Centa, Antonio
Attore cinematografico, nato a Maniago (Pordenone) il 10 agosto 1907 e morto a Rovigo il 19 aprile 1979. L'aria scanzonata, l'aspetto signorile ed elegante lo resero popolare e ne fecero uno degli esponenti di quel tipo di divismo che caratterizzò il cinema italiano degli anni Trenta.
Esordì poco più che ventenne in piccole recite di provincia e in seguito approdò a Roma pochi anni prima dell'inizio delle attività produttive di Cinecittà e nel pieno dello sviluppo del cinema del periodo fascista. Dopo aver ottenuto un piccolo ruolo in Ma non è una cosa seria (1936) di Mario Camerini, ebbe la sua prima importante occasione con il regista Gustav Machaty che lo diresse in Ballerine (1936). L'atteggiamento spavaldo e la recitazione dai toni vagamente melodrammatici lo resero particolarmente adatto a interpretare uno dei film più rappresentativi del regime fascista, Lo squadrone bianco (1936) di Augusto Genina, storia epica di ambiente africano, in cui il modello avventuroso statunitense veniva adattato alle esigenze culturali e politiche del tempo. Attirò poi l'attenzione di Alessandro Blasetti che lo scelse per La contessa di Parma (1937), e di Max Neufeld, regista molto attivo in Italia, dal quale fu ingaggiato per Una moglie in pericolo (1939). A trentadue anni, C. divenne quindi parte del sistema divistico nazionale e interpretò Validità giorni dieci (1940) di Camillo Mastrocinque e Il cavaliere di Kruja (1940) di Carlo Campogalliani. Fornì però le sue prove migliori per Renato Castellani in Un colpo di pistola (1942), opera prima del regista, dove s'impegnò nel ruolo di un beffardo e cinico ufficiale, e in Zazà (1944), film sceneggiato da Alberto Moravia, al fianco di Isa Miranda, una delle attrici allora più in voga, nel ruolo dell'amante. Proprio in questo periodo, a causa della guerra, il cinema italiano ridusse la produzione e mutò storie e scenari, oltre alle scelte stilistiche che rivelavano già l'affermarsi della scuola neorealista. C. fu testimone di questo passaggio partecipando al film Fari nella nebbia (1942) di Gianni Franciolini, vicenda di ambiente proletario, permeata di cupa drammaticità, in cui ancora una volta ha il ruolo dell'amante geloso. Dopo la Liberazione, nonostante le produzioni fossero in ripresa, C. si disperse in film di poco rilievo; nel 1946 il regista Giorgio Ferroni lo chiamò per Pian delle stelle, una storia con riferimenti alla Resistenza, ma di scarsa originalità. Lavorò poi in Assunta Spina (1948) di Mario Mattoli e, nel 1953, con un ruolo secondario, in Le salaire de la peur (Vite vendute) di Henri-Georges Clouzot, suo ultimo lavoro degno d'essere ricordato. Decise quindi di ritirarsi e di dedicarsi alla produzione di film.