COLOMBERTI, Antonio
Nacque a Viterbo il 20 febbr. 1806 da Gaetano Colomberghi e da Caterina Rinaldi, entrambi attori.
Gaetano, nato a Ferrara nel 1785 da Antonio, un pittore di prospettive di origine tedesca - il padre Pietro Kalemberg veniva da Lipsia -, trasformò il cognome, già italianizzato, in Colomberti. A 17 anni, alla morte del padre, Gaetano dovette interrompere gli studi per la precaria situazione economica e intraprese la vita teatrale entrando nel 1802 nella compagnia di Paolo Bazzi, come generico e con il compito di copiare gli originali e le parti e scrivere i manifesti. Passò nel 1803 come amoroso con il capocomico F. Cavalletti, quindi nel 1804 con la compagnia di G. Petrelli nei ruoli di primo e secondo amoroso. Nel 1805 durante una sosta della compagnia a Fossombrone, conobbe e sposò, nonostante il parere contrario dei genitori di lei, Caterina Rinaldi, che intraprese al suo fianco la carriera teatrale. Scioltasi la compagnia del Petrelli nel 1806, passò nella compagnia di Luigi Velfranch nel ruolo di amoroso assoluto, riscuotendo un certo successo nel teatro della piazza Vecchia a Firenze, e venendo quindi riconfermato per i due anni successivi. In seguito passò a Vicenza con Antonio Previtali (1809), quindi si scritturò con Francesco Rigoli per alcune rappresentazioni in Dalmazia (1810-11), passando poi con la compagnia Consoli, Zuccato e Pellizza. Mutò ancora compagnie: recitò con Giacomo Dorati (1815), poi con il Previtali, quindi come tiranno e amoroso con il Bergamaschi, e nel 1816 in società con Giuseppe Bosio col quale percorse i centri minori della Toscana. Si impegnò poi con il teatro di Ognissanti di Firenze, con Luigi Del Buono, assieme alla moglie, e nel 1817 con Efisio Antiseri, con il quale si recò in Sardegna fino al '19. Nel 1821 passò come generico primario, con moglie e figlio, nella compagnia Tommaso Zocchi, nel 1822 con Lorenzo Pani (insieme a Pieri e Vedova), e nel '24 con Luigi Fini, tornando quindi nell'anno successivo con lo Zocchi e facendo compagnia per il '26 con G. Dorati e G. Guagni e poi nel '29 con il figlio e Nicola Vedova. Entrò quindi in compagnie di maggior rilievo: Paladini-Internari (1831), R. Mascherpa (1833-1834), quindi (1835-44) a Napoli con la compagnia di G. Prepiani, A. Tessari e, G. B. Visetti al teatro dei Fiorentini. Colpito da malattia e subita l'amputazione di una gamba, si stabilì a Pisa, mantenuto dal figlio Antonio fino alla morte avvenuta nel 1859.
Caterina Rinaldi, moglie di Gaetano, nata a Fossombrone nel 1780, figlia di commercianti, debuttò in piccole parti nella compagnia Velfranch (1806-09), passando nel 1809 a quella di servetta; poi, secondo le circostanze, nei ruoli di seconda o prima donna, madre e caratterista. Lasciò la vita teatrale nel 1832; morì a Napoli nel 1869.
Il C. continuò la tradizione familiare, seguendo fin dalla nascita i genitori nelle loro peregrinazioni ed esercitandosi nell'arte già in età giovanissima: nel 1811-12 ricopriva le parti di fanciullo nella compagnia Consoli, Zuccato e Pellizza. Nel 1820 per alcune recite, solo momentaneamente, fu primo amoroso nel teatro della piazza Vecchia in una compagnia secondaria. Figlio d'arte, ricevette solo un'istruzione elementare, ma la sua voglia di apprendere spinse il C. ben presto ad interessarsi di storia antica e degli autori teatrali più rinomati, leggendo soprattutto Alfieri, Goldoni e Metastasio, e ad imparare la lingua francese dalla quale era tradotto parte del repertorio delle compagnie del 1800.
Egli fa risalire il suo debutto al 1822, quando entrò a Firenze nella compagnia di Lorenzo Pani come semplice generico, ed ebbe come maestro Ercole Gallina che lo iniziò alla recitazione delle commedie. Quindi, essendo ancora legato alla volontà paterna, passò l'anno seguente con Nicola Vedova e Francesco Pieri, nel ruolo di amoroso generico ed in altre parti richieste dalla compagnia, in cui ricevette gli insegnamenti del Vedova per la recitazione di ruoli tragici e drammatici. Nel 1824 fu scritturato insieme ai genitori dal capocomico Luigi Fini ancora come amoroso generico, e nel 1825 da Tommaso Zocchi, inizialmente nello stesso ruolo, in seguito. chiamato a sostituire un attore incorso a Pisa nella disapprovazione del pubblico, nel ruolo di primo amoroso assoluto e primo attore giovane. Trovò in quell'occasione l'appoggio dello Zocchi stesso e il favore del pubblico, uniti al valido aiuto degli insegnamenti del primo attore e direttore della compagnia Giuseppe Salvini. La carriera artistica del C. ebbe dunque una svolta; ma l'anno successivo, 1826, fu costretto, contro la sua volontà, a seguire il padre nella società con Dorati e Guagni, mentre invece desiderava perfezionare ancora la sua recitazione sotto il Salvini.
Tornò presso la compagnia Zocchi nel 1827, come primo amoroso e primo uomo nei ruoli non coperti dal Salvini stesso. Conosciuta nella compagnia Isabella Belloni, attrice di talento e figlia di attori, e sposatala nel 1827, la seguì nella compagnia Mascherpa, tornando a, ricoprire momentaneamente il ruolo di generico. Nel 1829 era primo attore nella compagnia costituita col padre e con Nicola Vedova, e con tale ruolo passò nel 1830-31, nella compagnia di Francesco Paladini e Carolina Internari, con la quale recitò a Parigi, sempre seguito dalla moglie scritturata anch'essa.
Nel 1832 restò vedovo e a distanza di poco tempo perse anche i suoi tre figli; si risposò in seguito con Amalia Boni, anch'essa attrice, che lo seguì nella carriera. Avviato ormai all'apice della professione, entrò come primo attore nella compagnia Mascherpa, dal 1832 al '36, per un periodo anche insieme alla sorella Carolina (prima donna giovane), al padre (generico primario) e al fratello Luigi (generico giovane). Dal '37 al '39 ricoprì il ruolo di primo attore con scelta di parte e di direttore nella compagnia di Gaetano Nardelli, dal '40 al '43 fu sempre primo attore e direttore della tragedia nella compagnia di R. Mascherpa, e ancora nel '43-'45 direttore e attore nella seconda compagnia Domeniconi, che tra i vari spostamenti si recò anche a Milano al teatro Re e a Roma al teatro Valle. Nel 1847-49 entrò in società con Carolina Internari e Amalia Fumagalli, ma la compagnia subì perdite economiche e dovette affrontare varie difficoltà, anche a causa delle condizioni politiche italiane. Dopo aver fatto compagnia con Eugenia Baraccani, nel '50, e da solo nel '51-'52, recitando assieme alla moglie e al figlio Enrico, venne scritturato per il carnevale del '54 da L. Domeniconi come primo attore al teatro Valle di Roma, dove fu accolto molto bene dal pubblico, e ricevette i primi riconoscimenti ufficiali del suo talento essendo eletto socio onorario della Filodrammatica romana. Fu poi impegnato dal 1854 al '57 con Adamo Alberti al teatro dei Fiorentini di Napoli, stipendiato dalla corte reale, ricoprendo il ruolo di padre nobile e di tiranno.
In questi anni è spesso ricordato nelle cronache teatrali napoletane per le interpretazioni, e per lo zelo e l'impegno, che lo contraddistinguevano nella compagnia a fianco della prima attrice Fanny Sadoski.
L'attività del C. continuò fervida, alternata a brevi periodi di riposo, impegnato ormai da solo nelle compagnie, la moglie, essendo occupata nell'educazione della figlia Gemma nata nel '36. Trascorso un anno di riposo, entrò nella compagnia di L. Trezzana e Marchi nel 1859; nel 1860 e poi nel 1863 in società con il Domeniconi, come attore e direttore, calcò le scene di Torino e Roma, con discreto successo della compagnia che rimase poi affidata al C. e a C. Romagnoli, essendosi il Domeniconi ritirato per motivi finanziari. Ricoprì ancora il ruolo di attore e direttore nel 1866 e nel 1867 - dopo essere stato sei mesi in compagnia con il Bruni - nella società con Eugenio Casilini, e nel '69 nella compagnia di Enrico Verardini. Scioltasi la compagnia del Verardini, il C. abbandonò le scene stabilendosi a Bologna, dove per tre anni fu presidente e socio della Società dei filodrammatici Concordi. Fu anche incaricato dai marchesi Malvezzi di dirigere le esercitazioni drammatiche per una società di nobili. La sua ultima apparizione sulle scene fu in occasione della rappresentazione del dramma Gabriella scritto dal marchese N. Pepoli, di cui curò la direzione nel palazzo di quest'ultimo; fu pure consulente per rappresentazioni in vari palazzi nobili della città.Morì a Bologna il 13 marzo 1892.
Sulla scena il C. aveva un repertorio vastissimo, ma riscosse successo soprattutto impersonando Perez, Carlo e Filippo nel Filippo dell'Alfieri, Palamede nell'Aristodemo del Monti, Cesare nel Catone e Sesto nella Clemenza di Tito del Metastasio, e recitando le commedie del Goldoni. Il Costetti lo ricorda tra gli attori migliori del tempo e tra coloro che meglio rappresentarono l'arte drammatica, definendolo un classico proprio per il suo repertorio imperniato su Alfieri, Goldoni e Metastasio. Ne loda la recitazione "netta chiara scolpita" (I dimenticati..., p. 27) e la dizione, pur notando la prevalenza della pausa meditativa (venne soprannominato dai contemporanei "re Pausania") e "un non so che di lento e di grave che aveva nell'insieme la recitazione di lui" (ibid., p. 43) modi che però lo rendevano adatto a sostenere parti diverse, sia nelle commedie sia nelle tragedie. Agevolato nella recitazione anche dall'aspetto e dalla vivacità dello sguardo che lo aiutava in ogni ruolo, tuttavia "abusava talora negli effetti detti di controscena (ibid., p. 28). Il Bonazzi definisce "lapidaria la recitazione del C., e aggiunge che prolungando la durata degli spettacoli per il suo modo di recitare, era "il terrore degli illuminatori"; afferma però che il pubblico lo apprezzava ugualmente quando recitava in alcuni ruoli come il Bonfil della Pamela "acui quelle lungagne e quelle pause non tornavano disacconce" (G. Modena..., p. 27).
Pur autodidatta, oltre a tradurre per le scene lavori dal francese, scrisse un numero notevole di opere teatrali delle quali alcune furono rappresentate, e tra queste "varie furono applaudite, varie sofferte e varie replicate", come scrive egli stesso (Cenni artistici, p. 142). Rimaste inedite, ne fornisce l'elenco nelle sue opere autobiografiche: si tratta di commedie (Il macinator di colori, Il barone Ricchetti e la dama di compagnia, I Cinque sensi, Un gastronomo, Sì o no?, È troppo tardi, Il sonnambulismo, Due santi effetti e un fallo, Dietro il sipario, Ozio o lavoro, Il capitano Cassard)di cui alcune di argomento storico (Adele, Cervantes e il suo Don Chisciotte, La setta dei Raggi, Olga di Pietro:burgo, Pietro Paolo Rubens, Giorgio Washington o la spia); drammi storici anche in versi, ispirati alcuni al periodo classico (Fidia, Epaminonda), altri alle vicende della famiglia Bentivoglio (Annibale Bentivoglio, La morte di A. Bentivoglio, Sante e Giovanni Bentivoglio, La caduta della famiglia Bentivoglio), altri ispirati a vicende contemporanee (La condanna a morte di Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti), e di argomento diverso (Gian Pietro Galluzzi, La cicuta, La morte di Paolo I, Tirannide ed eroismo, L'omicida, Rollandino Passeggeri, Azzo Galluzzi o il bruto di Bologna, Maso Aniello, I Malatesta di Rimini, Giuseppe, Anna Bolena, ecc.). Si aggiungono anche romanzi storici: Poppea e Nerone, Bologna nel secolo secondo dell'era cristiana, Il gioielliere di Venezia.
Il C. si occupò inoltre, soprattutto dopo aver abbandonato le scene, di storia del teatro in particolare contemporaneo, scrivendo alcuni lavori rimasti inediti. Presso la Biblioteca dell'Istituto naz. di archeologia e storia dell'arte di Roma sono conservati i manoscritti: Memorie artistiche dei più distinti comici e comiche che adornarono le scene italiane dal 1780 al 1869 (datato Bologna 1872; coll. ms. 21) in cui, tenendo presente l'opera di F. Bartoli (Notizie istoriche de' comici ital. che fiorirono intorno all'anno MDL fino a' giorni presenti..., Padova 1782), la prosegue occupandosi solo degli artisti non più viventi, ed illustrando nella prefazione la storia del teatro in Italia dal 1200 al 1850, anche riguardo alla formazione degli artisti e al tipo di rapporto che li legava nelle varie compagnie; Cenni artistici dei comici italiani dal 1550 al 1780 compilati dall'attore comico Francesco Bartoli e dall'attore Antonio Colomberti continuato fino al 1880 (datato Bologna 1880; coll. ms. 22). In entrambi fornisce una serie di bigrafie di attori e attrici, e una notevole quantità di notizie attinte direttamente o indirettamente, molto utili per la storia delle compagnie teatrali dell'epoca, anche se talvolta necessitano di ulteriori verifiche. Presso la Biblioteca teatrale del Burcardo a Roma è conservato un terzo manoscritto, Notizie storiche dei più distinti comici e comiche che illustrarono le scene italiane dal 1780 al 1880, precedute da una breve descrizione del risorgimento del teatro e del progresso di esso e decadenza dal 1200al 1860 (datato 1881, coll. ms. 3.42.8.33: scritto da mano diversa reca l'indicazione: "G. Sala... copiò"), insieme a un altro incompleto e dal titolo non originale, che riproduce parte delle Memorie artistiche... (coll. 3.15.3.19). Ha lasciato manoscritta anche una dettagliata autobiografia, Vita artistica di Antonio Colomberti (datata 1872; Roma, Bibl. dell'Istit. naz. di archeologia e storia dell'arte, coll. ms. 28; copia omologa intitolata Memorie presso la Biblioteca teatrale del Burcardo, coll. 3.40.8.23), che è un'ampia miniera di notizie non solo per l'attività artistica del C. e della sua famiglia, ma anche per quella degli attori con i quali venne a contatto nella sua lunga carriera, notizie poi riutilizzate nei posteriori lavori di storia del teatro. Ancora autobiografiche sono le Memorie di un celebre pittore e di un artista (Roma, Biblioteca dell'Ist. naz. di archeologia e storia dell'arte, coll. ms. 20; copia presso la Bibl. teatrale del Burcardo, coll. 3-15.6.18) datate 1888, che riportando la storia dell'amicizia con Michele Micheli forniscono ancora notizie sulle sua attività.
Seguirono la tradizione familiare anche i fratelli del C., Luigi e Carolina.
Luigi, nato a Verona nel 1813, cominciò a riportare un certo successo al teatro de' Fiorentini di Napoli. Colpito da una malattia incurabile, morì, forse a Napoli, a meno di 26 anni, nel 1838.
Carolina, nata a Cagliari nell'anno 1818, cominciò a recitare come ingenua e come generica giovane nella compagnia del padre nel 1830. Le sue doti la portarono ben presto a ricoprire il ruolo di prima donna nella compagnia di R. Mascherpa (1833), ruolo per il quale fu confermata anche l'anno seguente. Riscosso molto successo con questa compagnia anche a Roma al teatro Valle, fu scritturata dalla compagnia Tessari, Preppiani e Visetti insieme alla famiglia nel 1835, passando a Napoli al teatro de' Fiorentini, dove rimase sette anni, finché lasciò il teatro comico per il canto, rinunciando anche al ruolo di prima attrice offertole dal Domeniconi. Scritturata nel 1842 dall'impresa del S. Carlo per il teatro del Fondo come prima donna di opere buffe, nell'autunno raggiunse l'impresario Jacovacci al teatro Valle di Roma come comprimaria. Sposatasi, sempre nel 1842, abbandonò le scene. e morì in data non precisata, ma successiva al 1880.
Fonti e Bibl.: Oltre alle opere autobiogr. e di storia del teatro del C. sopra citate si veda: Il Teatro, giornale letter. teatrale, Napoli 1856-1857, pp. 10, 13, 26, 47, 53 s., 65, 77, 86, 93, 121, 124, 173; A. Alberti, Quarant'anni di storia del teatro de' Fiorentini in Napoli, I, Napoli 1878, pp. 45, 81; II, ibid. 1880, pp. 27 ss.; L. Bonazzi, G. Modena e l'arte sua, Città di Castello 1884, pp. 26 s.; G. Costetti, Idimenticati vivi della scena italiana, Roma 1886, pp. 25-47; Id., LaCompagnia Reale Sarda ed il teatro ital., Milano 1893, p. 31; Id., Il teatro italiano nel 1800, Rocca San Casciano 1901, pp. 112, 114, 128, 156, 189 s., 210 ss.; L. Rasi, Icomici italiani, Firenze 1897, I, pp. 682-685; N. Leonelli, Attori tragici attori comici, I, Milano 1940, pp. 102, 254 s.; II, ibid. 1946, p. 265; Enc. Ital., X, p. 778; Enc. d. Spett., III, coll.1100-1103.