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COMOLLI, Antonio

di Giuseppe Armocida - Giovanni Verga - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)
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COMOLLI, Antonio

Giuseppe Armocida
Giovanni Verga

Nacque a Como il 12 ag. 1879 da Giovanni e da Giulia Perti. La famiglia era originaria di Laglio, sul lago di Como. Il padre fu un rinomato chirurgo, per molti anni primario dell'ospedale di S. Anna di Como; egli inoltre resse, nella sua città, varie cariche amministrative. Il C., compiuti gli studi medi a Como, si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Pavia e successivamente si trasferì in quella di Genova: qui frequentò come allievo interno la clinica medica e conseguì la laurea nel 1906. Intraprese subito la carriera universitaria e, trasferitosi nell'università di Firenze, dal 1907 cominciò a frequentare l'istituto di anatomia umana normale, diretto da G. Chiarugi, e quello di anatomia patologica, diretto da G. Banti. Compì in quegli anni un viaggio di studi in Germania, soggiornando particolarmente a Francoforte sul Meno per frequentarvi l'istituto di anatomia.

Nel 1910 conseguì la libera docenza in anatomia umana normale e divenne aiuto del professor Livini presso gli istituti clinici di perfezionamento di Milano. Contemporaneamente acquisiva esperienza clinica, prestando servizio come medico chirurgo aggiunto nell'ospedale di S. Anna di Como.

Tornato a Firenze, entrò nella clinica chirurgica diretta da E. Burci, ove conseguì la libera docenza in patologia speciale chirurgica nel 1921; mentre esplicava le mansioni di aiuto nell'istituto di clinica chirurgica, venne anche incaricato dell'insegnamento di semeiotica chirurgica e tenne un corso libero di patologia speciale chirurgica dimostrativa. Nel 1925 conseguì la libera docenza in clinica chirurgica e nel 1926 venne incaricato della direzione della stessa clinica in sostituzione del Burci. Dal 1930 al 1933 insegnò patologia chirurgica nell'università di Modena e dal 1933 al 1936 diresse l'istituto di patologia speciale chirurgica e propedeutica clinica dell'università di Padova. Tornato a Firenze nel 1936, dopo aver retto fino al 1938 l'insegnamento della patologia chirurgica, nel 1939 fu nominato direttore dell'istituto di clinica chirurgica generale e terapia chirurgica. In quegli anni il C. coltivò in modo particolare gli studi sulla chirurgia pediatrica, tanto da legare il suo nome alle prime tappe dello sviluppo di questa disciplina. Giunto all'età di circa settanta anni, diede impulso alla fondazione di una clinica chirurgica pediatrica nell'università di Firenze, che per cinque anni diresse all'ospedale Meyer. Fu tra i patrocinatori della autonomia di questa branca, promovendo le prime libere docenze in chirurgia pediatrica e dirigendo l'organizzazione di una delle prime scuole italiane ove si formarono i primi specialisti. Ai problemi della chirurgia pediatrica dedicò le maggiori energie degli ultimi anni della sua attività clinica.

La produzione scientifica del C. fu molto ricca. I suoi primi lavori, che eseguì negli istituti di Milano e di Firenze e in parte all'estero, vertevano su temi di indagine anatomica e anatomopatologica: l'importanza dei contributi originali che recò in uno studio anatomico intorno alla sistematica del cervelletto dei Mammiferi, condotto quando era ancora molto giovane, fu messa in evidenza dallo stesso G. Chiarugi in Istituzioni di anatomia dell'uomo (IV, s. 1, Milano 1940, pp. 95 ss.).

Nel 1912 diede alle stampe, a Pavia, la sua tesi di libera docenza in anatomia umana normale, un lavoro sulla citologia delle ghiandole surrenali condotto all'istituto milanese del Livini: Studio citologico sui corpi surrenali. Quasi contemporaneamente si impegnò in temi di chirurgia; nel 1915 pubblicò, a Firenze, la monografia Sulle ernie del crasso. L'applicazione alla ricerca contemporaneamente in due istituti, di anatomia e di clinica chirurgica, gli consentì di disporre del materiale più idoneo, feti e adulti, per procedere a uno studio sistematico teso a individuare la disposizione definitiva della borsa omentale destra nell'uomo. In quegli anni fu anche autore di lavori sulla sutura del cuore per ferite da punta e da taglio penetranti nel ventricolo sinistro e sulla cura delle fratture del calcagno. Compendiò i principali risultati dell'attività scientifica svolta in quel periodo nel Rendiconto clinico operativo, edito a Firenze nel 1922, e nell'Appendice al rendiconto clinico operativo, ibid. 1925. Il C. si interessò successivamente ai problemi dell'ipospadia, fornendo un'ampia casistica personale, della chirurgia delle paratiroidi e del dolore addominale, sul quale tenne poi una relazione a Bologna al congresso della Società italiana di chirurgia del 1948. Nella cura chirurgica della tromboangioite obliterante, in base ai dati ricavati dalla sua casistica e dalla letteratura più recente, egli sostenne la superiorità dell'intervento di gangliectomia nei confronti delle altre strategie operatorie quali la surrenalectomia, la paratiroidectomia parziale e l'arteriectomia, come fino dal 1924 aveva proposto G. Diez. Interessante fu anche la sua ipotesi, prospettata in un lavoro condotto in collaborazione con G. Baggio, di un nuovo meccanismo patogenetico dell'ernia iatale, che derivava dal rilievo di una frequente concomitanza tra questa forma morbosa e alcune deformità della colonna vertebrale (Nuovi criteri nell'interpretazione patogenetica delle ernie dello hiatus esofageo, in Arch. ital. d. mal. dell'app. dig., III [1934], 4, pp. 316-323).

Relativi al suo impegno nella chirurgia pediatrica e al lavoro presso l'ospedale Meyer di Firenze si ricordano i contributi sulla cura chirurgica della stenosi pilorica del lattante, sull'impiego degli antibiotici per via arteriosa nel lattante, sulla patogenesi dell'ernia ombelicale nel neonato e la breve nota sopra cinque casi in cui praticò con successo la resezione sottoperiostea nella osteomielite acuta dell'infanzia (Possibilità ricostruttive dell'osso dopo resezione sottoperiostea per osteomielite acuta ematogena, in Arch. Putti di chir. d. organi di movimento, III[1953], pp. 134 ss.). Di particolare interesse appare anche il lavoro sul problema terapeutico dell'atresia congenita delle vie biliari (The therapeutic problem of congenital atresia of the bile ducts, in Journal of the Intern. College of Surgeons, XXIV [1955], pp. 337-340).

Tra gli altri contributi di rilievo recati dal C. si segnala quello sulla cura chirurgica di ernie e laparoceli postoperatori, per cui propose un nuovo tipo di plastica muscolare mediante sostituzione di parte dei muscoli retti anteriori dell'addome con i due gracili o retti interni della coscia. Una particolare menzione merita poi la descrizione che il C. dette di un rilievo clinico patognomonico della frattura della scapola, il segno del cuscinetto triangolare, detto anche segno del Comolli, consistente nella comparsa poco dopo il trauma di una tumefazione di forma triangolare a livello della regione scapolare, che riproduce il disegno dell'osso fratturato (Über ein deutliches Zeichen bei gewissen Schulterblattbruechen, in Zentralblatt für Chir., XV [1932], pp. 937-940). Il C. perfezionò le sue osservazioni raccogliendo ulteriore casistica (Un signe pathognomique de fracture de l'omoplate, in La Presse médicale, XLII [1934], pp. 1119-1123; Diagnosi di frattura e diagnosi di osteomielite della scapola col segno del cuscinetto triangolare, in Boll. e mem. d. Soc. tosco-umbra di chir., VII [1941], pp. 49-55) e il valore patognomonico del segno del cuscinetto triangolare fu in breve accettato dalla generalità dei trattati specialistici (si veda G. Bianchi, Segno del Comolli: sua importanza nella diagnostica delle ferite della regione scapolare, in Chir. d. organi di movimento, XXVII [1942], pp. 424-427).

Raggiunti i limiti di età, il C. tornò con la famiglia a Como. Con la moglie, Anna Maria Coronaro, una pronipote di Massimo d'Azeglio, trascorse serenamente gli ultimi anni nella villa di Cagno. Curò maggiormente in questo periodo i suoi interessi e le sue ricerche nel campo della storia dell'arte, che aveva coltivato fino dall'età giovanile. Era appassionato collezionista di opere d'arte e studioso della pittura italiana dei secoli diciassettesimo e diciottesimo. A questi interessi non fu estranea la lunga amicizia con lo storico dell'arte tedesco H. Voss, che aveva conosciuto già negli anni del suo primo soggiorno fiorentino; figura infatti nel Comitato d'onore dell'Hommage a Hermann Voss, Strasbourg 1966, un volume di studi in onore degli 80 anni dello storico d'arte.

Morì in tarda età a Como, il 22 maggio 1975.

Fonti e Bibl.: Necrol. in Arch. e atti d. Soc. ital. di chir., II (1975), p. 46; in Riv. archeol. dell'antica provincia e diocesi di Como, CLVICI-VII (1974-75), pp. 253-256; in Periodico d. Soc. storica comense, XLV (1974-1977), pp. 206 ss.; V. Bianchi, A. C. chirurgo di fama internazionale, in Como romantica, Como1976, pp. 53 ss.

Vedi anche
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