CAVALLI (Caballis, Cabal, vom Ross, Härpfer), Antonio (di, de)
Apparteneva con tutta probabilità a una famiglia residente a Venezia o in Terraferma, ma non è possibile stabilire con sicurezza se si tratta della famiglia omonima iscritta sin dal 1381 nel Libro d'oro della nobiltà veneziana.
Nell'albero genealogico di questa famiglia (ms. proveniente dal pal. Cavalli a Venezia, oggi nel Civ. Museo Correr, cod. Cicogna 3415), sul quale però non si può fare molto affidamento, manca il nome di Antonio. D'altra parte sono documentabili rapporti del C. con il mondo dei mercanti veneziani: Piero Lando, che per primo sovrintendeva ai lavori della ricostruzione del fondaco dei Tedeschi, era suo cognato. Il C. era imparentato anche con due famiglie tirolesi-bavaresi, gli Ham(m)erspach di Hall in Tirolo e i Landsidler: a quest'ultima famiglia apparteneva la moglie Ursula. Questi legami di parentela lo portarono ben presto ad adottare usi e costumi germanici, come dimostra anche il suo sigillo, di tipo prettamente tedesco.
Sin dagli anni Sessanta del sec. XV troviamo il C. nella cerchia dell'arciduca Sigismondo d'Austria-Tirolo, come è attestato da annotazioni nei libri dei conti della Camera tirolese. Inizialmente in qualità di cameriere, è indicato con il nome di "Anthoni Härpfer",il che fa pensare che egli sapesse suonare l'arpa; è noto infatti che Sigismondo era solito assumere ai posti più bassi della sua corte persone che lo sapessero intrattenere anche musicalmente. Nel 1463 portò messaggi del suo signore al conte di Gorizia a Lienz nel Tirolo orientale, poi lo troviamo a Bregenz (Vorarlberg), nel 1466 per la prima volta (?) a Venezia, incaricato di acquistare damasco e velluto per l'arciduca. Negli armi tra il 1466 e il 1471 si occupò anche del commercio di cavalli.
Nel 1471 è ricordato ancora come cameriere della corte arciducale, ma già allora aveva un servo e una propria casa con stalla e giardino a Innsbruck. Un documento del 30 apr. 1471 toglie finalmente ogni dubbio sull'identità del C. con Anthoni Härpfer ("Anthoni de Cabal genant [=detto] Härpher"), identità che viene confermata anche da annotazioni nei libri dei conti della Camera del 1477 e del 1478-79. La forma tedesca "vom Ross",che sostituisce d'ora in poi il nome Härpfer, non è altro che la traduzione letterale della forma dialettale "de Cabal",la quale induceva l'Ehrenberg (ma sbaglia con tutta probabilità) a ritenere il C. membro della famiglia genovese de Caballis.
Dal 1473 in poi il C. figura come produttore di argento a Schwaz in Tirolo, ma doveva essere stato attivo nel settore delle miniere sin dal 1470 (cfr. i dati raccolti da Wolfstrigl-Wolfskron, p. 52). L'11 dic. 1473 l'arciduca Sigismondo vendette al suo primo coppiere "Anthonien von Caballis",il quale dal 1472 faceva parte anche degli "stati" del Tirolo, la casa ducale, con corte e stalle, a Schwaz per il prezzo di 200 fiorini renani. In questi anni, al più tardi, il C. si trasferì a Schwaz, dove lo troviamo come quotista delle miniere e proprietario di fonderie. Poco più tardi diventò "Pfleger" a Tratzberg (Tirolo) e, come tale, anche consigliere ducale.
Oltre che nello sfruttamento delle miniere il C. aveva forti interessi anche nel commercio del rame, il centro più importante del quale era allora Venezia. Con un privilegio dell'11 genn. 1477 ottenne il monopolio del commercio del rame in Tirolo contro il pagamento del 50% degli utili al duca. Non sappiamo fino a che punto già allora lavorasse con capitale straniero, soprattutto veneziano. Nel lasso di pochi anni era diventato uno degli uomini d'affari più importanti del Tirolo con quote di quasi tutte le miniere tirolesi.
Questa sua fiorente posizione materiale, insieme con la sua particolare avvedutezza, gli procurò grande influenza presso l'arciduca Sigismondo, tale da farlo diventare il suo consigliere più ascoltato per tutte le questioni minerarie e finanziarie. Sappiamo con sicurezza che sin dalla fine del 1477 fu chiamato per dare il suo contributo alla grande riforma monetaria del governo di Sigismondo, della quale infatti è considerato il vero artefice. Con decorrenza dal 2 febbr. 1482 gli fu conferito l'ufficio di "oberster Amtmann",che lo mise alla testa di tutta l'amministrazione finanziaria del ducato; ma rimase in carica solo per poco tempo: già nell'autunno del 1485 circolavano voci della sua destituzione. In effetti, il C., intorno al capodanno del 1486, preferì rifugiarsi in Baviera, dove teneva in feudo il castello di Lichtenwert. Accusato di malversazione e arbitri nel campo delle finanze, Venne sottoposto a processo; tuttavia, il vero motivo del contrasto con l'arciduca dovette essere il suo rifiuto a consegnare Castel Pietra presso Beseno: in vista dell'imminente conflitto con la Serenissima non era tollerabile che questo castello di confine si trovasse in mano a un veneziano. Anche se non è possibile provare l'esistenza di un tradimento del C. a favore di Venezia, resta tuttavia aperta la questione fino a che punto egli fosse sensibile a influenze politiche o finanziarie da parte veneziana. Comunque sia, riammesso nelle grazie dell'arciduca già il 4 marzo 1486, egli ebbe una notevole parte nella mediazione del conflitto veneto-tirolese, pur agendo soltanto dietro le quinte.
Il progetto di una legge mineraria sul modello di quella di Schwaz del 1449, con la quale Venezia assunse definitivamente usi tedeschi in questo campo, è di ispirazione del Cavalli. Ma già il 18 sett. 1488 questi perdette la carica di giudice e vicario delle miniere che gli era stata conferita da Venezia e fu sostituito dal veneziano Girolamo de Lorenzi. Indebitato fino al collo sin dal 1486, la bancarotta era diventata inevitabile. Con il consenso ducale del 1º ag. 1489, ipotecò tutte le sue proprietà tirolesi a Paolo Contarini per 20.000 ducati, ma, nonostante che il nuovo sovrano, Massimiliano I, nell'aprile 1490 gli conferisse nuovamente la carica di "oberster Amtmann", non riuscì a risollevarsi economicamente. Dopo un anno fu licenziato definitivamente, e con ciò dovette abbandonare ogni speranza di poter venire fuori da questa situazione catastrofica. Il vero motivo del dissesto finanziario del C. va cercato con tutta probabilità nella crisi del mercato dell'argento che aveva colpito Venezia e nella potente concorrenza del Fugger, che portò a un rapido crollo dei prezzi.
Il 25 ott. 1490 il C. fece testamento a Venezia, "in contrata S. Martialis in domo propria",istituendo i figli eredi universali. Alvise Grimani e il notaio Aurelio de Bacinetti furono gli esecutori testamentari (Arch. di Stato di Venezia, Archivio notarile, Testamenti 66, not. Priamo Businello, n. 28). Dai conti finali, ordinati nell'ottobre 1491, risultò un debito di 29.540 fiorini renani nei confronti del duca del Tirolo. Il C. si vide perciò costretto a vendere tutti i suoi beni tirolesi a Hans Paumgartner e alla sua società (12 ott. 1491) e ad assegnare alla moglie Ursula l'amministrazione del patrimonio (15 ottobre 1491).
Il C. è ricordato per l'ultima volta in un documento del 5 nov. 1495. Morì probabilmente tra la fine di quell'anno e l'inizio del 1496.
Lasciò, oltre alla moglie, cinque figli maschi, Simon, Siegmund, Anton, Wolfgang e Martin, che furono affidati alla tutela di nobili tirolesi. La vedova e i figli vivevano in una difficile situazione patrimoniale e dovettero ricorrere varie volte al sovrano contro le pretese creditizie della società Paumgartner. Si sa inoltre che una delle figlie del C. sposò Hilprant von Spaur, "Pfleger" di Freundsberg, entrando così in una famiglia della nobiltà tirolese.
Il C., che si acquistò grandi meriti per l'industria mineraria e per il sistema monetario del Tirolo, può essere considerato il tipico caso dell'imprenditore rinascimentale con tutta la sua spregiudicatezza, al quale, una volta svanito il successo, viene negato anche il riconoscimento del suo operato.
Fonti e Bibl.: Arch. di St. di Venezia, Consiglio dei Dieci, Misti 23, ff. 177v-182; C. Foucard, La prima legge sulle miniere emanata dalla Repubblica di Venezia, in Rivista dei comuni italiani, IV(1864), passim; J.Ladurner, Veste und Herrschaft Ernberg, in Zeitschrift des Ferdinandeum für Tirol und Vorarlberg, s. 3, XV (1870) p. 107; A. Jäger, Beiträge zur tirolisch-salzburgischen Bergwerksgesch., in Archiv für österreich. Gesch.,LIII (1875), p. 434; S. Adler, Die Organisation der Centralverwaltung unter Kaiser Maximilian I.,Leipzig 1886, p. 334; G. Tassoni, Curiosità veneziane, Venezia 1887, p. 171; M. von Wolfistrigl-Wolfskron, Die Tiroler Erzbergbaue 1301-1665, Innsbruck 1903, pp. 52, 283; S. Worms, Schwazer Bergbau im fünfzehnten Jahrhundert, Wien 1904, p. 163; M. von Isser-Gaudenthurm, Schwazer Bergwerksgeschichte, in Berg- und Hüttenmännisches Jahrbuch, LII (1904), p. 414; A. Zycha, Zur neuesten Literatur über die Wirtschafts- und Rechtsgesch. des deutschen Bergbaues, in Vierteljahrschrift für Sozial-und Wirtschaftsgeschichte, V (1907), pp. 264 s., 267, 271; H. Simonsfeld, Der Fondaco dei Tedeschi in Venedig und die deutsch-venetianischen Handelsbeziehungen, II, Stuttgart 1907, pp. 111 s.; R. Ehrenberg, Das Zeitalter der Fugger, I, Geldkapital und Creditverkehr im 16. Jahrhundert, 1, Jena 1912, pp. 89, 326; C. Foucard, Notizie sull'industria miner. nella Venezia sotto il dominio della Repubblica, App. alla Riv. del servizio minerario nel 1913, Roma 1915, passim;Th. Mayer, Beiträge zur Gesch. der tirolischen Finanzverwaltung im späteren Mittelalter, in Forschungen und Mitteil. zur Gesch. Tirols und Vorarlbergs, XVI-XVII(1919-20), pp. 147 ss.; A. Alberti-R. Cessi, La politica miner. della Repubblica veneta, Roma 1927, pp. 26-40; K. Moeser-F. Dworschak, Dio grosse Münzreform unter Erzherzog Sigmund von Tirol, in Oesterreichisches Münz- und Geldwesen im Mittelalter, VII, Wien 1936, pp. 45-51; Ph.Braunstein, Les entreprises minières en Vénétie au XVe siècle, in Mélanges d'archéol. et d'histoire, LXXVII(1965), pp. 559-79.