CONCIOLI, Antonio
Figlio di Giovambattista, nacque a Pergola (Pesaro-Urbino) nel 1736 c. Secondo le notizie del Diario di Roma (1820), iniziò la formazione professionale a Bologna (presso E. Graziani, E. Lelli, i Galli Bibiena), e venne in seguito a Roma, dove, per la protezione del cardinal Negroni, ottenne la direzione dell'Accademia di disegno nell'ospizio di S. Michele a Ripa Grande (dove più tardi sarà direttore della fabbrica di arazzi: Guattani, 1806). Entrò in contatto con Pompeo Batoni "di cui fu l'amico intimo... e si può affermare l'unico allievo" (Diario di Roma, 1820).
Entrò a far parte dell'Accademia di S. Luca il 1° apr. 1781. Probabilmente la nobiltà di nascita (risultante anche dalla croce dell'Ordine di Malta che reca nell'Autoritratto dell'Accad. di S. Luca) gli agevolò l'introduzione presso la nobiltà romana e non; sappiamo che fu intimo dei Colonna, dei Doria, dei Savoia, dei duchi di Modena, del cardinale Antonelli. Dall'atto di morte risulta che abitava nel palazzo Torlonia, già Bolognetti (ora distrutto), presso piazza Venezia. Le opere che conosciamo delineano il profilo di un artista assai corretto (vero "direttore dell'accademia di disegno"), ma uniforme, e "ingessato" dalle formule del neoclassicismo, se non dai limiti di una personalità non brillante. I SS. Anatolia e Audace di Subiaco (1775) confermano, nella raffinata gamma madreperlacea, il batonismo riferito dalle fonti; il dipinto di S. Nicolò da Tolentino a Roma (1777) segna il passaggio dalla stretta osservanza batoniana ad uno stile più "neoclassico": si cercano effetti più scultorei e la tavolozza è meno sfumata. Documentano bene la fase neoclassica i dipinti di S. Antonio dei Portoghesi (1782), elaborazione, accademica di modelli cinquecenteschi (soprattutto Raffaello) e seicenteschi (Carracci).
Morì a Roma il 28 nov. 1826 e fu sepolto nella basilica dei SS. Apostoli (Roma, Arch. stor. del Vicariato, SS. Apostoli, Liber XI mortuorum, p. 111).
Si dà qui di seguito l'elenco delle opere in ordine cronologico. Subiaco, S. Scolastica: I SS. Anatolia e Audace, firmato e datato 1775. Rieti, duomo, capp. di S. Barbara: nelle pareti laterali, S. Barbara rifiuta di adorare gli idoli; Martirio di s. Barbara, f. e d. 1775 (sul mercato antiquario romano sono recentemente apparsi i due modelli relativi); nei pennacchi la Fede, la Speranza, la Carità (una quarta "Virtù" va riferita ad A. Calcagnadoro). Roma, S. Nicolò da Tolentino: I ss. Michele Arcangelo, Elisabetta d'Ungheria e un altro santo, f. e d. 1777. Ibid., S. Antonio dei Portoghesi, cappella del Presepio: sull'altare la Natività (molto ridipinta), ai lati l'Adorazione dei Magi e il Riposo in Egitto, tutti f. e d. 1782 (menzionati dal Chracas, 29 marzo 1783, sono comunemente ritenuti opere di Nicola Lorenese, per confusione con la cappella di fronte; ma già F. Cancellieri, Roma lusitana, a cura di A. de Faria, V, Milano 1926, p. 133, li aveva citati con la giusta paternità); altare del transetto sinistro: Sacro Cuore, firmato, interpretazione, più che copia, del famoso Sacro Cuore del Batoni (Roma, chiesa del Gesù; nell'elogio funebre del C. il Diario di Roma, 1820, sostiene che anche quest'opera, come molte altre considerate dei Batoni, sarebbe stata in realtà dipinta dal C. L'ovato appare invece sicura opera del Batoni, come del resto afferma esplicitamente T. Termanini, Vita e virtù del sacerdote D. M. Calvi, Parma 1796, I, p. 130). Bergamo, capp. Colleoni: Giuditta e Oloferne, post 1785. Roma, Acc. di S. Luca: Ritratto di F. Marchionni (nel retro, sulla tela e sul telaio moderni: "A. Concioli pinxit 1790"); Autoritratto, post 1781. Rieti, pal. vescovile: Tu es Petrus, f. e d. 1791 (forse da identificare con la Trasfigurazione, ricordata da A. Sacchetti Sassetti (1930) nella Bibl. com. e datata a quell'anno; echeggia, variandoli, gli schemi usati da Batoni per le composizioni analoghe nella Galleria Pallavicini e nel Quirinale); La canonizzazione di s. Domenico, f. e d. 1791, anch'essa ricordata da Sacchetti Sassetti nella Biblioteca comunale. Senz'altro di mano del C. appare un dipinto: Gesù fra la Vergine e s. Colomba implorato dalla famiglia di una moribonda, di cui esiste la foto presso la Bibl. Hertziana di Roma (Hutzel 187.895), indicato nel palazzo vescovile di Rieti, ma oggi non più reperibile. Roma, Istituto romano di S. Michele: S. Pio V e s. Filippo Neri, firmato e datato 1796; l'Assunta, pendant del precedente, da attribuire per strette affinità di stile con la restante produzione del Concioli. Ibid., palazzo Altieri: Venere e Adone (vinse il primo premio in una gara con altri: Diario di Roma, 1820); Ibid., pal. Doria: L'artista, circondato da figliuoli ed aiutanti, in atto di raffigurare un cardinale Doria, attribuito da I. Faldi (cfr. Susinno), sulla base delle somiglianze con l'Autoritratto dell'Accademia di S. Luca (apprezzabile esempio romano di conversation-piece, ad un livello di immediatezza del tutto rara nella produzione del C., tanto da lasciare qualche dubbio sull'attribuzione). Ibid., SS. Michele e Magno: S. Leone IV, 1770 (M. Bosi-P. Becchetti, SS. Michele e Magno, Roma 1973, p. 111).
Sono del C. i disegni e le incisioni seguenti conservati a Roma: Accademia di S. Luca: Nudo maschile, matita nera e gessetto, prova di concorso eseguita nel marzo 1767 (B 171, s. 1); Museo francescano: S. Felice da Cantalice, incisione di G. Petrini su disegno del C., 1783.
Nel costituire la dote alla figlia Faustina il C. elenca molti quadri, anche di soggetto profano, probabilmente di sua mano, oggi non rintracciabili. Il Diario di Roma, nell'elogio funebre, parla anche di dipinti presso il principe Ventimiglia a Palermo. Dal Manoscritto Lanciani 65 (Roma, Bibl. dell'Ist. naz. di archeol. e st. dell'arte, c. 28) risulta che il C. spedì in Corsica, nel 1803, uno stendardo da lui dipinto. Risultano irreperibili anche un S. Stefano d'Ungheria (A. Schiavo, La chiesa di S. Paolo, primo Eremita, in Capitolium, XXXVI [1961], 3, pp. 8-11); una Crocifissione (1787) e una Deposizione (1789), ammirate dal Chracas nell'ospizio di S. Michele, non appena ultimate dal C.; e, nella chiesa di S. Agostino a Rieti, un S. Tommaso d'Aquino. Al C. è comunemente attribuito un vero capolavoro: La Madonna porge il Bambino a s. Gaetano Thiene e la morte di s. Andrea Avellino (Spoleto, duomo), del 1790 circa; la sua miscela di neocinquecentismo, neosecentismo, neoclassicismo, persuasivamente rivissuta e ravvivata da un pizzico di naturalismo appare tanto diversa e superiore alla produzione dell'artista oggi nota da render molto dubbia la tradizionale attribuzione. Si consideri che proprio in quegli anni (1791) il C. eseguiva la Canonizzazione di s. Domenico (Rieti), opera di ben modesta qualità.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. Alessandrina, ms. 321: V. Pacetti, Giorn., 27 ott. 1785, 18 nov. 1785; Roma, Arch. Capitolino, Atti Succ.re notaio Pellegrini, Istrum. e Testam. 1808, 88, X, 8 dic. 1808: Constitutio dotis (di Faustina Concioli); Ibid., Atti notaio Mannucci, Istrum. e Testam. 1819, 71, XXVI, 13 marzo 1919: testamento; Diario ordinario di Roma, 29 marzo 1783; 5 maggio 1787; 18 luglio 1789; 7 dic. 1820 (elogio funebre); M. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma [1794], a cura di G. Matthiae, Roma 1970, p.280; G. A. Guattani, in Mem. encicl. delle antichità e belle arti di Roma, IV (1806), p. 142; M. Missirini, Mem. per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 427; A. Pinetti, Storia di un quadro nella cappella Colleoni, in Boll. della Civica Biblioteca di Bergamo, V (1911), pp. 14-20; A. Sacchetti Sassetti, Guida ill. di Rieti, Rieti 1930, p. 44; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma s. d., p. 122; G. Incisa della Rocchetta, Mostra di ritratti di accademici del Settecento e dell'Ottocento (catal.), Roma 1970, pp. 24 n. 34, 27 n. 44; P. Gerlach-S. Gieben-M. D'Alatri, IlMuseo francescano, Roma 1973, p. 43; S. Susinno, I ritratti degli accademici, in L'Accademia nazionale di S. Luca, Roma 1974, p. 265; V.Casale-G. Falcidia-G. Pansecchi-B. Toscano, Pittura del '600 e'700. Ricerche in Umbria, I, Treviso 1976, ad Indices;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 289.