CECCHI, Antonio
Esploratore. Nato a Pesaro il 29 gennaio 1849, conseguì il grado di capitano marittimo e s'imbarcò su di una nave della compagnia Rubattino. Si trovava a Zeila allorché vi giunse la spedizione italiana ai laghi equatoriali comandata dall'Antinori (v.), la quale egli soccorse contro le agitazioni degl'indigeni arruolati. Desideroso di partecipare a quell'impresa e ottenutone il consenso dalla Società Geografica, il C. si accompagnò a S. Matrini, che con una spedizione di rifornimento lasciava Livorno il 6 marzo 1877 e raggiungeva così la residenza reale di Liccé nello Scioa il 7 ottobre successivo. In seguito alla ferita riportata dall'Antinori, obbligato a fermarsi nella stazione di Let Marefià, il C. e il Chiarini furono destinati a proseguire il viaggio verso sud. Ostacolati in ogni maniera perché ritenuti dalle popolazioni galla agenti di Men. lik e del re del Goggiam, anelanti alla loro conquista, i due viaggiatori pervennero a Cialla, capoluogo del Regno di Ghera, dove il missionario cappuccino savoiardo P. Léon des Avanchers s'interessò alla loro sorte. Tenuti prigionieri da quella regina, che, sospettando del missionario, lo fece perire di veleno (2 agosto 1879), sottoposti a dure privazioni e tormenti, il Chiarini a sua volta soccombette (5 ottobre) e solo dopo varî mesi, mercé l'interessamento di Gustavo Bianchi presso il re del Goggiam, il C. poté essere liberato e restituirsi a Let Marefià (6 marzo 1881). Rientrato in Europa nel gennaio successivo e ritiratosi a Pesaro, attese alla redazione delle memorie del viaggio e delle osservazioni scientifiche compiute da lui e dagli altri componenti della spedizione. L'opera (Da Zeila alle frontiere del Caffa, Roma 1885-87, voll. 3), rappresentò uno dei più cospicui contributi arrecati alla conoscenza dell'Etiopia meridionale e fu tradotta anche in tedesco. Il governo italiano incaricò in seguito il C. d'una missione a bordo della nave Agostino Barbarigo per visitare i porti del Benadir e di Zanzibar, e nel 1887 lo destinò a reggere il consolato di Aden, e successivamente quello di Zanzibar. In questa qualità egli si adoperò a che l'Italia affermasse la sua influenza sulla costa della Somalia e sulla retrostante valle dell'Uebi Scebeli, della quale riconobbe la futura importanza, e allorquando venne a scadere col 16 luglio 1896 la convenzione con la compagnia Filonardi cui era stata affidata la gestione del Benadir, il console C. fu designato ad assumerne temporaneamente il governo in qualità di R. commissario straordinario. Sulla fine del detto anno, imbarcatosi sulla nave Barbarigo, si recava a Mogadiscio, di dove, insieme coi comandanti Maffei e Mongiardino e con alcuni ufficiali di quella nave, si propose di raggiungere la residenza del sultano di Ghelèdi (Afgoi) col proposito di attivarvi relazioni commerciali. Ma in questa spedizione egli e tutti i suoi compagni partiti da Mogadiscio dovevano, nella notte del 23 novembre, miseramente perire in un'imboscata di Somali nomadi presso Lafolé.
Bibl.: G. Marinelli, A. C., in Riv. geogr. ital., 1897; C. Bertacchi, A. C. e la politica col. dell'Italia, in Conversazioni geografiche, Torino 1925.