CIOCI (Ciocchi), Antonio
Non se ne conoscono la data di nascita, né il grado di parentela con la famiglia dei Ciocchi. La prima data relativa alla sua attività artistica può essere considerata il 1758, anho in cui presumibilmente dipinse a Roma Ilcorteo dell'ambasciatore imperiale Clerici davanti al Quirinale (firm.; Milano, Museo di Milano) - che ebbe luogo appunto nel 1758 - scena che deriva. dai prototipi di questo genere di veduta commemorativa di G. P. Parmini. Tre anni dopo firmò le vedute delle torri di Pitiana, di Ristonchi e del convento di Vallombrosia incise nel volume, di G. M. Brocchi, Vita del b. Michele Flammini (Firenze 1761, p. 340 e tavole). Il volume Raccolta di cento pensieri diversi di A. D. Gabbiani, curato da I. E. Hugford e pubblicato a Firenze nel 1762, contiene sedici incisioni di diverse misure e forme che il C. trasse da disegni del Gabbiani. Dello stesso anno è un ritratto dell'abate olivetano Ildefonso Rossi (F. Bartoli, Le pitture ... della città di Rovigo, Venezia 1793, p. 234). Nel 1766 il C. finnò la serie di affreschi con scene marine nel salone della villa del Barone a Montemurlo (Firenze).
Commissionato dal marchese Leonardo Tempi, questo complesso decorativo è il più antico di un genere praticato dall'artista che riscosse fortuna nel penultimo quarto del secolo. Le scene, incorniciate da ricchi stucchi come finti quadri e sovrapporte, denotano una conoscenza della coeva pittura romana, specie quella del Vernet, di derivazione locatelliana. Tale gusto per figure di pescatori, lavandaie e marinai ambientate in vasti paesaggi con fondali di Porti o di anse di fiumi. riappare in alcuni quadri ad olio di sua mano (Gregori, 1965). Un'analoga serie di vedute di fantasia a fresco è nel salone della villa La Tana a Candeli presso Firenze, commissionata dal barone Leon Francesco Pasquale Ricasoli e datata 1772. Appartengono pure all'ottavo decennio del secolo le sovrapporte dipinte dal C. nell'ala neoclassica della villa di Poggio Imperiale a Firenze.
Recentemente (Gregori, 1964) sono emerse alcune nature morte firmate che documentano un altro aspetto della sua produzione pittorica. Quelle datate appartengono all'ottavo e al nono decennio del Settecento e tutte sono caratterizzate da soggetti di . cacciagione e suppellettili da cucina, disposti su tavoli contro sfondi lignei, con inserti di disegni o incisioni che creano un effetto di trompe-l'oeil. Una di queste, datata 1777, reca la dedica al marchese Carlo Gerini; un'altra del 1789 (Roma, coll. Busiri-Vici) contiene una riproduzione della Flora di Francesco Mancini. L'esempio più completo di tale repertorio è la natura morta acquistata nel 1969 dalla Galleria degli Uffizi, che contiene un Autoritratto su cavalletto ambientato nel pittoresco disordine- dello studio.
Il gusto di siffatte composizioni, di dettaglio analitico e disobria intonazione cromatica, rientra nel clima dell'illuminismo toscano del tempo di Pietro Leopoldo e caratterizza pure i disegni fatti dal C. per l'Opificio delle pietre dure, ove fu assunto nel 1771 come disegnatore e sceglitore delle pietre con vari maestri alle sue dipendenze. Pagamenti al C. per modelli dipinti e disegni da tradurre in pietre dure sono registrati nell'archivio dell'Opificio con una certa regolarità nel ventennio seguente (Gonzàlez-Palacios, 1979). Si conservano a palazzo Pitti varie tavole con piani in commesso di pietre dure rappresentanti porcellane cinesi e vasi etruschi, eseguiti sui disegni del C. nel penultimo decennio del secolo (ibid.), e inoltre due, rappresentanti conchiglie, i cui modelli dipinti dal C. si trovano nel Museo dell'Opificio, mentre quelli tradizionalmente attribuiti al C. sono stati restituiti a Sante Pacini (Gonzàlez-Palacios, 1977).
Il C. morì poco dopo il 1792, presumibilmente a Firenze.
Il figlio del C. Leopoldo, di cui è ignota la data di nascita, è documentato dal 1792, assieme a C. Carlieri e G. B. Giorgi, come disegnatore e sceglitore delle pietre presso l'Opificio delle pietre dure in Firenze. Morì probabilmente prima del 1824, quando non è più nominato negli elenchi dei dipendenti dell'Opificio. Egli è l'autore dei disegni per le tavole rappresentanti la Tomba di Cecilia Metella e il Pantheon, del 1794-97, nel Museo dell'Opificio dì Firenze (Gonzàlez-Palacios, 1979). Rispetto a quelli del padre, i disegni di Leopoldo sono di un più maturo gusto neoclassico; il progetto per un orologio nel Museo dell'Opificio, che gli è stato recentemente attribuito (ibid.), denota una cultura eclettica che dipende anche dalla locale tradizione barocca.
Fonti e Bibl.: G. Gori Gandellini, Notizie istor. degli intagliatori, I, Siena 1771, pp. 282-83; P. F.-H. L. Basan, Dict. des graveurs anciens et modernes, I, Paris 1809, p. 141; D. Moreni, Continuaz. delle Memorie istor. dellAmbrosiana Imperial Basilica di S. Lorenzo, Firenze 1817, II, pp. 94 s.;A. Zobi, Not. stor. riguardanti l'Imperiale... Stabilimento dei lavori di commesso in pietre dure..., Firenze 1841, pp. 242, 244, 269 (pp. 244, 270 per Leopoldo); Id., Notizie stor. sull'origine e progressi dei lavori di commesso in pietre dure, Firenze 1853, pp. 302, 348 (pp. 301, 349 per Leopoldo); P. Gadda Conti, Il corteo dell'ambasciatore imperiale alla corte romana, in Civiltà, I (1940), 2, pp. 35-38; L. Bartoli-E. A. Maser, Il Museo dell'Otificio delle pietre dure di Firenze, Firenze 1953, pp. 9, II, 54 s.; G. C. Lensi Orlandi Cardini, Le ville di Firenze, I, Firenze 1955, p. 32; M. Gregori, in La natura morta italiana (catal.), Milano 1964 pp. 121-22; Id., 70 pitture e sculture del '600 e '700 fiorentino, Firenze 1965, p. 64; Natura in posa (catal.), Bergamo 1968, tav. 57; A. Pampaloni Martelli, Museo dell'Opificio delle pietre dure a Firenze, Firenze 1975. pp. 15, 89 (p.15 per Leopoldo); A. Gonzàlez Palacios, Un "Dessert" Per Napoleone, in Antologia di belle arti, 1977, n. 4, pp. 358ss. n. 2; Id., Commessi granducali e ambizioni galliche, in Actes du Colloque Florence et la France, Rapports sous la Révolution et l'Empire, 1977, Firenze 1979, pp. 86-94;U. Thieme-F. Becker, Kuunstlerlexikon, VII, p. 611.