ANTONIO da Trezzo (Antonius de Tricio)
Nacque con ogni probabilità a Trezzo sull'Adda (ma più tardi è detto cittadino milanese) nella prima metà del XV secolo; in una lettera del 1469 accenna agli affanni della sua "senile vita", ma nel 1478 ebbe ancora un gravoso incarico diplomatico: non doveva essere dunque molto vecchio.
Già al servizio di Filippo Maria Visconti, dopo la morte di questo, nel 1447, passò immediatamente con Francesco Sforza, diventandone segretario e oratore. Sin dai primi del 1450 figura come ambasciatore a Ferrara, da dove forniva preziose notizie sulla condotta dei Veneziani tenaci avversari dello Sforza.
"Devi dire tutto quello che si fà e si concerta a Venetia e lì a Ferrara" gli scrive il duca, e A., che era riuscito ad intercettare lettere dell'inviato della Repubblica ambrosiana a Venezia e degli ambasciatori veneti, rispondeva che "i venetiani non cercan cum tanta instantia la desfactione de la S. V. se non perché desfacta quella, possono poi desfare gli altri e farsi signori de Italia".
In occasione della venuta in Italia di Federico III nel gennaio del 1452 A. da Trezzo predispose a Ferrara il ricevimento dell'ambasciata mandata dallo Sforza ad ossequiare l'imperatore. Poco dopo faceva sapere al duca che questi era disposto a concedergli l'investitura del Milanese per 300.000 ducati.
Il 12 luglio 1453, dando la notizia della caduta di Costantinopoli, descriveva il dolore e la costernazione di Venezia e al tempo stesso gli sforzi di questa per risolvere più rapidamente la guerra in Italia e crearsi una posizione di forza nelle trattative di pace che già si andavano avviando. L'ambasciatore scriveva al duca di non starsene inattivo e di non accettare una pace qualsiasi, esprimendo poi il suo disappunto quando per la pace di Lodi (9 apr. 1454) egli cedette Bergamo e Crema ai Veneziani.
Il 20 apr. 1454 fu delegato a presentare i capitoli della pace di Lodi ad Antonio da Correggio affinché questi restituisse le terre occupate al duca di Milano; il 20 settembre dello stesso anno era procuratore dello Sforza a ricevere dal duca di Modena il territorio di Barbiano nel contado di Cotignola e il 20 novembre successivo le terre di Castelnuovo nel Parmigiano.
Ai primi di ottobre del 1455 lasciò Ferrara, per far ritorno a Milano. Qui ricevette la nomina ad oratore presso il re di Napoli (28 nov. 1455): con Alberico Maletta doveva trattare il matrimonio tra la figlia dello Sforza Ippolita e Alfonso figlio del duca di Calabria, e l'altro, che poi non si fece, tra Leonora figlia anch'essa di Ferdinando e Sforza Maria terzogenito del duca di Milano. A., che pensava di ritornarsene appena esaurita la sua missione, ebbe l'ordine di fermarsi a Napoli, ove rimase poi per quindici anni, rappresentando e curando gli interessi milanesi.
L'alleanza tra Milano e Napoli fu nella seconda metà del Quattrocento uno degli assi dell'equilibrio politico degli stati italiani, un equilibrio instabile il cui mantenimento molto dipendeva dall'abilità diplomatica dei loro rappresentanti; A. da Trezzo disimpegnò egregiamente un compito certo non facile.
I suoi dispacci da Napoli, un migliaio circa, per la maggior parte inediti, sono una fonte preziosa per la storia d'Italia e della dinastia aragonese nel quindicennio della sua missione. Osservatore attento della politica napoletana, A. ne individua la debolezza nel contrasto tra la monarchia e la nobiltà. Ammiratore del re Alfonso, si adopera a sanarne i disaccordi collo Sforza e a conciliargli l'amicizia di Firenze. Dell'aragonese ammirava soprattutto il gusto letterario e la finezza umanistica, deluso talvolta che il duca non apprezzasse appieno le gentilezze di cui il re lo faceva segno. Fu in grande amicizia anche col Panormita.
Allorché dopo la morte di Francesco Sforza si manifestarono i dissidi tra Bianca Maria e il figlio Galeazzo, A. si schierò manifestamente in favore della vedova dello Sforza, criticando in alcune lettere dirette a lei la politica del nuovo duca; certo non doveva essere estranea a questo atteggiamento Ippolita Sforza, anche lei in rotta col fratello. Galeazzo cominciò a diffidare sempre più del suo ambasciatore, preferendogli ormai apertamente Alberico Maletta (l'altro oratore ducale a Napoli), rivolgendogli rimproveri e finalmente richiamandolo, nel luglio del 1469, a Milano.
A. rispondeva il 22 luglio protestando la sua innocenza, non avendo da rimproverarsi che "alcune lettere ch'io scrisse alla felicissima memoria de Madama Bianca vostra matre" e ricordando "i ventidue anni che io ho consumato in servitio de la fidelissima memoria de vostro patre" (Arch. di Stato di Milano, Arch. Sforz.: Napoli, cart. 218). In realtà A., che nel 1467 aveva fatto visita a Milano alla duchessa, doveva averne rivelato pubblicamente, dopo la morte, certe accuse rivolte al figlio: di qui l'indignazione dì Galeazzo e la decisione dell'ambasciatore, che temeva per la propria vita ed era stato messo in guardia da alcuni amici milanesi (forse anche dal fratello, anch'egli un tempo protetto della duchessa) di rifiutarsi di presentarsi al duca. Restò pertanto a Napoli, contando sulla protezione di Ippolita Sforza e del re Ferdinando.
Passato al servizio degli Aragonesi, A. venne utilizzato nel 1478 per una missione a Milano, allo scopo di staccarla dall'alleanza con Firenze nella guerra seguita alla congiura dei Pazzi. Ma la missione non ebbe successo e A. ritornò a Napoli. Da questo momento non si hanno di lui altre notizie; non dovette comunque sopravvivere a lungo.
Fonti e Bibl.: I dispacci di A. da Trezzo da Ferrara sono nell'Archivio di Stato di Milano, Arch. Sforzesco, Ferrara, cart. 318 e 319 (1450-1455); i dispacci da Napoli in Arch. Sforzesco, Napoli, da cartella 196 a cartella 218 (1456-1469). Uno spoglio integrale e sistematico di essi è stato fatto recentemente da F. Catalano, nella Storia di Milano, VII,Milano 1956, pp. 3-508, passim. Precedentemente, dispacci o almeno brani di essi erano stati editi nei seguenti lavori: C. De Rosmini, Dell'historia di Milano, III e IV, Milano 1820, passim; C.Canetta, La morte del conte Jacomo Piccinino, in Arch. stor. lombardo, IX, 2 (1882), p. 252-288; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò, in Arch. stor. per le prov. napol., XVII-XXIII(1892-1898), passim; E.Colombo, Re Renato alleato del Duca Francesco Sforza contro i Veneziani (1453-1454), in Arch. stor. lombardo, XXI,1(1894), pp. 79-136; A. Lisini, Le feste fatte in Napoli nel 1465 per il matrimonio di Ippolita Sforza Visconti con Alfonso Duca di Calabria, da lettere del tempo, Siena 1898, passim; A. Colombo, L'ingresso di Francesco Sforza in Milano e l'inizio di un nuovo principato, in Arch. stor. lombardo, XXXII, 6 (1965), pp. 297-344; ibid., 7, pp. 33-101; L. Fumi, Roberto Sanseverino all'impresa di Napoli per Ferdinando I, ibid. XXXIX(1912), pp. 344-359; Id., L'atteggiamento di Francesco Sforza verso Sigismondo Malatesta in una sua istruzione del 1462 con particolari sulla morte violenta della figlia Polissena, ibid. XL (1913), pp.158-169; N. Ferorelli, Il ducato di Bari sotto Sforza Maria Sforza e Lodovico il Moro, ibid. XLI (1914), pp. 389-468; E. Lazzeroni, Il viaggio di Federico III in Italia (l'ultima coronaz. imperiale in Roma), in Atti e Mem. del Primo Congresso stor. lombardo, Milano 1937, pp. 271-397.
Su A. da Trezzo cfr. inoltre: Arch. di Stato di Milano, Reg. Viscontei Sforzeschi, indici; Cronica gestorum in partibus Lombardiae et reliquis Italiae, a cura di G. Bonazzi, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXII, 3, p. 27; G. Vittani, Gli atti cancellereschi viscontei, I,Milano 1920, p. XI; C. Santoro, Gli Uffici del Dominio Sforzesco, Milano 1947, p. 189.