CESARI, Antonio
Nato a Verona il 16 gennaio 1760 di famiglia assai numerosa (egli era il secondo di dieci figli) e non ricca, entrò giovinetto nella congregazione di S. Filippo Neri, e quando questa fu disciolta nel 1810, continuò a esercitare con molto zelo il ministero sacerdotale, e specialmente la predicazione, nella chiesa di S. Fermo a Verona. A Roma fu nel 1822, e allora si parlò anche di elevarlo alla porpora cardinalizia; ma la cosa non ebbe seguito. Verso la fine del settembre 1828, mentre era diretto a Ravenna per visitare la tomba di Dante, fu sorpreso da grave malore, e morì il primo ottobre, a cinque miglia dalla sua meta. Fu sepolto a Ravenna.
P. Giordani che gli fu amico, nell'epigrafe dettata per il busto erettogli a Roma, scrisse che il C., con la vita e cogli scritti, mantenne gloriosamente la lingua d'Italia e la fede di Cristo, e se ad alcuno l'avverbio "gloriosamente" parve esagerazione, tutti son d'accordo quanto al resto. Al mantenimento della fede, oltre che con la vita esemplare, egli contribuì infatti con le prediche numerosissime e solo in parte pubblicate, e con molti altri scritti, fra i quali si ricordano specialmente il volgarizzamento dell'Imitazione di Cristo (1788), le Lezioni storico-morali (1816), la Vita di Cristo (1817), i Fatti degli apostoli (1821), la Vita di S. Luigi Gonzaga (1823) e il Fiore di storia ecclesiastica (1828; incompiuto). Ma la fama gli venne specialmente dall'essere egli stato il maggiore dei "puristi", e cioè di quegli studiosi di lingua che, tra la fine del Settecento e il principio dell'Ottocento, fecero argine all'imbarbarimento della lingua dovuto soprattutto all'influenza del francese, richiamando gl'Italiani allo studio e all'imitazione dei nostri scrittori antichi, e specialmente dei trecentisti. Il C. che già si era messo praticamente per questa via con l'Imitazione di Cristo e la pubblicazione di testi antichi fatta in gioventù, vi s'inoltrò risolutamente quando, fra il 1800 e il 1811, ripubblicò a Verona il Dizionario della Crusca, con l'aggiunta di parecchie migliaia di voci dedotte da antichi testi di lingua. Ma lo scritto nel quale egli espose per la prima volta apertamente la sua dottrina, è la Dissertazione sullo stato presente della lingua italiana, premiata nel 1809 dall'Accademia italiana di Livorno e stampata per la prima volta a Verona nel 1810: e le idee in essa esposte riconfermò poi nei dialoghi delle Grazie (Verona 1813), e nell'Antidoto per i giovani studiosi contro le novità in opera di lingua italiana, composto nel 1828 e pubblicato postumo (Forlì 1829), e le applicò nelle Novelle, composte a imitazione di quelle dei trecentisti toscani, nelle traduzioni di Orazio, di Terenzio e delle lettere di Cicerone, nelle rime serie e piacevoli, e, per tacere di una quantità di scritti minori, nei dialoghi Sulle bellezze della Divina Commedia (Verona 1824-26), con i quali tentò un commento continuo, linguistico ed estetico, dell'opera di Dante, e contribuì efficacemente al rifiorire degli studî danteschi.
Le sue dottrine procurarono al C. fama e seguaci in gran numero, ma gli suscitarono contro avversarî accaniti che, approfittando di qualche suo errore e delle esagerazioni alle quali si abbandonò talvolta nell'imitare i trecentisti, lo criticarono aspramente. Il più illustre fra questi oppositori fu Víncenzo Monti, che lo canzonò, non senza arguzia, in certi dialoghi pubblicati nel Poligrafo di Milano nel 1813, e tornò poi alla carica nella Proposta, spalleggiato da Giulio Perticari. Più tardi però essi si riconciliarono. Ma più acerbo avversario fu il P. Francesco Villardi che, già discepolo del C. e da lui beneficato, gli si voltò poi contro aspramente. Il purismo cadde poi in discredito, ma intanto il C. contribuì a rimettere in onore l'italianità della lingua; e così indirettamente cooperò alla rinascita del sentimento nazionale.
Opere: Manca una raccolta completa delle numerosissime opere del C. Le Lettere raccolse G. Manuzzi (Firenze, 1845-46), ed altre ne pubblicarono G. Guidetti, in Lettere ed altre scritture pubblicate per la prima volta (Torino 1906) e O. Tescari, Lettere ined. di A. C. a G. Manuzzi, in Rassegna, XXIX (1921) e Contributo alla pubblicazione dell'epistolario completo di A. C., in Athenaeum, n. s., I e II (1923-24). Lo stesso Guidetti, dal 1908 in poi, pubblicò a Reggio Emilia, in una serie di volumi, molte delle opere minori, edite e inedite, del C. (Biografie, elogi, epigrafi e memorie italiane e latine, 1908; Novelle e storielle pietose e liete, 1911; Rime gravi, 1912; Rime piacevoli, 1912; Scritti danteschi, 1917; Sermoni inediti, 1927-28, ecc.). E anche pubblicò La questione della lingua e l'amicizia dî A. C. con V. Monti, F. Villardî e A. Manzoni (1901); A. Cesari giudicato e onorato dagli italiani e sue relazioni coi contemporanei (1903); L'amicizia, la religione e la lingua nelle relazioni tra A. Cesari, A. Manzoni e G. Leopardi (1922).
Bibl.: Una Bibliografia cesariana pubblicò B. Sorio (Verona 1857), un Catalogo delle opere premise il Manuzzi alla citata edizione delle lettere, e molte indicazioni bibliografiche sono nei già citati scritti del Guidetti. Cfr. C. Bresciani, Elogio storico di A. C., Verona 1828; G. Bonfanti, Vita di A. C., Verona 1832; A. Bertoldi, L'amicizia di P. Giordani con A. C., in Prose critiche di storia e d'arte, Firenze 1900, p. 177 segg.; A. Campanini, L'Accademia della Crusca e A. C., in Rass. naz., 16 dicembre 1901; A. Butti, L'opera di A. C. nella novella, in Giornale storico della lett. ital., XLII, p. 205 segg.; G. Boine, Il purismo, in La voce, 8 agosto 1912; V. Fontana e V. Mistruzzi, A. C. nel primo centenario della morte, Verona 1928; E. Bellorini, Nel centenario della morte di A. C., in Garda, novembre 1928; L. Falchi, A. C. cent'anni dopo la sua morte, in Giorn. stor. d. lett. ital., XCIV (1929).