COCCHI, Antonio Celestino
Nacque a Fumone (Frosinone), nel territorio degli antichi Ernici (da cui l'appellativo "Hernicus", riportato da G. Carafa e presente nei rotuli dell'università romana, che ha indotto alcuni studiosi in errore circa il nome di battesimo), il 18 luglio 1685 da Cesare e da Anna Maria Fantuzzi.
A Firenze, sotto la guida dei calasanziani, il C. attese ai primi studi di carattere filosofico-letterario, completandoli sotto la guida di Antonio Maria Salvini. Passò poi alla Sapienza di Roma, per seguirvi i corsi a livello universitario di scienze naturali e mediche. Sulla sua formazione medica influì particolarmente l'insegnamento di Giorgio Baglivi. Laureatosi il 13 ag. 1704, iniziò la sua carriera professionale occupando le condotte mediche di Cascia e di Ascoli Piceno e, successivamente, l'importante condotta di Frascati. Nel 1707 dette alle stampe a Lione la sua prima opera, De Terraemotu,eiusque causis et speciebus phoenomenis,effectibus et prognosi. Il C. rimaneva, tuttavia, sempre attento agli eventi della sua terra, ove tornava ricorrentemente. Nel settembre del 1709 era sicuramente a Fumone, ove datava la sua Brevis Castrensium Febrium Historia,quae FerentiniAnagniae,finitimisque locis Anno MDCCIXgrassatae sunt (poi pubblicata tra le Epistolae physico-medicae..., Romae 1725, pp. 1-18), scritta sotto forma di lettera al Lancisi e volta ad indagare, e a risolvere, i problemi suscitati dalla epidemia malarica in quel territorio.
Svolgendo indagini sulle virtù medicinali delle piante e delle erbe e connettendone con prudenza i risultati alla pratica professionale, il C. giungeva a privilegiare l'uso della china-china quale rimedio risolutivo contro le febbri malariche. La risposta del Lancisi (ibid., pp. 19-26) rivelava idee concordi ed amichevole stima.
Come medico di Clemente XI il Lancisi poteva, inoltre, sollecitare l'intervento della Sacra Consulta per un accurato esame delle cause d'impaludamento e per un'eventuale opera di bonifica nei territori infestati dalla malaria e proporre la nomina del giovane C. a consulente ("protomedicus") dell'intero Stato pontificio. Più tardi il C. avrebbe scritto l'elogio in versi Carmen in opus illustrissimi Lancisi - De noxiis paludum effluviis, rimasto inedito ed ora irreperibile. Nel 1725 il C. dava alle stampe a Roma le Epistolae physico-medicae ad clarissimos... Lancisium et Morganum, opera consistente in quattro lettere a G. M. Lancisi e una a G. B. Morgagni con le relative risposte.
Scritte in tempi differenti (apre la raccolta la citata lettera del 1709, la chiude la lettera al Morgagni De vena cava dilatatione del 1720), le lettere rappresentano un momento di sintesi tra le formulazioni tradizionali fornite dallo status teorico dell'epoca e la ricerca sperimentale di soluzioni nuove da fornire a questioni scaturite dalla pratica professionale.
Studioso attento dei più recenti risultati della scienza medica, il C., pur non giungendo mai ad elaborazioni originali, seguì tuttavia nuove teorie provocando, a volte, vivaci reazioni. Tale fu il caso della sua Epistola ad Morgagnum de lente crystallina oculi humani vera suffusionis sede, in cui sosteneva la teoria della cataratta come abnorme opacamento del corpo cristallino.
Pubblicata a Roma nel 1721, la lettera fu violentemente criticata da Giovanni Simone Bianchi, sotto lo pseudonimo di Pietro Paolo Lapi, il quale sosteneva la concezione tradizionale sulla natura membranacea delle cataratte.
Nello stesso periodo, trasferito dalla condotta medica di Ascoli Piceno a Frascati, ove sposava il 3 maggio 1724 la nobile Anna Cecilia Premiani, il C. entrava in contatto, in qualità di medico personale e di famiglia, con illustri personaggi romani, come i cardinali Ludovico Pico della Mirandola e Francesco Borghese. Nel 1726 occupava, come insegnante in soprannumero, la cattedra "dei semplici medicamenti" e, oltre ai corsi di botanica presso l'Archiginnasio romano, svolgeva dimostrazioni pratiche nell'Orto botanico del Gianicolo, di cui era prefetto. Nello stesso anno pubblicava a Roma il discorso inaugurale ivi tenuto come prolusione ai corsi, col titolo Oratio habita in aperitione Horti Botanici supra Ianiculum. Insegnante ordinario di botanica per il 1727 e il 1728, l'anno successivo il C. passava, come era nella prassi della facoltà medica romana, a tenere i corsi di anatomia, chirurgia e medicina teorica, e ne manteneva l'incarico fino alla morte. Assunto ufficialmente il compito di revisore e votante nelle cause di beatificazione e di santificazione, nel 1728 il C. era inviato a Praga dal pontefice Benedetto XIII per verificare i miracoli del beato Giovanni Nepomuceno e farne relazione. Continuò ad attendere ad incarichi similari anche con Benedetto XIV, sotto il cui pontificato redigeva il rapporto medico sul beato Giovanni Canzio.
Era, peraltro, coinvolto in acri polemiche con il custode generale dell'Accademia degli Arcadi Francesco Maria Lorenzini e con il chirurgo Gaetano Petrioli, a proposito di un suo supposto plagio perpetrato sul commento che i due già avevano steso intorno alle Tavole anatomiche di Bartolomeo Eustachio (cfr. l'opera pseudonima pubblicata dal C. a Roma nel 1727 In tabulas anatomicas clarissimi viri Bartholomaei Eustachi Sancto-Severinatis Chermesii de Fulcet Commentarii). Nel 1728 ilLorenzini rendeva pubbliche le accuse dando alle stampe con falsa data di Leyda Il Cardo,Dialoghi di Ignazio Carletti, al quale faceva subito seguire a Roma analoghi sermoni latini sotto il nome di Attilio Serrano e diversi epigrammi anonimi intitolati Analecta variorum pastorum arcadum,in Pseudo Lucilium,sive Typhaeum. Non si hanno, comunque, notizie certe della risposta del C. e del giudizio che diedero della vicenda i contemporanei.
Negli anni successivi il C. continuò ad interessarsi di questioni anatomiche e patologiche. A Roma nel 1739 dette alle stampe lo scritto De morbo variolari quo affecta est praenobilis Monialis D. Maria Livia de excellentissima Burghesiorum familia e nel 1741-43 la Lectio de musculis,et motu muscolorum habita in Theatro anatomico Archilycei Romani. L'ultima opera del C. è la Corticis peruviani vindiciae dissertatio physico-practica pubblicata a Roma nel 1746, in cui l'autore riprende e conclude le proprie indagini giovanili sugli effetti farmacologici della china-china.
Mori il 24 nov. 1747 a Roma nella casa del cardinale Francesco Borghese, dove viveva con la figlia ventiduenne Virginia e la sorella Francesca, e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina.
Fonti e Bibl.: Per i dati biogr. essenziali si vedano: Fumone, Arch. d. parrocchia di S. Maria, Battesimi, l. III; Roma, Arch. d. parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, Stati d'anime, 115, f. 101, a. 1747 e Morti, vol. XII, f. 146, a. 1747; si vedano, altresì, i rotuli (ruoli dei lettori e loro emolumenti) dell'università romana, esistenti presso l'Arch. di Stato di Roma, Università,Pergamene, prima serie, ed in copia, busta 94, ff. 551, 555, 567, 572, 687, 694. Notizie ed accenni a fatti particolari riguardanti il C. si trovano sempre presso l'Arch. di Stato di Roma, Università,Concorsi ed elezioni, busta 90, f. 471 e busta 91, ff. 197-239; Università,Hortus botanicus, I, busta 293, ff. 292-299; e presso la Bibl. univers. Alessandrina di Roma: P. Balsarini, Memorie della Sapienza, I (cod. 60), f. 140; II (cod. 61), ff. 59, 65-66; III (cod. 62), ff. 78, 85; IV (cod. 63), f. 189. Per altre notizie si vedano: G. Carafa, De professoribus Gymnasii Romani, II, Romae 1751, p. 379; A. von Haller, Bibliotheca Botanica, II, Tiguri 1772, pp. 198, 354; Id., Bibliotheca chirurgica, II, Bernae-Basileae 1775, p. 67; F. M. Renazzi, Storia dell'Università degli studi di Roma, IV, Roma 1806, pp. 93, 137 ss.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, IV, Napoli 1846, pp. 516-517; V, ibid. 1848, p. 880; R. Pirotta-E. Chiovenda, Flora romana, I, Roma 1900, pp. 220 s.; O. Sensi, A. C. da Fumone negli Ernici, Ferentino 1906; E. Carano, La botanica in Roma e nel Lazio, in Le scienze fisiche e biologiche in Roma e nel Lazio, Roma 1933, pp. 179-218 (specialmente p. 202). Molti biografi hanno effettuato una vera e propria contaminatio tra vita e opere del C. e di Antonio Cocchi di Mugello; si veda, ad es., la voce A. C. C. in P. A. Saccardo, La botanica in Italia, I, Venezia 1895, pp. 52 s.; II, ibid. 1901, p. 33; A. Hirsch, Biogr. Lexikon der hervorragenden Ärzte..., II, p. 60.