ANTONIO da Ferrara
Da una bizzarra autobiografia poetica racchiusa in 5 capitoli in terza rima (editi da T. Bini, Rime e prose del buon secolo della lingua, Lucca 1852) apprendiamo ch'egli nacque a Ferrara nel 1315, da un povero beccaio. Nel 1340 era a Modena e qui faceva voto di abbandonare la sua consueta vita di giocatore e di ribaldo e di recarsi in pellegrinaggio a Firenze, a Padova e a S. Iacopo di Compostella. Nel 1343 era a Bologna, dove feriva in rissa con un coltello il giullare fiorentino Iacopo di Salimbene; onde fu processato e bandito dalla città. Ritornato a Bologna nel 1350, vi compose tre frottole ispirate agli avvenimenti cittadini e alle lotte delle fazioni locali, e una canzone di compianto per la morte di un condottiero di ventura. Da Bologna il randagio rimatore si trasferì a Ravenna, dove tenzonò per rima con Menghino Mezzani, e poi a Forlì presso gli Ordelaffi, a Padova presso i Carraresi, a Venezia, a Firenze, dov'ebbe una tenzone per rima col banditore e poeta Antonio Pucci, a Siena. Morì tra il 1371 e il 1374. La notizia della sua morte è racchiusa in un breve inciso d'una lettera (Senili, III, 7) del Petrarca, il quale ebbe caro maestro Antonio e qualche volta prese a rielaborare qualche suo motivo poetico. Nel canzoniere di maestro Antonio (del quale manca ancora l'edizione critica) sono rappresentati tutti i motivi più noti della tradizione giullaresca medievale: le ansie del giuoco dei dadi, le descrizioni della miseria, tenzoni con la cappa sdruscita o la valigia vuota, la disperata. Le sue disperate, nelle quali il motivo tradizionale viene a coincidere cogli elementi di fatto di quella travagliata esistenza e il pessimismo medievale si traduce in accenti sinceri di poesia dolorosa, sono forse le opere più belle della letteratura giullaresca italiana; certo sono le più belle del canzoniere.
Maestro Antonio da Ferrara (fratello di quel Niccolò de' Beccari, che scrisse pure alcuni versi, di scarso interesse, e fu tra i familiari dell'imperatore Carlo IV) è il più tipico rappresentante di quell'arte giullaresca che in Francia metterà capo alla poesia del Villon, e in Ispagna a quella dell'Arciprete de Hita e del Villasandino.
Bibl.: E. Levi, Antonio e Nicolò da Ferrara poeti e uomini di corte del Trecento, Ferrara 1909; id., Tre frottole di maestro A. da F., in Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento, Livorno 1915, pp. 115-38; id., Maestro A. da F. rimatore del sec. XIV, in Rassegna Nazionale, XLII (1920).