COLLALTO, Antonio
Nacque a Venezia il 21 0 22 apr. 1765. Mancano notizie sulla famiglia, socialmente modesta; il Cicogna, nel rilevarne la totale estraneità a quella omonima appartenente alla nobiltà veneta, la disse israelita, aggiungendo che il C. s'era convertito da giovane al cattolicesimo. Quale che sia l'attendibilità di questo dato, che non compare in altre fonti, il C. fu in grado di entrare nel seminario patriarcale di Venezia, retto dai somaschi, dove la sua formazione prese un orientamento scientifico particolarmente per l'influenza del muranese V. Miotti, fisico e tecnologo di buon livello, esponente di quello sperimentalismo che nel Veneto s'era conquistato cultori di rilievo anche tra i religiosi. Il C. completò gli studi in seminario, ma non divenne sacerdote. Restano ignoti i modi della sua formazione ideologica, segnata poi da un deciso illuminismo tendente ad esiti giacobini; va comunque ricordato che in settori della comunità scientifica veneta fin dalla metà del secolo s'era attuata la saldatura tra spinte al rinnovamento specialistico ed accettazione di temi in senso lato illuministici. Così, se mancano dati sul C. negli anni 1785-90, poco dopo egli appare vicino ad un esponente tipico del radicalismo degli ambienti scientifici, V. Dandolo, insieme con il quale e con il somasco A. Fortis curò un'antologia delle Transazioni filosofiche (Venezia 1793) della Royal Society londinese. Maggiore di lui di alcuni anni, e poi esponente di primo piano della Municipalità provvisoria di Venezia e dell'intera fase napoleonica nell'Alta Italia, il Dandolo poté ben essere uno dei tramiti del coinvolgimento politico del Collalto. I primi contributi scientifici furono di matematica (Metodo analitico per conoscere la fallacia di alcune dimostrazioni, Venezia 1792; Discorsi sul metodo di studiare le matematiche, ibid. 1793) e di fisica (scrisse, ancora con Fortis e Dandolo, annotazioni per l'edizione veneziana del 1793 della Fisica sperimentale di G.F. Poli), e l'intera sua produzione, per quanto sia essenzialmente quella d'un matematico puro, mostra un'attenzione costante per aspetti applicativi, derivata forse dal Miotti. Nel 1795, sulla base dei lavori citati, il C. ottenne la cattedra di matematica e fisica nelle scuole pubbliche di Venezia, dove mostrò doti didattiche di prim'ordine; alla docenza si aggiunsero poi gli incarichi di esaminatore nei corsi tecnici dell'Arsenale e della scuola di marina, mediante i quali egli venne qualificandosi come uno dei protagonisti del processo, caratteristico del secondo Settecento veneto, di reimpostazione su basi scientifiche di attività tecniche, prima ampiamente consuetudinarie ed empiriche. Queste attività, potenziale avvio di una carriera solida, subirono però un'interruzione in seguito alla crisi indotta nello Stato veneto dalla campagna d'Italia del Bonaparte; il C. fu uno dei sessanta firmatari del manifesto costitutivo della Municipalità provvisoria di Venezia dopo il collasso del governo aristocratico (16 maggio 1797).
Il suo biografo A. Meneghelli, testimone diretto degli avvenimenti, vedrà nella sua adesione entusiastica all'esperimento repubblicano l'effetto della sostanziale ingenuità e candore d'un uomo la cui formazione, tutta concettuale, era estranea alle complessità e durezze d'un sommovimento politico. In realtà l'azione del C. nella Municipalità si potrebbe pienamente ricostruire solo con l'esame della copiosa produzione legislativa, giornalistica e libellistica dell'intermezzo repubblicano o ad esso relativa (parzialmente elencata e discussa in E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, nn. 1048-1063, ed in F. A. Perini Bembo, Giornalismo e opinione pubblica nella rivoluzione di Venezia, I, Padova 1938). Svariati elementi di giudizio si possono comunque ricavare dai verbali delle sedute della Municipalità; in essi il C. appare esponente del gruppo più radicale, facente capo al Dandolo: membro del comitato per la Pubblica Istruzione, e spesso suo portavoce nelle sedute, egli caldeggiò la rimozione dei vecchi simboli del governo veneto e la loro sostituzione con un albero della libertà, innalzato poi il 4 giugno: fu sua l'orazione ufficiale, poi stampata, Discorso relativo all'innalzamento dell'albero della libertà, s.l. né d. [ma Venezia 1797]. Sul concreto piano politico, la sua non appartenenza al Comitato di Salute pubblica e agli altri organi di maggior rilievo operativo non lo pose al centro delle questioni più urgenti, ed in ciò influì anche la tendenza a sentire in modo tecnico l'operare politico. Comunque, oltre a tenere la presidenza della Municipalità dal 25settembre al 9 ottobre, il C. caldeggiò l'adozione del calendario rivoluzionario, la revoca di alcuni privilegi nobiliari e la confisca dei beni di alcuni emigrati, e propose l'elezione dei parroci da parte delle rispettive comunità, il mantenimento del clero secolare da parte dello Stato e una diversa suddivisione delle parrocchie. Sono anche notevoli alcune sue iniziative di riforma amministrativa e di politica scolastica, come quella d'un regolamento paritetico dei concorsi per gli uffici pubblici, l'orientamento favorevole all'abolizione dei collegi nobiliari e l'impulso ai corsi di nautica, un piano di nuova suddivisione delle zone della città. Il radicalismo ideologico del C. non va inteso nel senso che egli si sia associato alle tendenze talora emerse di degenerazione violenta dell'azione dei repubblicani, ma si qualificò in una direzione prospettica e di principio: nei casi concreti egli si mostrò capace di moderazione, accogliendo la richiesta del patriarca di Venezia, Giovanelli, per una deroga al decreto di espulsione di tutto il clero regolare di cui pure era stato un proponente, e si pronunciò contro la tendenza a spingere la cancellazione dei simboli dell'antico regime fino alla distruzione di opere di significato storico e monumentale.
Il 27 ott. 1797, al diffondersi di voci sul reale contenuto del trattato di Campoformio tra il Bonaparte e gli Austriaci, il C. fu tra coloro che nella Municipalità riunita si pronunciaronoper una difesa ad oltranza. Questa intenzione non ebbe però modo di realizzarsi ed egli, rientrando nel gruppo dei più compromessi nell'esperimento giacobino, abbandonò il Veneto, approfittando probabilmente dell'offerta di asilo agli esuli giunta dalla Cisalpina; tuttavia il passaggio in Lombardia non fu che la prima tappa di un viaggio triennale che portò il C. in Olanda, nelle Fiandre e, particolarmente a lungo, a Parigi. Mentre non risultano eventuali attività professionali svolte in questi anni, sono certi i suoi rapporti con gli ambienti scientifici parigini, dove seguì le attività universitarie ed accademiche e fu vicino al Lagrange; l'esperienza parigina determinò un salto di livello nella sua cultura matematica, avvertibile nelle sue opere successive, che si porranno esplicitamente come tentativo d'introduzione in Italia della rivoluzione analitica lagrangiana e dei suoi sviluppi didattici e manualistici. Con l'assestarsi della situazione politico-militare in senso favorevole alla Francia nel 1800 il C. si trasferì a Milano, dove nel 1802 pubblicò il suo scritto di maggior rilievo teorico: Identità del calcolo differenziale con quello delle serie ovvero il metodo degli infinitamente piccoli di Leibnizio spiegato e dimostrato colla teoria delle funzioni di Lagrange.
Nella prefazione egli traccia una breve storia del calcolo differenziale, considerando i vari tentativi settecenteschi di chiarificazione logica dei suoi fondamenti, introdotti dal Leibniz senza una giustificazione che non fosse quella della fecondità operativa. Ritiene poi di poter mostrare che la teoria delle funzioni analitiche del Lagrange costituisce uno strumento in sé completo ed adeguato di dimostrazione delle basi del calcolo: al C. è stato sufficiente "presentarmi solamente sotto agli occhi i due metodi [leibniziano e lagrangiano] ad un tempo per rilevare sul fatto la spiegazione e la dimostrazione del primo". L'opera svolge questo asserto, relativamente ai concetti primari e ad alcuni loro sviluppi; per questo carattere si inserisce quindi significativamente nel dibattito, vivo tra Settecento ed Ottocento anche in Italia ad opera tra l'altro di ricercatori come P. Cossali e V. Brunacci, sulla "metafisica" dell'analisi.
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La pubblicazione del volume, cui andrà aggiunto il peso delle benemerenze politiche, gli ottenne dal governo della Cisalpina una docenza di matematica a Pavia, prima (1803) nella scuola del poligono e degli ufficiali di artiglieria, poi (1805) nella scuola militare. Riflettono questi impegni didattici alcuni volumi manualistici di questi anni, quali Dell'istruzione teorico-pratica degli ingegneri (Pavia 1804) e Geometria analitica a due coordinate (Milano 1806); in quest'ultimo testo, ben diffuso nell'epoca, si sviluppa pur nella destinazione scolastica il tentativo già iniziato nella Identità di introdurre in Italia i risultati dei più recenti studi esteri nel calcolo, in quanto sul modello di Lagrange e Monge e di trattatisti come Biot e Lacroix il C. presenta per via analitica anche i concetti geometrici elementari, avviando il definitivo distacco della didattica geometrica in Italia dai moduli intuitivi tradizionali. La permanenza a Pavia, la cui università dopo le riforme teresiane era il centro scientifico più importante d'Italia, sarebbe potuta essere stimolante per il C., ma dopo anni di assenza egli aspirava a tornare nel Veneto (ora annesso al Regno italico) perciò chiese ed ottenne nel 1806 la cattedra d'introduzione al calcolo sublime nell'università di Padova, cui l'anno seguente unì quella di geodesia.
La produzione del periodo padovano comprende le Nuove lezioni di geometria analitica a tre coordinate (Padova 1809) ed il Nuovo saggio di poliedrometria analitica (ibid. 1810), scritti che, unitamente alla Geometria del 1806, saranno ristampati a Roma nel 1838 in un volume che ebbe ampia diffusione (Lezioni di geometria analitica a due e tre coordinate). Sono di questi anni anche alcuni scritti minori, in genere comunicazioni comparse negli atti dei vari organi accademici di cui fu membro.
A Padova l'insegnamento del C. fu apprezzato, associando in grado inconsueto chiarezza espositiva ed approfondimento, e nel prosieguo del periodo napoleonico egli ottenne ampi riconoscimenti: il governo del Regno d'Italia l'utilizzò come una sorta di perito per le richieste di brevetti, e fu ammesso nell'Accademia di Padova, nella Società italiana delle scienze (1815), nell'Istituto italiano e nel Collegio dei dotti. Nel 1814 il ritorno degli Asburgo nel Veneto portò all'allontanamento dall'università dei docenti più compromessi col precedente regime, e quindi del C.; la misura ebbe però essenzialmente il significato d'una affermazione di principio, non comportando una vera persecuzione né l'emarginazione da altri ruoli: il C. mantenne fino alla morte la carica di direttore della classe di scienze matematiche nell'Accademia di Padova, e svolse consulenze per il governo austriaco, compiendo anche nel 1819 uno studio conoscitivo sulla costruzione d'un impianto di macerazione del tabacco. Dopo il 1814, secondo una notizia del Meneghelli, il C. si dedicò al progetto d'una enciclopedia delle matematiche applicate in sei volumi, dal titolo Descrizione,maneggio ed uso dei principali strumenti di matematica,applicabili alle scienze ed alle arti, che rimarrà però incompleta ed inedita per la morte dell'autore. L'ispirazione dell'opera può far meglio comprendere la posizione del C. nella complessiva evoluzione dell'ambiente scientifico italiano tra i due secoli: matematico di buon valore, egli non rientra comunque tra i ricercatori più originali del periodo, e il suo ruolo più proprio va forse ravvisato nel contributo al processo generale di irrobustimento qualitativo dei settori ingegneristici, processo che in Italia fu più tardivo che altrove e che si situa tra le riforme illuministiche e la piena esplicazione d'una consapevolezza del ceto scientifico nei congressi risorgimentali. Anche in senso ideologico, la vicenda del C. non è che un frammento significativo di quella storia del radicalismo scientifico nell'Italia del Settecento che è ancora da scrivere.
Il C. morì a Padova il 16 luglio 1820.
Fonti e Bibl.: Notizie sul C. in Pavia, Bibl. univ., ms. 440: Cenni necrologici intorno a vari membri del R. Istituto italiano 1812-1826,sub nomine. Una documentazione su di lui si può attingere dalle carte della Scuola militare di Pavia conservate nell'Arch. di Stato di Milano (Ministero d. Guerra,Scuole Pavia,Personale, cartt. 2418-2430) esaminate in parte da G. Rochat, La Scuola militare di Pavia, in Boll. d. Soc. pavese di storia patria, n. s., XIX (1967), 1-4, pp. 175-248. La più completa - e praticamente unica - biografia a stampa del C. (molto reticente per l'aspetto politico) fu scritta da A. Meneghelli come necrologio per le Memorie di matematica e di fisica della Società italiana, fisica, XX (1829), 2, pp. XXXII-XXXVII, e ristampata con variaz. trascurabili in Nuovi saggi dell'Acc. di Padova, III (1831), pp. 4-6; in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 437 s., ed in Biografia univers. antica e moderna, Suppl. V, Venezia 1839, p. 337. Sparsi elementi di informazione in Nuovi saggi della Cesareo-Regia Accademia di Padova, I, Padova 1817, p. VII; F. S. Salfi, Notice sur C., in Revue encyclopédique, II (1821), p. 453; C. Botta, Storia d'Italia dal 1789 al 1814, Italia 1825, II, p. 247; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, II, Venezia 1827, pp. 360 s.; Id., Saggio di bibliografia venez., Venezia 1847, p. 397; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia, Venezia 1855, pp. 368-70; Verbali di sedute della Municipalità provvisoria di Venezia 1797, Bologna 1928-32, I, 1, pp. XLVII, 98, 163, 178, 266, 401, 427 s., 437 s., 501 s., 563-65, 642-47 e passim; 2, pp. 124, 159-293, 433 s., 458 s., 460 s. e passim; II, passim.