CORAZZI, Antonio (Giuseppe Antonio)
Nacque a Livorno il 17 dic. 1792 da Vincenzo di Antonio e da Antonia Gaetana di Bartolomeo Andolfati (Livorno, cattedrale, Registro battesimi, ad annum, n. 45). Trascorse i primi anni dell'infanzia nella casa che il padre, impresario artistico, aveva nei locali del teatro livornese degli Avvalorati. Arrivato all'età degli studi superiori, come molti altri ragazzi delle provincie toscane, venne inviato a Firenze a studiare presso gli scolopi (Pera, 1877).
Dopo aver completato gli studi si iscrisse, sempre a Firenze, alla scuola di architettura dell'Accademia di belle arti, grazie anche al conseguimento di uno dei posti dell'"eredità Sardi" concessi dalla Comunità di Livorno a giovani meritevoli. Per mantenere il posto il giovane C. tutti gli anni inviò alla Comunità di Livorno alcuni disegni, quale attestato del suo progredire negli studi (Roma, Bibl. Casanatense, Misc. Corazzi, c. 190). Dal 1810 al 1815 il C. ebbe come insegnanti gli esponenti della prima generazione di allievi del grande G. M. Poletti, indiscusso padre della terza rinascita architettonica in Toscana nonché fondatore e ispiratore negli ultimi quindici anni del Settecento della scuola di architettura istituita con la riforma degli istituti artistici varata dal granduca Pietro Leopoldo. Il C. frequentò l'istituto proprio a cavallo degli anni in cui venne dato un nuovo statuto all'Accademia (1813) e in cui si affermò alla cattedra di architettura l'architetto Giuseppe Del Rosso, che avrebbe poi accompagnato i primi passi del giovane architetto livornese nell'ambiente fiorentino. Come studente il C. è ricordato due volte per la sua partecipazione ai consueti concorsi indetti dall'Accademia.
Nell'ottobre 1811 ottenne il secondo premio, dietro al coetaneo G. Baccani, per alcuni saggi di "disegno d'invenzione" esposti al concorso minore nella classe di architettura (Firenze, Arch. d. Accademia di belle arti, Affari del direttore, f. 1811). Nel 1816 partecipò invece al prestigioso concorso triennale che impegnò i partecipanti nella stesura di un progetto di "una chiesa metropolitana per una gran capitale". Il favore dei giudici andò in questa occasione ad un altro coetaneo, G. Martelli, ed il C., convinto della superiorità del suo progetto, indirizzò senza successo un ricorso al granduca contro gli esiti del concorso attirando così su di sé alcune critiche di presunzione da parte del corpo accademico (ibid., f. 1816). A questo progetto potrebbe riferirsi la pianta contenuta nella cartella 3, tav. 7, della Biblioteca Casanatense di Roma, Disegni Corazzi.
Dopo le polemiche sugli esiti del premio triennale, che certamente non lo aiutarono ad inserirsi nel difficile ambiente fiorentino e che forse possono meglio chiarire la successiva decisione di abbandonare Firenze per la Polonia, il C. fece pratica nello studio del Del Rosso e proprio con il maestro fu impegnato nell'unica opera di architettura realizzata, unanimemente riconosciutagli prima della partenza da Firenze: l'arena Goldoni.
Inaugurata nella primavera del 1818, la grande arena, destinata alle rappresentazioni diurne e in grado di accogliere millecinquecento spettatori, riprendeva dai teatri classici la pianta perfettamente semicircolare ed era delimitata da sette gradinate terminanti in un portico dorico, sormontato da una terrazza scoperta. Essa costituiva la novità più importante del vasto complesso destinato a pubblici spettacoli, che l'imprenditore L. Gargani realizzò all'indomani della restaurazione lorenese sulle aree degli ex conventi di Annalena e di S. Chiara, fra via Romana, via dei Serragli e via S. Maria, e comprendente, oltre all'arena del C., un teatro coperto realizzato da G. Del Rosso nel 1817, un saloncino da ballo di R. Castinelli (1818) e un vasto giardino in stile romantico (L. F. M. Gargiolli, Description..., Firenze 1819, pp. 191 s.; F. Fantozzi, Nuova guida..., Firenze 1842, pp. 696 s.).
Oltre che per le prime importanti esperienze professionali condotte con G. Del Rosso, il 1818 risultò un anno decisivo per la vita del C. soprattutto perché in esso si ebbero le premesse che determinarono il suo trasferimento per un periodo di quasi trent'anni in Polonia, dove divenne, nonostante alcuni "incidenti", un protagonista indiscusso dell'architettura neoclassica di quel paese e il caposcuola riconosciuto di quella nutrita generazione di architetti che contribuì a mantenere a lungo viva a Varsavia la tradizione del "grand goût".
Nella chiamata dell'architetto toscano ebbe un ruolo decisivo la figura del sottosegretario di Stato S. Staszic, che già dal tempo del suo lungo soggiorno a Firenze nel 1790-91 aveva avuto modo di conoscere e stimare gli ambienti artistici della capitale toscana, e che, dopo il nuovo assetto dato alla Polonia dal congresso di Vienna, si propose di rinnovare la tradizionale presenza nel paese di artisti italiani, già ampiamente promossa e consolidata durante il regno di Stanislao Augusto Poniatowski con artisti quali il Canaletto e l'architetto D. Merlini.
Il C. giunse pertanto nella capitale del Regno di Polonia in un momento contraddistinto da un nuovo grande sforzo di rinnovamento architettonico, dopo la stasi e l'immobilismo che avevano caratterizzato i venti anni compresi tra la spartizione del 1795 e il congresso di Vienna. In questo clima il giovane C. non tardò ad imporsi all'attenzione delle autorità e a sopravanzare in brevissimo tempo i primi protagonisti di quel rinnovamento architettonico quali P. Aigner e l'allievo del Merlini, J. Kubicki. Sulla scorta degli studi di P. Biegaliski, che da alcuni anni ha contribuito all'approfondimento e alla conoscenza, anche in Italia, dell'opera del C., la lunga attività in Polonia può essere distinta fondamentalmente in due periodi separati dalla cesura dei moti rivoluzionari del 1830-31 che, segnando una svolta profonda nella vita interna della nazione, influirono anche sui rapporti fra il C. e le autorità governative.
Così, mentre il primo periodo, dal 1819 al 1830, fu costellato da un crescendo di prestigiosi incarichi pubblici, che dettero un'impronta determinante allo stesso volto neoclassico di Varsavia, nel periodo successivo (1831-46) il C. fu impegnato in incarichi pubblici di minor prestigio e indirizzò la propria attività professionale soprattutto verso la committenza privata.
Nell'arco di tempo fra il 1819 e il 1830 il C. lavorò sicuramente a ventidue progetti, come è documentato dall'originale del suo Curriculum vitae conservato presso l'Accademia di belle arti di Firenze (Affari del direttore, f. 1847, ins. 143).
Dopo i primi lavori, la ricostruzione della casa della Società di beneficenza (1819) e il palazzo del vescovo Holowczyc, caratterizzato da un rigoroso neoclassicismo nel loggiato di colonne doriche realizzato al piano nobile della parte centrale della facciata aggettante (1820), il C. entrò a far parte del Consiglio edile presso il ministero degli Affari Interni in qualità di costruttore generale governativo. L'opera che comunque lo impose definitivamente nella capitale polacca fu l'imponente palazzo Staszic, sede della Societas Scientiarum Varsaviensis (1820), dall'imponente facciata concepita in due comparti fondamentali: il basamento in bugnato con funzione di portico e il piano superiore, sormontato da balaustra, caratterizzato da due livelli intelaiati dalle semicolonne e dalle paraste corinzie dell'ordine gigante. All'interno del palazzo il C. realizzò una grande sala per le adunanze, ad anfiteatro, e un raffinato gabinetto di mineralogia e numismatica che fuoriesce con la sua inedita cupola metallica dalla mole del corpo centrale della fabbrica.
Il successo delle prime opere portò al C. commesse statali di notevole importanza. Fra il 1823 e il 1828 fu infatti impegnato nelle opere che dettero un volto definitivo al centro finanziario-amministrativo della città con la qualificazione del lato principale della piazza della Banca (oggi denominata piazza Dzieriy.úski) con tutte le funzioni primarie: il palazzo della Commissione delle finanze (oggi municipio) e quello del ministro delle Finanze, contraddistinti da grandiosi intercoluinni e da una molteplicità di volumi aggettanti, e il complesso del palazzo della Borsa e della fabbrica della Zecca caratterizzato, sull'angolo principale, dal prezioso inserto della finestra lunettata di chiara ispirazione termale, disposta fra due geni sul tamburo della cupola della sala principale. L'altro grande impegno di questo periodo, oltre alla ristrutturazione e alla facciata della sede della Commissione per gli affari interni (1823, Oggi sede della questura) a Varsavia e al palazzo della Commissione governativa a Radom (1825-27), fu la realizzazione, ancora a Varsavia, del nuovo Teatro grande che, collocato di fronte al palazzo del municipio, qualificò la grande piazza come polo culturale della Città (1825-33). La sua costruzione era già stata decisa nel 1810 ma solo nel 1825 venne bandito il concorso che fu vinto dal C. (A. C. [catalogo], 1980, p. 18). Nella sua realizzazione il C. dovette fare i conti con le preesistenti strutture del palazzo detto delle Colonne (realizzato su progetto di P. Aigner nel 1817) delle quali si servi come fondale scenico al nuovo corpo centrale della facciata. Quest'ultima fu caratterizzata dalla sovrapposizione degli ordini dorico e ionico nelle due zone laterali destinate a corpi di guardia, e da un robusto porticato sormontato da un elegante intercolumnio corinzio trabeato che scandisce l'atrio dei teatro e su cui emerge, in posizione arretrata, il timpano triangolare. La ricca articolazione degli spazi interni (caffè, sale da ballo e da concerto, appartamend), che ruotano attorno alla grande platea circondata da quattro ordini di palchi più un loggione e al dilatato palcoscenico, mostra una notevole maturità del C. nell'aggregazione di spazi teatrali destinati a funzioni ed usi diversi.
Alla maturità del C. dovette contribuire senza dubbio il viaggio effettuato nel 1826, che ebbe come tappe principali Berlino. Dresda, Monaco, Milano, Firenze, Bologna e Venezia (ibid.). Oltre a queste grandi realizzazioni, nel primo periodo del suo soggiorno in Polonia il C. dette la sua impronta a numerose altre opere: nel 1821 la nuova facciata della cattedrale di Lublino; nel 1824, di nuovo a Varsavia, il palazzo del Dicastero della Commissione governativa e Reggenza (distrutto nel 1944); fra il 1826 e il 1829 dieci abitazioni per privati, compresa la propria villa in via Wicjska, 11, tutte distrutte nel 1944 (Firenze, Arch. d. Accad. di belle arti, Affari del direttore, f. 1847. ins. 143; A. C. ... [catal.], 1980, pp. 24-27).
Per la chiara e manifesta presa di posizione a favore del movimento nazionale, protagonista dell'insurrezione nel 1830-31, il C. venne progressivamente emarginato dalle cariche di maggior prestigio e dai grandi interventi pubblici. Conservò soltanto l'incarico di costruttore per il distretto scolastico di Varsavia e si vide ridurre la propria retribuzione annua da 9.000 a 6.000 fiorini; dovette perciò indirizzare la propria attività verso una vasta gamma di lavori e soprattutto verso la committenza privata.
Nel 1832 eseguì una ristrutturazione per cambiare destinazione all'edificio posto al n. 487 dell'attuale via Miodowa, allora adibito a scuola militare; fra il 1832 e il 1835 progettò otto case per privati che non sono giunte fino ai nostri giorni; nel 1835-37, in collaborazione con A. Golonski, fu impegnato nella trasformazione della "Chiesa e Convento degli Scolopi... ad uso di Cattedrale Greco-Russa e dimora delle Scuole e Clero del Vescovo"; nel 1836 eresse la facciata della chiesa "in ordine ionico greco a pilastri" e realizzò alcuni locali nella parrocchia di S. Alessandro (l'insieme fu distrutto nel 1944); l'anno successivo progettò la "sontuosa villa" per E. Rastawiecki a Dolhobyczów, nel distretto di Tomaszów; fra il 1840 e il 1841, nei pressi del palazw Kazimierzowski, a Varsavia, costruì il palazzo di abitazione per il ministro della Istruzione Pubblica e, in ordine ionico, lo stabilimento detto ginnasio reale; dal 1842 al 1846 fu impegnato nella realizzazione della scuola ebraica (attuale scuola distrettuale in via Gesia Varsavia), dei ginnasi di Siedlce, Suwalki e Piock, dell'istituto magistrale popolare a Radzymin, nell'ampliamento dell'attuale istituto di economia rurale a Marymont (Varsavia), nella costruzione di tre case per privati e di un casino gotico presso i viali della passeggiata pubblica, oggi scomparsi (A. C. [catal.], 1980, pp. 24-27).
In questo secondo periodo polacco il C. realizzò anche un "monumento di m. 36 di altezza in ferro fuso con accessori ed ornamenti in bronzo dorato a fuoco eretto sulla Gran Piazza detta di Sassonia", che fu smantellato alla fine del primo conflitto mondiale: era stato commissionato in onore "dei generali e colonnelli che non vollero prendere parte alla rivoluzione del 1830". Del monumento ci sono rimasti alcuni disegni (Roma, Biblioteca Casanatense, Disegni di A. Corazzi, cart. n. 1, tavv. 11, 23, 24) i quali documentano chiaramente una fase progettuale del C. che comincia a svincolarsi dalle posizioni rigidamente neoclassiche per accentuare alcuni elementi di insospettato eclettismo. In particolare nella tav. n. 11 compaiono ben dieci soluzioni diverse comprendenti, oltre a quella costituita da un grande obelisco centrale circondato da recinto con agli angoli aquile bifronti su antefisse e con otto leoni sdraiati che poi fu prescelta come definitiva, anche alcune in stile neoegizio e neoellenistico e soprattutto una concepita come un grande tabernacolo cuspidato in stile neogotico.
Nel 1846 il C., quasi cinquantenne, lasciò la Polonia e si trasferì a Firenze con alle spalle una vasta e prestigiosa esperienza professionale che, se aveva fatto di lui un indiscusso caposcuola in quel paese (dove continuarono ad operare numerosi suoi allievi quali A. Kropiwniski, L. Kozubowski, A. ldikowski, S. Balnicki e I. Górecki), non lo aveva ricompensato altrettanto adeguatamente sul piano economico. La pensione ottenuta dal governo polacco infatti non fu mai sufficiente a liberarlo dall'assillo delle difficoltà e dei problemi dell'esistenza quotidiana, che andarono aumentando quando, dopo la morte della prima moglie Rosa Benedetti, sposata nel 1826, e il nuovo matrimonio celebrato nel novembre del 1855 con Veronica Anna Piccinini, la sua famiglia crebbe con la nascita di tre figli.
L'impatto con la nuova realtà non fu comunque dei più facili e quest'ultimo periodo della vita del C. fu caratterizzato dal tentativo di inserimento nel difficile ambiente professionale di Firenze, dove operavano molti architetti di chiara fama, fra i quali si erano ormai pienamente affermati anche alcuni rappresentanti della sua generazione, quali G. Martelli e G. Baccani. La città, che nell'arco di pochi anni avrebbe consumato la breve esperienza del passaggio da capitale del granducato a capitale del nuovo regno, non accolse favorevolmente l'architetto livornese, che, nonostante i riconoscimenti accademici rimase sostanzialmente ai margini delle vicende architettoniche di quegli anni. La mancanza di legami sufficientemente stretti con la classe politica toscana e la lunga assenza dagli ambienti professionali fiorentini contribuirono a precludere al C. prospettive professionali e incarichi adeguati alla sua esperienza e al suo valore. Pertanto l'attività di quest'ultimo periodo procedette costantemente sul doppio binario della pratica minuta della professione (ristruttuyazioni e interventi parziali di edilizia civile, consulenze), per cercare di far fronte ai propri bisogni economici, e dei grandi progetti, o meglio proposte, relativi alle principali vicende dell'architettura e della urbanistica fiorentine fra gli anni 1850 e '70.
Di questa attività oggi rimangono, più che opere realizzate, numerosi disegni (facenti parte del corpus corazziano conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma) che costituiscono un documento prezioso della parabola culturale e progettuale di quello che può essere considerato uno dei casi più patetici dell'architettura toscana dell'Ottocento.
Già il 25 marzo 1826 il C. era stato nominato accademico d'onore dell'Accademia di belle arti di Bologna e, subito dopo il suo ritorno a Firenze, nell'autunno del 1847 fu nominato accademico per la classe di architettura dell'Accademia di belle arti di quella città su proposta degli architetti Baccani, Minucci e Michelacci i quali, oltre che con il curriculum dell'attività svolta in Polonia (Firenze, Accad. di belle arti, Affari del direttore, f. 147. ins. 3), accompagnarono la richiesta di nomina con la motivazione che essa sarebbe stata "il giusto tributo di lode a quell'artista altronde conosciuto per la dolcezza e squisito carattere" (ibid.).
Contrariamente a quanto affermato finora dagli studiosi, probabilmente sulla scorta del primo biografo e amico del C. Artur Wolynski, né questa nomina né quella successiva a membro per il 1849-50 del Consiglio accademico, avvenuta dopo un ballottaggio con P. Poccianti in data 25 novembre (ibid., f. 1849, ins. 204), pur dando il titolo di professore erano legate ad un incarico di insegnamento presso l'Accademia. Infatti in virtù della riforma del 1813 il Collegio dei professori dell'Accademia, ereditando le funzioni dell'antica Accademia delle arti del disegno, costituiva il massimo organo competente nel campo delle arti e non aveva relazioni dirette con l'insegnamento, eccettuate quelle di controllo e di orientamento generale.
L'attività del C. nell'Accademia, ampiamente documentata fino a tutto il 1876 (Firenze, Accad. del disegno, Processi verbali... e Atti del Consiglio ...); si espresse nella partecipazione a numerose commissioni istituite per perizie e giudicati attinenti alle belle arti.
Nel 1849-50 il C. intervenne nella discussione sul progetto di riordinamento degli studi di architettura e prospettiva proposto dall'architetto De Fabris; nel luglio del 1866 con gli architetti Falcini e De Fabris fu chiamato a periziare la congruità dei compensi richiesti dall'arch. Giordano per la costruzione del duomo di Nola; degna di nota, infine, la proposta avanzata dal C. per il tema di architettura del concorso triennale del 1855 consistente in un progetto di "palazzo comunale come converrebbe alla nostra città di Firenze da erigersi in luogo centrale e che contribuisse al maggior decoro e imbellimento della medesima". Nelle note e nei grafici esplicativi del tema, che fra l'altro indicano come località dove realizzare il palazzo un quadrilatero da ottenersi con la demolizione di alcuni vecchi isolati compresi fra le logge del Mercato Nuovo e piazza S. Trinita, il C. mostra una spregiudicata concezione urbanistica e si mostra perfettamente inserito nella discussione circa la creazione di nuove grandi arterie attraverso il vecchio centro storico di Firenze che solo qualche anno dopo trovarono nelle proposte del Poggi l'interpretazione più significativa (Roma, Bibl. Casanatense, Misc. Corazzi, c. 679).
I numerosi e interessanti progetti conservati alla Casanatense sottolineano e documentano come una delle caratteristiche principali dell'attività del C., durante il periodo fiorentino, fu il costante interesse per interventi su scala urbana, legati ad alcune delle più significative vicende che caratterizzarono la vita della città nei decenni centrali dell'Ottocento.
Uno dei primi progetti eseguito dal C., probabilmente subito dopo la metà del secolo, riguarda la sistemazione, sul retro degli Uffizi, dei locali previsti per l'ampliamento della Galleria e per una migliore sistemazione delle raccolte di statue e di bronzi che successivamente andarono a incrementare e arricchire le raccolte del nuovo Museo archeologico e di quello Nazionale.
Il progetto, che non fu mai realizzato, può essere considerato come uno dei più interessanti ed originali fra quelli elaborati dal C. e rivela una sorprendente capacità nello sfruttare le irregolarità delle preesistenze che si affacciavano sul vicolo e sulla piazza detta di Baldracca per xisolvere la distribuzione dei due nuovi corpi di fabbrica, uno trapezoidale e l'altro rettangolare, in un nuovo edificio di inusitate forme collegato allo scalone principale di accesso alla Galleria (Roma, Bibl. Casanatense, Dis. Corazzi, cart. 3, tav. 58).
Un'altra direttrice dell'impegno progettuale del C. nei primi anni dopo il ritorno a Firenze fu rivolta al nuovo quartiere residenziale delle Cascine, che all'inizio degli anni Cinquanta si cominciò a realizzare sul triangolo che dalle mura alla sinistra di porta a Prato giungeva con il suo vertice fino al ponte alla Carraia.
A questa area si riferisce un interessante progetto di sistemazione urbanistica, con il quale il C. prevedeva sul lato ovest, in sostituzione del perimetro delle mura arnolfiane, un elegante intercoluinnio che perde le caratteristiche delle massicce barriere doganalì per divenire uno scenografico cuneo proiettante il nuovo quartiere nel verde del parr.o delle Cascine (ibid., cart. 3, tavv. 8 s., 15). Sempre per questa zona della città, fra i disegni della Casanatense è conservato anche un progetto relativo, al punto di convergenza del lungamo Nuovo (oggi A. Vespucci) con il borgo Ognissanti nei pressi del ponte alla Carraia per il quale il C. propose una terrazza semicircolare delimitata da balaustre e da lampioni predisposta per accogliere al centro il gruppo dei Contauri, conservato sotto la loggia dei Lanzi (ibid., cart. 3, tav. 45). Nel 1:862-61 infine, il C. fu impegnato nella realizzazione di un villino per Luigi Rubio, sull'angolo fra il corso Vittorio Emanuele II (attuale corso Italia) e il grande piazzale all'inizio dei parco delle Cascine (ìbid., cart. 3, tav. 73, e Misc. Corazzi, cc- 708 s.). Nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando il municipio di Firenze decise l'allargamento del ponte Vecchio, il C. si cimentò in un progetto di regolarizzazione e unificazione delle botteghe e delle casette disordinatamente cresciute su di esso attraverso un nuovo fabbricato neorinascimentale caratterizzato dal motivo dell'intercoluinnio ionico arcuato (Roma, Bibl. Casanatense, Dis. Corazzi, cart. 3, tavv. 38, 42, 53).
Un altro nutrito numero di disegni documenta vari progetti redatti dal C. per la sede del Parlamento in occasione del trasferimento della capitale del regno a Firenze, e sono raggruppabili in tre nuclei.
Un primo nucleo comprende disegni relativi all'idea di un grande palazzo da costruirsi ex novo sull'area ricavata dalla demolizione degli isolati compresi fra la piazza S. Firenze, via dell'Anguillara e via della Vigna Vecchia (ibid., cart. 3, tavv. 19-21, 53); un altro è costituito dai disegni relativi alla ventilata proposta, da parte delle autorità governative, di realizzare l'aula per le sedute dei deputati nel cortile del convento di S. Firenze, ipotesi anche questa presto abbandonata a causa delle grandi difficoltà che derivavano dalle caratteristiche tipologiche del convento (ibid., cart. 2, tav. 57; cart. 3, tav. 14); il terzo gruppo, infine, comprende le tavole del progetto presentato con la denominazione "Vagliami'l grande amore" al concorso indetto per la definitiva sistemazione della Camera dei deputati nel salone del 500 in Palazzo Vecchio, tavole nelle quali il C. mostra una grande capacità nell'inserire, nel quadrilatero irregolare dello storico salone, l'anfiteatro degli scanni destinati ai deputati che si dilata in altezza verso i lati minori della sala, con tribune e gallerie destinate al pubblico e alle autorità. (ibid., cart. 2, tavv. 11-14).
L'interesse progettuale del C. fu attratto anche dalla Iormulazione di alcune proposte per la definizione del luogo destinato alle memorie storiche artistiche, unanimemente individuato nella basilica di S. Croce e nell'area circostante. Probabilmente. negli anni compresi fra lo scoprimento della. nuova facciata del tempio realizzata dal Matas e la collocazione al centro della piazza della grande statua di Dante avvenuta nel 1865, il C. propose una nuova sistemazione monumentale del lato ovest della piazza attraverso la realizzazione, come polo contrapposto alla basilica, di un grande mausoleo a pianta centrale circondato da monumentali peristili per accogliere "un Monumento di Personaggio Regio" oppure di una grande scenografia per la sistemazione della statua di Dante.
In entrambi i progetti la realizzazione del mausoleo offre l'occasione all'architetto per proporre una nuova monumentale disposizione della confluenza, nella piazza, dei tridente costituito dalle vie Borgo dei Greci, dell'Anguillara e Torta. In particolare il secondo progetto relativo al monumento per Dante risulta interessante perché, oltre a rivelare l'ascendente esercitato sul C. dalle soluzioni avanzate dal suo vecchio maestro G. Del Rosso nel 1810 nel progetto per il grande Foro Bonaparte, denuncia, soprattutto nella ricca e variopinta decorazione del mausoleo, l'evolversi del C. da posizioni rigidamente neoclassiche verso un controllato atteggiamento eclettico (ibid., cart. 2, tavv. 5-7; cart. 3, tavv. 48, 51e Misc. Corazzi, cc. 763-70).
Il C., inoltre, partecipò con un proprio progetto anche al dibattito sorto in occasione della decisione del comune di Firenze di realizzare nei Camaldoli di S. Lorenzo il nuovo mercato pubblico (1864-65). La proposta del C., che lo stesso architetto in una lettera al sindaco di Firenze dichiara derivata dall'esperienza maturata nella realizzazione di "un vasto mercato a Varsavia" (Misc. Corazzi, cc. 699 s.), è degna di nota, oltre che per la razionale distribuzione dei locali interni destinati alle botteghe, per le originali soluzioni degli ingressi al mercato ricavati in quattro grandi nicchioni scavati negli angoli del fabbricato (Dis. Corazzi, cart. 2, tavv. 15-17; cart. 3, tavv. 39 s., 59).
Accanto ad altri progetti di minore portata per Firenze, Fermo, Ravenna (ibid., cart. 3, tavv. 49 s., 57), ma ugualmente rivelatori della complessa personalità artistica del C., in questa attività progengale che caratterizza l'ultimo periodo della sua vita non poteva mancare il tema del teatro che egli ebbe sempre tra i più cari.
Il tema è affrontato nei progetti per il teatro di Castiglione Fiorentino (ibid., cart. 3, tavv. 17, 32, 60-63), per la ristrutturazione degli ingressi e dei palchi del teatro Pogliano di Firenze, oggi cinema teatro Verdi (ibid., cart. 3, tavv. 2, 10) e soprattutto nel progetto del 1859per il teatro di Alessandria d'Egitto con il quale il C. risultò vincitore, ex aequo con M. Falcini e altri due concorrenti nel concorso promosso dal Comitato Mohamed Said (ibid., cart. 3, tavv. 1-2, 25-28, 33-37, 44; Misc. Corazzi, cc. 692, 694 , 704; Firenze, Acc. del dis., Atti1858-1873, cc. 2 ss.). Fra il 187 1 e il 1873, infine, il C. fu impegnato nella redazione di un grandioso progetto per il teatro di Copenaghen caratterizzato da uno sviluppo accentuato in senso longitudinale e dalla moderna distribuzione degli ambienti gravitanti attorno alla scena che qui acquista un'importanza preponderante rispetto alla platea (Dis. Corazzi, cart. 2, tavv. 44 s., 62-65).
Accanto a questa intensa attività progettuale i disegni documentano anche l'attività professionale effettivamente svolta dal C. per la committenza privata (ibid., cart. 3, tavv. 47, 75-80).
Questa attività professionale non fu però sufficiente a risolvere i problemi economici del C. che lo costrinsero a rivolgere nuove istanze al governo polacco per la liquidazione di vecchie spettanze rivendicate fin dagli ultimi anni del suo soggiorno a Varsavia, oppure, nel 1851, a richiedere senza successo al granduca un impiego nel Consiglio di esami della I. e R. Direzione delle Acque, Strade e Fabbriche civili (Misc. Corazzi, c. 572).
Nonostante la ricca esperienza di progettista, i numerosi riconoscimenti accademici e le prestigiose onorificenze (dal governo polacco aveva ottenuto la croce di cavaliere dell'Ordine di S. Stanislao; il 25 marzo 1836 era stato nominato accademico d'onore della Accademia pontificia di belle arti di Bologna, e nel 1847, come già detto, di quella di Firenze; nel 1861 fece parte del Consiglio dei giurati nella classe XXII - architettura - per l'Esposizione nazionale tenuta a Firenze; il 1° ott. 1862 fu nominato accademico di merito per l'architettura dall'Accademia di belle arti di Perugia e il 16 maggio 1864 socio di merito corrispondente della congregazione artistica dei Virtuosi del Pantheon: Misc. Corazzi, cc. 814, 816 s., 823-26), non riuscì mai a superare l'isolamento e l'emarginazione dalla pratica professionale di grande prestigio e a vedere risolti i propri problemi economici.
Il C. morì a Firenze, nella sua casa di via dell'Agnolo 63, il 26 apr. 1877.
Aurelio, fratello del C., nacque forse nel 1806; ignoriamo se si recò a Varsavia insieme con il C. o se lo raggiunse successivamente. Lavorò come costruttore ad opere del fratello e collaborò con gli architetti J. Gay e L. Smiecinski. Morì a Varsavia il 20 sett. 1871 (Archiwum Akt Dawnych, Akta osobiste, n. 3285; AktaKRSW i OP, n. 16269; KurierWarszawski, 1869, n. 213; 1871, n. 207; S. Loza, Architekci i budowniczowie w Polsce, Warszawa 1954, p. 52).
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. dell'Accad. del disegno, Libro quarto degli Atti della I classe dell'Accad. di Belle Arti di Firenze, 1858-1873; Atti del Consiglio accad. istituito con sovrano decreto del 6. VIII. 1849, vol. I; Processi verbali. Adunanze del Collegio accademico e delle sue sezioni a datare dal 1873; Raccolta delle commemoraz. funebri dei professori del Collegio accademico... a datare dal 1874, c. 7; Ibid., Arch. d. Accad. di belle arti, Affari del direttore, ff. 1811 - 12, ins. 15; f. 1816, ins. 21; f. 1847, ins. 143; f. 1849, ins. 204; f. 1850, ins. 153; Arch. di Stato di Firenze, Registro dei visti e Passaporti nuovi 1817, D. Estero, n. 2747; Registro Stato civile 1877, 26 aprile; Roma, Bibl. Casanatense, A. Wolynski, n. 3 (Cartelle dei disegni di A. Corazzi); Misc. Corazzi, ms. 4209; Varsavia, Archiwum Akt Dawnych, Akta Kom. Rzqd. Spraw Wewn (Atti della Commissione governativa per le questioni interne), voll. 20.032, 21.100, 20.039; Akta Rady Administracyinei (Atti del Consiglio amministrativo), vol. 1714a; Akta Komisji Rzqd. Spraw Wewn, n. 16.270; Arch. Teatrów Mieiskich, Dot. budowy Teatru Narodowego 1825-1833 (Sull'edificio del teatro nazionale); L. F. M. Gargiolli, Description de la ville de Florence..., Firenze 1819, II, pp. 191 s., 517; L. Kozubowski, Krótki opis budowy teatru nowostawia, iacego siew Warszawie (Breve descrizione dell'edificio del teatro costruito recentemente a Varsavia), in Pamietnik Fizycznyh... z zastosowaniem do przemyslu, 1830, fasc. 9; S. Ciampi, Viaggio in Polonia, Firenze 1831, p. 75; E. Saltini, Le arti belle in Toscana, Firenze 1862, p. 21; F. Pera, Ricordi livornesi. Appendice ai ricordi e alle biografie livornesi, Livorno 1877, II, p. 85; Indicatore generale della città di Firenze, III (1878), p. 154; A. Wolynski, A. C., in Tygodnik Illustrowany (Settimanale illustrato), 1878, n. 134; W. Tatarkiewicz, Palac Staszeica i Klasycyzm w Polsce (Il palazzo Staszic e il classicismo in Polonia), in Rocznik TNW, XXV, Warszawa 1933, pp. 171-78; I. Zachwatowicz, Regulacia placu Bankowego w Warszawie wedlug projektu Corazziego (La sistemazione della piazza della Banca a Varsavia secondo il progetto di C.), in Biul. Hist. Sztuki i Kult. (Boll. stor. di arte e cultura), II (1933-34), 3, pp. 174 ss.; P. Biegafiski, A. C. w Academii Sztuk PiCknych we Florencii (A. C. all'Accademia di Belle arti di Firenze), ibid., IV (1935), pp. 35-43; Id., Palac Staszica siedziba Towarzystwa Naukowego, Warszawskiego (Il palazzo Staszic sede della Società scient. di Varsavia), Warszawa 1951, pp. 2-26; S. Loza, Architekci i budowniczowie w Polsce (Architetti e costruttori in Polonia), Warszawa 1954, p. 51 (per Aurelio, p. 52); P. Bieganski, O przestrzennej kompozycji corazziariskiego teatru w Warszawie (La composizione spaziale del teatro di C. a Varsavia), in Kwartalnik Archit. i Urbanistyki (Trimestrale dì archit. e urbanistica), III (1958), I, pp. 41-59; Id., Teatr Wielki w Warszawie (Il teatro grande a Varsavia), Warszawa 1961, passim;O. Reali-G. Rossi-V. Stefanelli, Il teatro Goldoni a Firenze, in Boll. d. ingegneri (Firenze), XV (1967), 10, pp. 3-13; P. Bieganski, A. C. ... architetto toscano a Varsavia, Wroclaw-Warszawa-Kraków 1968; O. Fantozzi Micali, I teatri di Firenze nella Prima metà dell'Ottocento, in Boll. d. ingegneri, XXII (1974), 8-9, pp. 9-16; C. Cresti-L. Zangheri, Architetti e ingegneri nella Toscana dell'Ottocento, Firenze 1978, pp. 69 s.; A. C. (1792-1877) architetto toscano a Varsavia e a Firenze (catal.), Firenze 1978; A. C. (1792-1877) architetto toscano a Varsavia e a Firenze (catal.), Roma 1980; Polski Slownik Biograficzny, IV, ad vocem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 388 s.