ANTONIO d'Appiano
Figlio di Filippo, cittadino milanese originario del borgo d'Appiano, apparteneva ad una famiglia di giureconsulti, medici e politici. Quasi nulla si sa della sua giovinezza; doveva aver fatto studi giuridici e forse letterari, come sembra rivelare il tono e lo stile dei suoi dispacci.
Chiamato da Galeazzo Maria Sforza per compiere alcune missioni temporanee in Savoia, finì col rimanere per quasi venti anni, salvo brevi interruzioni, presso quella corte, spostandosi da Torino a Grenoble, da Susa a Ginevra, e acquistando una profonda conoscenza dei problemi della politica franco-sabaudo-borgognona.
Inviato una prima volta a Torino nel gennaio del 1470, riusciva a stipulare coi fratelli Filippo, Giacomo e Gian Luigi di Savoia uno schema di trattato in base al quale i tre sarebbero passati al servizio di Galeazzo Maria Sforza, e Filippo di Bresse - Filippo Senzaterra - sarebbe divenuto suo luogotenente, nella Savoia, in Borgogna e nel Milanese; i capitoli dell'accordo vennero ratificati dal duca di Milano il 20 agosto 1470.
Il 1º luglio 1471 A. veniva nuovamente inviato alla corte sabauda per una missione temporanea per la stipulazione di un trattato di alleanza tra Milano e la duchessa Iolanda di Savoia, sorella di Luigi XI re di Francia. L'accordo non fu perfezionato, ma A. ebbe ordine di rimanere presso la duchessa allo scopo di tenerla legata alla politica milanese e di aiutarla a far fronte alla ribellione di Filippo Senzaterra. In realtà A. seppe subito accattivarsene le simpatie riuscendo ad esercitare una certa influenza nella sua attività di govemo, anche se non sempre con grande efficacia.
Dopo la morte, di Amedeo IX (30 marzo 1472) e l'assunzione della reggenza da parte della duchessa, secondo il voto espresso dall'assemblea degli stati generali convocata allora a Vercelli, A. tentò ancora di far ratificare il trattato di alleanza del luglio dell'anno precedente, ma inutilmente; anche i tentativi per distogliere la duchessa dall'alleanza col duca di Borgogna, verso il quale andava sempre più inclinando, non ebbero esito, tanto che l'8 giugno 1473, Iolanda, ritenendo di non poter salvare altrimenti le sue terre transalpine dalle mire del potente vicino, stipulava con lui un trattato d'amicizia.
Dopo un breve periodo di freddezza A., che nel frattempo aveva fatto ritirare, su ordine del duca, i duecento fanti milanesi inviati a guardia della duchessa, riusciva verso la fine dell'anno a risollevare le sorti dell'amicizia sabaudo-milanese negoziando il matrimonio tra il giovanissimo duca Filiberto e la figlia di Galeazzo, Bianca Maria: matrimonio stipulato nel gennaio 1474 a Milano e celebrato ad Ivrea nel febbraio successivo (ma per la sopraggiunta morte di Filiberto, Bianca Maria andò invece successivamente sposa a Massimiliano d'Asburgo).
Al ristabilimento dei buoni rapporti tra Milano e Savoia seguì l'adesione milanese all'alleanza sabaudo-borgognona e la lega tra Galeazzo Maria Sforza e il duca di Borgogna (30 genn. 1475). In questo periodo A. soggiornò al seguito della corte sabauda, quasi ininterrottamente in Savoia, e i suoi dispacci di questi anni sono una fonte preziosissima per la storia dei rapporti tra la Borgogna e la Francia e tra la Borgogna e gli Svizzeri, che nel 1476 infliggevano al duca la sconfitta di Morat.
Richiamato dalla Savoia, A., prospettando il pericolo che il duca di Borgogna potesse rifarsi delle sconfitte subite a spese del ducato sabaudo e minacciare anche Milano, suggerì a Galeazzo Maria la necessità di un riavvicinamento a Luigi XI, ritornando così alla politica tradizionale di Francesco Sforza.
Sulla fine d'agosto del 1477 era richiamato a Milano; ma per poco, perché il 7 gennaio successivo riceveva l'ordine di recarsi per una missione speciale in Monferrato. Secondo le istruzioni ufficiali doveva andare "apud illustrem marchionem. Montisferrati ut notet et intelligat eius andamenta et preparationes et consilia, et similiter intelligat de rebus Franciae, Ianuae et domini Roberthi" (Arch. di Stato di Milano, Missive, n. 134, c. 63); in realtà la sua missione riguardava quasi esclusivamente quest'ultimo punto, cioè la sorveglianza delle mosse del Sanseverino, che il re di Francia aveva mandato ufficialmente come governatore di Asti, ma con mire riposte più ambiziose; "volemo te fermi per alquanti dì... per quelle bande, per posser... più facilmente intender tutti li progressi et deportamenti seguissero per la venuta in Ast del dicto messer Roberto", dicevano le istruzioni segrete all'Appiano.
Presso il marchese di Monferrato rimase sino all'8 ott. 1479, salvo una breve licenza a Milano tra l'aprile e il maggio di quell'anno. Nel novembre veniva nuovamente inviato alla corte sabauda, rimanendovi ancora, più o meno ininterrottamente, sino al 1489. Verso la fine del 1483 si progettava di inviarlo in Francia, con grande sgomento suo, poiché scrivendo al segretario ducale Bartolomeo Calco, chiedeva che al suo "andar in Franza" si mettesse "silentio in totum, perché non è provisione alcuna si grande che me li facesse mutar; et più tosto andaria ad farmi romitto in uno grosso et gran boscho..., si faccia pensero d'altro homo che di me" (Arch. di Stato di Milano, Arch. sforzesco, Savoia, cart. 1060; 16 nov. 1483).
Ai primi di dicembre dell'83 otteneva licenza di tornare per un breve periodo a Milano; ma nell'84 e nell'85 era ancora alla corte sabauda; il 20 apr. 1485 era oratore al card. di Foix. Dopo un altro breve intervallo, il 4 ag. 1487 fu inviato di nuovo presso il duca di Savoia, "per esservi stato altre volte con buona gratia et havere esperentia di quella corte" (ibid., Savoia, cart. 501). Le ultime notizie d'A. dalla corte sabauda sono del febbraio 1489, epoca in cui dovette ritornare definitivamente a Milano.
I suoi numerosi dispacci, in parte anche editi, rivelano un osservatore acuto e attento degli uomini e degli avvenimenti, pronto nello scoprire le intenzioni e i progetti altrui, abile e intelligente. "Un cortigiano insinuante e un po' effeminato", lo chiama F. Gingins La Sarra (Dépêches des ambassadeurs milanais..., I, XIV), ma il giudizio, ripetuto tale quale dal Gabotto, non sembra molto appropriato. Talvolta esorbitava bensì dai suoi compiti - avendone dei richiami dal duca, come in una lettera dell'undici marzo 1472, ove gli scrive: "Antonio, te comandamo che tu non te impazi più del fatto de queste differenze sono tra quella illustrissima Madama e lo illustrissimo marchese di Monferrà" (ibid., Savoia, cart. 1060) - ma senza mai arrivare all'intrigo o al pettegolezzo. Autonomo e indipendente nei giudizi, talvolta non esita a biasimare rispettosamente l'operato del suo signore, come in una lettera del 10 maggio 1473, quando Galeazzo Maria Sforza aveva rifiutato di ricevere due oratori sabaudi perché sospettati di essere filo-borgognoni, o come quando giudicava "troppo gagliarda" una lettera della duchessa Iolanda a Luigi XI.
L'A., che era stato già nominato segretario della Cancelleria segreta nel 1480, chiuse la sua attività politica ricoprendo incarichi anche nell'amministrazione del ducato; infatti il 6 genn. 1493 veniva nominato collaterale generale e il 1º marzo successivo maestro delle entrate straordinarie. Se ne ignora la data di morte.
Fonti e Bibl.: I dispacci dalla Savoia e dal Monferrato sono nell'Arch. di Stato di Milano, Arch. sforzesco; Savoia, cart. 500, 501, 1060, 1258; Monferrato, cart. 468-470, 1017, 1019; Borgogna, cart. 515-518. Un buon numero di essi è in tutto o in parte già edito; quelli relativi alla Borgogna da F. De Gingins La Sarra, nei Dépêches des ambassadeurs milanais sur les campagnes de Charles-le-hardi duc de Bourgogne de 1474 à 1477, 2 voll., Paris-Genève 1858, passim; quelli su Iolanda di Savoia da E. Colombo, Iolanda duchessa di Savoia (1465-1478), Torino 1893, pp. 239-296; altri, infine, nella raccolta degli atti del Parlamento Sabaudo, a cura di A. Tallone, Parte I, voll.1-5, Bologna 1928-1932, passim (cfr. Indici). Il carteggio dell'A. è stato largamente usato anche nei seguenti lavori: A. Dina, Iolanda duchessa di Savoia e la ribellione sabauda del 1471, Alba 1892, pp. 26, 37-39; F. Gabotto, Lo stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, II (1476-1496), Torino-Roma 1893, p. 28, 30 (dove si confonde A. con Antonio de Bercellis), 52 ss., 107-110, 238; M. Damarco, Guglielmo I Paleologo marchese di Monferrato (1420-1483), in Riv. di storia arte e archeologia per la prov. di Alessandria, XLIII (1933), pp. 529-598; M. C. Daviso di Charvensod, La duchessa Iolanda (1434-1478), Torino 1935, passim; L. Cerioni, La politica italiana di Luigi XI, in Arch. stor. lombardo, LXXVII (1950), pp. 79, 108, 119, 147 s. Cfr. infine C. Santoro, Gli Uffici del dominio sforzesco,Milano 1947, p. 51, 79, 99; A. R. Natale, I diari di Cicco Simonetta,in Arch. stor. lombardo,LXXXIII (1956), p. 111; F., Catalano, Il ducato di Milano nella politica dell'equilibrio, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 295 ss.