valle. Anzitutto, come già notava il Marzi, nella Cancelleria si respirava un clima tutt'altro che austero e rigido: frequenti erano gli scherzi e i lazzi tra i vari impiegati; né il ritmo dei lavoro era sempre frenetico, dato che il D. si impegnava durante l'orario di ufficio in animate partite a carte che spesso sfociavano in risse furibonde con i colleghi di ufficio. Nel corso di una di queste risse, in cui aveva come avversario ser Andrea di Romolo, il D. fu ferito abbastanza seriamente da uno zoccolo lanciatogli dal primo. Altre volte occupava gli intervalli lasciati liberi dalla copiatura delle lettere costruendo modellini di legno. Frequenti nelle lettere dei Buonaccorsi sono anche gli accenni alle baruffe coniugali del Della Valle. Non vi mancano neppure accuse di arroganza e di superbia cui prestava il fianco nei periodi in cui, essendo il Machiavelli lontano dalla Cancelleria, gli subentrava come responsabile dell'ufficio.
Nel bimestre marzo-aprile 1509 ricoprì la carica di notaio della Signoria, mentre nel primo semestre dell'anno successivo fu notaio civile del Consiglio di giustizia. Continuava però a prestare servizio nella Cancelleria, ove lavorò fino alla morte.
Il D. morì a Firenze il 2 nov. 1511. Con deliberazione del 9 nov. 1511 i Dieci di balia assunsero al suo posto il figlio Girolamo.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani, n. 2090; Arch. di Stato di Firenze, Provvisioni. Registri, n. 167, c. 245; Signori. Dieci di balia. Otto di Pratica. Legaz. e commissarie. Missive e responsive, ff. 22, c. 143; 25, c. 1, Mediceo avanti il Principato, ff. 42, cc. 205, 208, 211; 60, cc. 1, 6, 79, 82, 86, 89; 66, c. 254; 72, c. 104; 73, cc. 437, 439; 76, cc. 61, 65, 237, 357, 124, cc. 83, 145; Notarile antecosimiano, B. 2321, c. 178; Tratte, ff. 443 bis, c. 6; 84, c. 221; Dieci di balia. Deliberazioni, condottee stanziamenti, nn. 58, c. 78v, 59, cc. 1, 13. Diplomatico, S. Clemente, 8 maggio 1477; S. Maria Nuova, 18 genn. 1477; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico, a cura di M. Dei Piazzo, V, Firenze 1956, pp. 478, 480, 482, 485; N. Machiavelli, Epist., in Opere, V, Milano 1969, pp. 19 s., 27, 32, 57, 63, 80, 119, 217; P. Villari, N. Machiavelli e i suoi tempi, I, Milano 1895, pp. 555 s., 592 s., 609; II, ibid. 1895, pp. 513, 541 s.; III, ibid. 1897, pp. 287 s.; I. Del Lungo, Florentia..., Firenze 1897, p. 274; D. Marzi, La Cancell. della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, pp. 251, 255 s., 259, 268, 273, 281 s., 295, 299-303, 510, 604, 607, 613; R. von Albertini, Firenze dalla repubblica al principato, Torino 1970, p. 358; A. Brown, Bartolomeo Scala chancellor of Florence, Princeton 1979, pp. 124, 141, 179, 187, 192, 205, 242.