CRISAFI, Antonio
Varia si presenta nei documenti la grafia del cognome, e se la forma più comune in area francese è Crisafy, altre sono Crisasi, Crisaci, Cresassy, Crisacy, Cressassy, Crisalsy (cfr. Roy, Les officiers..., p. 70).Nacque probabilmente a Messina, da Matteo e da Francesca Grimaldi, esponente della nobile famiglia genovese, secondo di quattro fratelli (Pietro, Tomaso e Carlo), attorno alla metà del sec. XVII.
Non si hanno notizie sulla sua giovinezza: dovette ricevere un'educazione militare che lo portò ad acquisire ben presto una singolare perizia nel mestiere delle armi ed una capacità di adattamento alle più dure condizioni di vita. Durante la rivolta di Messina contro la Spagna, il C., insieme con i suoi fratelli, aveva formato un contingente militare "col seguito di molte persone a loro congiunte" (Giardina, p. 131): impegnati prima nella difesa della porta Imperiale e della porta Reale della città, i Crisafi si offrirono di "proveder li posti in campagna, non retrovando persona che havesse vossuto abbracciar tale carica, per il grandissimo periculo" (ibid.). Mentre Pietro, il maggiore dei fratelli, restò alla guardia della porta Reale, gli altri, con centocinquanta soldati, partirono per Lombardello nell'agosto 1674 per impedire l'eventuale passaggio di truppe spagnole verso la città insorta. Impegnati nella difesa di Castellazzo e di Torre Vittoria nel 1675, ebbero notevoli difficoltà nel mantenere unito il manipolo di seguaci che il C. teneva "con vive speranze di felicità grande et a proprie spese, mentre erano senza vitto alcuno, che si notrivano di corie bollite" (ibid., p. 133). Durante l'attacco al forte spagnolo di Scaletta (ottobre 1676), il C. fu ferito al braccio destro per lo scoppio di una mina fatta esplodere dagli Spagnoli. Rimasto in pericolo di vita per molto tempo, riuscì a salvarsi perdendo comunque l'uso del braccio.
Sempre nel 1676 il C. comandò, col fratello Tomaso, un reggimento di fanteria nell'esercito del duca di Vivonne, maresciallo di Francia, inviato da Luigi XIV in aiuto degli insorti. Quando Messina fu abbandonata dalle forze francesi la famiglia Crisafi, che aveva rifiutato di chiedere perdono e di prestare atto di sottomissione al re di Spagna, vide confiscati tutti i possessi fondiari, con la promulgazione, da parte del viceré Vincenzo Gonzaga, del bando che incamerava nella Regia Camera i beni di tutte le famiglie nobili messinesi che avevano aderito alla rivolta. I Crisafi avevano inviato (maggio 1677) un ampio memoriale a Luigi XIV nel quale, ricordando le imprese compiute durante la rivolta e la indiscussa lealtà alla Francia, chiedevano di venir ricompensati con la concessione di alcuni feudi, uffici ed altri benefici: in particolare, per il C. si domandava il conferimento della carica di giudice del tribunale del Regio Patrimonio e la concessione dello Stato del conte di Modica. Non risulta che le richieste avanzate dai Crisafi fossero state soddisfatte: essi mantennero tuttavia il patrimonio ereditato, da parte materna, nel principato di Monaco.
In seguito alle vicende degli anni 167-678, Tomaso ed il C. preferirono rifugiarsi a Versailles, dove furono ben accolti alla corte di Luigi XIV. Nel 1683, il C. fu imprigionato alla Bastiglia, non si sa bene se in seguito ad una rissa o per motivi politici, accusato di intrighi con la Spagna. Fu però liberato poco dopo per ordine dello stesso sovrano a patto di prendere servizio nelle colonie. L'8 apr. 1684 partì, insieme col fratello Tomaso, alla volta del Canada, guidando, col grado di capitano, un distaccamento della marina francese. Il C. si adattò subito alla nuova e non sempre facile vita della colonia, dimostrando ripetutamente le proprie capacità militari e, poi, amministrative. Nel novembre 1692, Bochard de Champigny, intendente regio nella Nuova Francia, scriveva al re che i fratelli Crisafi erano persone di merito, fedeli alla Corona, e chiedeva di accordare loro "qualche pensione con dei benefici" Zotique Massicotte, 1926, p. 524).
L'anno seguente il governatore Callière gli affidò il comando delle truppe al Sault-St.-Louis, da dove il C. poté stornare il tentativo di ottocento Irochesi di invadere la colonia. Nel 1696, durante la spedizione intrapresa da Frontenac, governatore generale della Nuova Francia, contro i medesimi Irochesi, al C. ed a M. de Bergères fu affidato il compito di custodire e presidiare il forte Onondaga, da poco eretto sulla riva orientale dell'Ontario: incarico assai delicato perché nel forte si custodivano tutte le provvisioni ed i rifornimenti necessari all'esercito. Nel 1697, quando fu stabilita, per la prima volta, una luogotenenza del re a Montréal, il C., per l'interessamento di Frontenac, divenne il primo titolare di questa importante carica. Il 19 giugno 1698, Luigi XIV gli conferì la croce di S. Luigi, onorificenza assai ambita. Il Callière, in una lettera a Colbert, aveva elogiato le capacità dei fratelli Crisafi, dimostratisi in diversi, pericolosi frangenti come i più adatti a comandare nel Niagara - "dove il migliore non è abbastanza buono" (Roy, 1919, p. 73). Per stimolare nel C. un attaccamento più profondo alla nuova patria (anche se, nonostante i meriti apertamente riconosciuti e la permanenza nella colonia fino alla morte, il C. non fu mai naturalizzato), i Sulpiciens, signori di Montréal, gli concessero, il 30 ott. 1698, un feudo nobile, con una terra, ma senza potere di giustizia, a Côte-des-Neiges. Ma il C. non rimase per molto a Montréal: il 28 maggio 1699 fu nominato governatore ad interim di Québec, quando Callière, che aveva ricoperto fino ad allora l'incarico, divenne governatore generale di Trois-Rivières al posto di Frontenac morto nel novembre 1698. Nell'esercizio delle nuove, importanti funzioni, non seppe sottrarsi ad abusi di potere che determinarono anche frizioni e contrasti con altri rappresentanti della Corona francese.
Nel 1700 sposò Claire Ruette d'Auteuil, quindicenne figlia del procuratore generale del re. L'unione fu però di breve durata: la sposa morì il 9 ott. 1705. Frattanto sorsero screzi fra il C. ed altri funzionari fra i quali l'intendente regio Champigny e Richards, capitano e ingegnere, che doveva provvedere alle fortificazioni nella colonia. Il 6 maggio 1702 il re decise che il C., in assenza di Callière, assumesse il comando di Québec il 30 maggio dell'anno successivo, il C. fu nominato governatore di Trois-Rivières, incarico che mantenne fino alla morte. Nel 1704 egli vendette il suo feudo a M. de Vaudreuil, governatore della Nuova Francia.
Nel periodo del suo governatorato, il C. si adoperò per stimolare alcuni settori dell'agricoltura locale, promuovendo, in particolare, la coltura del lino e della canapa. Anche se a seguito del trattato di pace con la Spagna, durante la guerra di successione spagnola, era stato per il momento accantonato il progetto di estrarre ferro, assai abbondante nella zona di S. Maurizio, nel 1708 il C. incaricò alcuni esperti di studiare le possibilità di aprire miniere di ferro nel territorio posto sotto la sua amministrazione per poter così inviare la materia prima nella madre patria.
Morì a Trois-Rivières il 6 maggio 1709, senza eredi diretti, ma lasciando una cospicua eredità di 2.000 franchi che venne a creare numerosi problemi legali.
Il C. infatti non era mai stato naturalizzato: alla sua morte, la Compagnia d'Occidente reclamò il diritto di albinaggio. Il C. aveva fatto testamento nel 1676 in favore di un nipote, ma Luigi XIV non riconobbe valido l'atto e nominò erede un abate di Avesne. Nel 1711 però la Compagnia delle Indie Occidentali reclamò i diritti sui beni del C.: il 19 apr. 1712 il Consiglio di Stato di Francia revocò la decisione reale che aveva attribuito i beni all'abate di Avesne, dichiarando, definitivamente, erede legittimo degli stessi l'appaltatore della Compagnia d'Occidente.
Fonti e Bibl.: G. B. Romano, Prima parte della congiura de i ministri dei Re di Spagna contro la fedelissima ed esemplare città di Messina, Messina 1676, passimLa rivoluz. di Messina contro la Spagna (1671-1680). Documenti, a cura di F. Guardione, Palermo 1906, doc. n. CLXXXIX C. Giardina, Doc. ined. degli "Archives Nationales" di Parigi sulla rivoluzione di Messina del 1674-78, in Boll. stor. messinese, I (1936-38), pp. 131-134 G. P.Roy, Les frères Crisasy, in Le Bull. des recherches historiques, VI (1900), pp. 346 s. Id., Les officiers d'état major dans le gouvernement de Québec, Montréal et TroisRivières, Lévis 1919, pp. 70 ss. .E. Zotique Massicotte, Les Crisafy, in Le Bull. des recherches historiques, XXXII (1926), pp. 524-28 E.La Laloy, La révolte de Messine, l'expedition de Sicile et la politique française en Italie, avec des chapitres sur les origines de la révolte (1648-1674) et sur le sort des exilés (1678-1702), Paris 1929-31, ad Indicem L. M. Le Jeune, Dictionn. général de biogr., histoire, litt., agricolture, commerce, industrie, et des arts, sciences, moeurs, coutumes, institut. politiques et religieuses du Canada, Ottawa 1931, pp. 449 s. E. Zotique Massicotte, Le Marquis de Crisafy, Seigneur de la Côte-des-Neiges, in Le Bulletin des recherches historiques, XL (1934), pp. 431 s. Id., Notre-Dame-des-Neiges, in Cahiers des Dix, IV (1939), p. 149 A. Fauteux, Les Chevaliers de Saint-Louis en Canada, Montréal 1940, pp. 93 s. Dictionn. de Biographie franç., IX, Paris 1961, sub voceDictionn. biographique du Canada, II, Québec 1969, sub voce.