DELLA CHIESA, Antonio
Nacque a San Germano Vercellese intorno al 1394. Sappiamo che apparteneva ad una nobile famiglia locale, ma le fonti non ci hanno tramandato il nome dei suoi genitori. Il padre - a quanto raccontano i suoi più antichi biografi, ricalcando però uno dei più consueti topoi agiografici - si sarebbe all'inizio opposto al desiderio del giovane di prendere l'abito domenicano. È certo, comunque, che, intorno ai venti anni, il D. entrò come novizio nel convento dei predicatori di Vercelli, S. Paolo, dove pronunziò i voti solenni - probabilmente un anno più tardi - e dove iniziò gli studi di filosofia e di sacra teologia. In un secondo momento, perché vi completasse il corso di studi, fu inviato dai superiori a studiare teologia nel convento di S. Zanipolo (Ss. Giovanni e Paolo) di Venezia, che era stato riformato in senso rigorista da Giovanni Dominici sin dall'anno 1393. Da quel momento sarà uno dei più fedeli seguaci e zelanti diffusori del movimento di riforma all'interno dell'Ordine dei predicatori.
Ordinato sacerdote, a Venezia iniziò il ministero pastorale pur seguitando a studiare. Terminati gli studi, intorno al 1422, quando aveva solo 28 anni, fu inviato come priore a riformare il convento di S. Giovanni Pedemonte di Como. Qui non limitò la sua opera alla restaurazione morale e religiosa di quella comunità, ma esercitò il suo benefico influsso anche sulla vita cittadina, sconvolta dalle lotte tra le fazioni. Nell'opera di pacificazione avviata a Como il P. fu coadiuvato dal p. Giovanni da Pozzo Bonello (più tardi vicario generale della congregazione riformata lombarda) e, nel 1432, dallo stesso Bernardino da Siena.
Non ci è noto quando il D. abbia lasciato Como; di certo sappiamo che prima del 4 luglio 1437 (forse addirittura da prima del 28 aprile di quello stesso anno) fu creato vicario generale della congregazione riformata di Lombardia dal maestro generale dell'Ordine Barthélemy Texier, e che dovette lasciare questo incarico prima del 23 nov. 1439, quando appare già priore del convento di S. Domenico di Bologna. Nel 1440 venne nominato per la seconda volta vicario generale della Congregazione dei domenicani riformati lombardi, carica che risulta già ricoprire il 14 luglio di quell'anno, quando appunto in tale veste prese possesso del convento e della chiesa di S. Maria degli Angeli a Ferrara. Documenti del 23 marzo e del 25 ag. 1441 lo definiscono ancora "vicario generale dei riformati lombardi". Anche dopo l'elezione a priore del convento domenicano di Savona avvenuta nel corso del 1441, mantenne la carica di vicario generale della congregazione riformata di Lombardia, ora allargata a comprendere anche le comunità domenicane della Liguria. Lasciò quest'incarico probabilmente solo nel 1442, per assumere la direzione del convento di S. Maria di Castello, di cui nel 1443 era sicuramente il superiore.
Il faticoso inserimento della nuova comunità domenicana entro il tessuto religioso genovese può offrire un'interessante testimonianza sulle persistenti difficoltà incontrate dagli Ordini mendicanti nei confronti del clero secolare, nonché delle tensioni allora esistenti tra i quattro grandi Ordini mendicanti francescano, domenicano, agostiniano e carmelitano.
La collegiata di S. Maria di Castello di Genova, che aveva suscitato il malcontento delle autorità cittadine a causa dell'assenteismo dei canonici e del poco zelo manifestato nella "cura animarum", nel giugno del 1441 fu sottoposta per ordine del papa Eugenio IV ad un'ispezione, per controllare la veridicità delle lagnanze. Avendo i visitatori pronunciato un verdetto avverso ai canonici, la collegiata venne soppressa nel giugno dell'anno successivo. Tale soppressione e il successivo trasferimento della casa prepositurale e della chiesa di S. Maria di Castello, già sede della collegiata, ai domenicani riformati, furono aspramente osteggiati dall'arcivescovo di Genova, Giacomo Imperiali. Ciò nonostante, i domenicani, che godevano dell'appoggio del Comune e del papa, vi si insediarono il 13 nov. 1442, incorrendo così nelle ire dell'Imperiali che li scomunicò. Nel frattempo, l'ex prevosto, Michele Fattinanti, aveva fatto sparire una parte dei beni mobili pertinenti alla casa prepositurale e alla chiesa di S. Maria di Castello (libri, suppellettili liturgiche, paramenti) che, secondo la decisione papale, avrebbero dovuto essere consegnati integralmente ai predicatori. Si ebbe così una lunga causa, che si trascinò per tutto il 1443, e che, alla sua conclusione, consentì il recupero, almeno parziale, dei beni sottratti. Ma i domenicani si scontrarono anche con gli eremitani di S. Agostino, insediati a S. Tecla, che li accusarono di derogare al decreto, da poco confermato dal concilio di Basilea (1435), secondo cui due conventi di Ordini medicanti dovevano sorgere ad una distanza minima di 140 canne l'uno dall'altro. Forti dell'appoggio di alcune grandi famiglie cittadine, tra cui i Fieschi e i Giustiniani, i predicatori riuscirono a sormontare anche questa difficoltà, ottenendo da Eugenio IV, l'8 giugno 1443, la deroga dall'osservanza della distanza minima. Ad ogni modo fu solo con Niccolò V (nel febbraio 1448) che i domenicani poterono veder riconosciuti - senza ulteriori contestazioni - i loro diritti (per tutta questa vicenda si vedano i documenti pubblicati da J. Koudelka, Pergamene di S. Maria di Castello a Genova (1137-1897), in Archivum fratrum praedicatorum, XLV [1975], pp. 19-23).
L'attività riformatrice del D. continuò instancabilmente negli anni successivi: nel 1444 era a Piacenza come priore del locale convento dei domenicani. Non sappiamo con precisione quando abbia lasciato questo incarico per assumere, per la terza volta, la guida dei domenicani osservanti di Lombardia. La prima menzione di questo nuovo vicariato è del 14 marzo 1446; il 17 novembre successivo lo si ricorda ancora come "vicario generale dei conventi riformati di Lombardia". Dovette venire esonerato dall'incarico nel mesi immediatamente successivi, perché è certo che il 7 maggio 1447 dirigeva già come priore il convento di S. Anastasia a Verona.
Le capacità di mediazione che avevano meritato al D. di svolgere un ruolo di un certo rilievo all'interno dell'Ordine domenicano, indussero il papa Eugenio IV ad affidargli il delicato compito di riconciliare alla Chiesa di Roma quanti nelle terre di dominio sabaudo seguivano Felice V, il papa eletto il 5 nov. 1439 a Basilea dai padri conciliari lì riuniti, dopo che essi avevano dichiarato deposto lo stesso Eugenio IV. Sembra che il D. abbia portato a termine con buon successo il difficile incarico.
Fra il 1454 e il 1455 fu anche priore del convento di S. Marco di Firenze che, con S. Antonino, era stato il centro propulsore della riforma domenicana in Italia nella prima metà del Quattrocento.
Il 5 sett. 1455 il D. assunse nuovamente, come vicario generale, la guida dei riformati lombardi. Nel corso di questa sua quarta amministrazione vicariale riuscì ad ottenere dal maestro generale dell'Ordine, l'avignonese Martial Auribelli, alcuni privilegi su cui si fondò la costituzione giuridica della nuova congregazione domenicana.
Il primo, che gli fu concesso con la stessa lettera di nomina del 5 sett. 1455, accordava al vicario generale dei domenicani riformati di Lombardia la facoltà di riunire ogni anno in capitolo i superiori ed i responsabili dei conventi lombardi per prendere quei provvedimenti che sarebbero sembrati necessari per la difesa ed il mantenimento dell'osservanza. L'8 settembre successivo l'Auribelli, rinnovando la sua fiducia nel D., gli confermava i poteri ed annullava ogni privilegio ed ogni esenzione, che fosse risultata contraria alla vita regolare. Il primo capitolo dei riformati di Lombardia si riunì a Brescia nel 1456: forse in questa occasione il maestro generale si indusse ad accordare ai riformati lombardi l'importante privilegio, per il quale questi ultimi avevano facoltà di proporre un candidato di loro scelta alla carica di vicario, candidato che avrebbe poi dovuto essere eletto secondo gli statuti preparati dallo stesso maestro generale. È assai probabile che il D. abbia presieduto il primo capitolo elettivo che si tenne nel 1458. Era comunque ancora vicario generale dei riformati lombardi il 23 apr. 1457, perché appare citato con questo titolo in un breve di Callisto III rilasciato in quella data.
Pur essendo ormai di età avanzata, il D. fu incaricato nel 1458 di portare come priore la riforma nel convento domenicano di Cremona e, nell'anno successivo, fu trasferito sempre come priore nel convento di S. Giovanni Pedemonte in Como, il primo di cui fosse stato il superiore. Qui si spense, ancora in carica come priore, il 22 genn. 1459.
Già durante la sua vita pare avesse avuto fama di saper leggere nei cuori, di godere di virtù profetiche (avrebbe tra l'altro predetto la data della propria morte) e sarebbe stato oggetto di un miracoloso intervento divino, che lo avrebbe liberato dalla prigionia dei pirati saraceni, che lo avevano catturato al largo delle coste liguri. Ciò spiega la devozione che circondò la sua tomba a Como e il prodursi di un certo numero di miracolose guarigioni.
Le sue spoglie furono traslate nel 1810 nella natia San Germano. Nel 1819 Pio VII concesse che venisse commemorata, invece della data della morte del beato (titolo attribuitogli ab immemorabili), quella della traslazione (28 luglio).
La sua festa - per concessione pontificia - è celebrata a San Germano, nell'Ordine domenicano, e nelle diocesi di Vercelli e Como.
La sua vita, così movimentata, non gli concesse di esercitare attività di studioso. Gli si attribuiscono però Sermones varii de sanctis, de tempore, de festis, conservati alla Biblioteca nazionale di Torino, Mss., H, VI, 8.
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