CASTELLI (de Castello, de Cabrociis de Castello, de’ Gabriozzi da Castello), Antonio
Nacque a Bologna, nella seconda metà del sec. XIV, da Gabriozzo di Tisio, che era membro del Collegio dei giudici e di quello dei dottori di diritto civile dello Studio. Ignoti sono i fatti della sua vita fino al 1394, anno in cui era membro del Consiglio dei sedici riformatori dello Stato di libertà, per Porta Ravegnana.
Il 26 gennaio di quell’anno il C. nominò, unitamente col fratello Bonifacio, il rettore della chiesa di S. Vittore, in San Martino in Argine, di cui era patrono. Il 21 luglio gli fu concesso, dopo aver ottenuto un’apposita “dispensatio” del Collegio dei dottori di diritto civile, di sottoporsi, insieme con altri, all’esame privato, malgrado che gli statuti del Collegio permettessero ad un unico scolaro bolognese all’anno di essere ammesso a quell’esame, e solo dopo “aver letto le lezioni del proprio maestro, per sei mesi”. La dispensa fu votata all’unanimità. Il 24 luglio fu presentato all’esame privato, “per egregios legum doctores” Francesco Ramponi e Giovanni Lapi, e fu approvato da tutti i dottori presenti. Il 17 agosto al C., licenziato in diritto civile, venne concessa una “dispensatio et concessio ex gratia speciali” (assieme a Zaccarla Trevisan di Venezia), perché potesse ottenere il privilegio del dottorato dall’arcidiacono o dal suo vicario. Il C. dovette promettere a Ugolino Scappi, priore del Collegio dei dottori in diritto civile, di ricevere la “pubblica” in S. Pietro Maggiore, entro il mese di agosto del 1395, e giurare di non fare uso del privilegio, dopo il tempo stabilito, nel caso che non avesse ottenuto il dottorato nel termini. Il 22 agosto, il “campsor” Enrico de Felixinis promise allo Scappi, in quanto privato (ma – precisa il documento – la promessa riguarda, di fatto, il Collegio), di pagare 100 lire di bolognini, per il 22 agosto 1395, nel caso in cui il C. non si fosse addottorato entro il termine previsto. Se invece si fosse laureato, non si sarebbe dovuto nulla. Il 7 agosto del 1395 il termine fissato per la “pubblica” del C. venne prorogato alla metà del mese di ottobre; e infatti il C. si addottorò il 13 ottobre di quell’anno, ricevendo le insegne del dottorato da Francesco Ramponi “suo nomine et nomine” di Giovanni Lapi, mentre Chilino de Argile tenne l’orazione di circostanza.
Nello stesso 1395 il C. tenne la “lectura” del Volumen nello Studio, insegnamento che è testimoniato dai Rotuli, fino all’anno accademico 1420-1421. Entrò nel Collegio dei giudici, e nel 1400 fu giudice di una controversia tra Sant’Agata e San Giovanni in Persiceto. Nel 1402 fu ambasciatore a Milano presso Gian Galeazzo Visconti, con altri 46 oratori, per stipulare i capitoli e le convenzioni con il duca, divenuto signore di Bologna. Nel 1409 fu al concilio di Pisa con il cardinale Cossa, legato di Bologna. Il 30 gennaio 1411 fu aggregato al Collegio dei dottori di diritto civile, “in locum vacantem per mortem” di Giovanni Sampieri. Il 16 dicembre, il Collegio lo inviò in missione presso il vicario dell’arcivescovo, per ottenere che i suoi membri venissero sciolti dal giuramento che vietava ai dottori di consentire a che l’arcidiacono licenziasse qualcuno sottoposto all’esame privato in S. Pietro o desse il dottorato ad un licenziato ed approvato all’esame privato. (cfr. Rubr. XIV degli Statuti del 31 dicembre 1397). Il 15 giugno 1412 fu sorteggiato priore del Collegio, ufficio che ricoprì per i successivi mesi di luglio ed agosto. Il 10 dicembre 1412 sostituì Niccolò Aldovrandi nella presentazione di Battista da Argine all’esame privato. Tornò ad essere priore nel settembre ed ottobre del 1415, e per gli stessi mesi del 1417. Nel 1416 fu membro di una commissione per i restauri delle chiese in rovina. Nel 1420 fu plenipotenziario degli Anziani per una deliberazione di risposta del Consiglio generale agli ambasciatori del papa. Nel 1423 testo (Pasquali Alidosi, p. 10; Mazzetti, p. 87). Il 22 maggio era ancora in attività, presente all’esame privato di Giovanni de Bovachiesibus di Prato, al quale assegno un “punctum” da discutere, e cioè la l. salarium ff. mandati (D.17,1,7).
Morì, quasi certamente a Bologna, poco prima del 15 ottobre, data in cui il Collegio dei dottori di diritto civile avrebbe dovuto provvedere alla aggregazione di due membri, al posto dei defunti C. e Pietro Mattaselani, ma soprassedette alla decisione; Solo il 30 gennaio 1424 il posto del C. fu preso da Giovanni da Saliceto.
Fratello del C. fu, secondo il Dolfi, Bonifacio, dottore in diritto civile e lettore nello Studio. La prima notizia che abbiamo è del 3 maggio 1388: ottenne dal Collegio dei dottori di diritto civile una dispensa, perché, nonostante la costituzione del Collegio che disponeva che un solo scolaro bolognese all’anno potesse essere ammesso all’esame privato, gli fosse consentito ugualmente sottoporvisi. Un mese dopo fu presentato da Francesco Ramponi e da Bartolomeo da Saliceto e venne esaminato ed approvato da tutti i dottori presenti tranne due. Il 12 novembre si addottorò pubblicamente in S. Pietro in diritto civile. In seguito entrò nel Collegio dei giudici; i Rotuli per l’anno accademico 1388-89 lo danno alla lettura straordinaria dell’Inforziato nello Studio bolognese. Nel 1392-93 fu deputato “ad lecturam Inforciati in nonis”; nel 1395-96 lesse il Digestum Vetus “de mane”. L’anno seguente fu “ligienti il Codego”; nel 1398-99 fu preposto “ad lecturam Codicis de mane”, e così l’anno seguente. Nel 1401 fu creato da Giovanni Bentivoglio vicario e castellano di Tossignano; nello stesso anno divenne membro del Consiglio dei quattrocento di Bologna. Secondo il Mazzetti (p. 87) in quell’epoca insegnava ancora nello Studio. Dopo questa data le fonti tacciono su di lui e si può quindi supporre che sia morto allora o poco dopo.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. univ., ms. 4207: L. Montefani, Genealogia delle famiglie bolognesi, vol. 25, ff. 49r (per Antonio e Bonifacio), 64r (per Antonio); I Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1374 al 1799, a cura di U. Dallari, Bologna, 1888-1924, I, pp. 6 (per Bonifacio), 9; IV, pp. 17 (per Bonifacio), 20 (per entrambi), 21 (per Bonif.), 22, 24 (per entrambi), 27, 29, 30 31, 33, 34, 36, 37, 39, 41, 42, 44; Il “Liber secretus iuris caesarei” dell’Univ. di Bologna, a cura di A. Sorbelli, I, 1378-1420, Bologna 1942, pp. 50 s., 56 (per Bonifacio), 85 s., 95, 194, 199, 203 s., 220, 228; II, 1421-1450, Bologna 1942, pp. 17, 22, 24; C. Piana, Nuovi documenti sull’Università di Bologna e sul Collegio di Spagna, Bologna 1976, pp. 295, 422, 452, 513, 517, 521, 563, 566-69, 645, 657, 697, 865 (per Bonifacio), 304, 367, 373 (per entrambi); G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile dal principio di essi per tutto l’anno 1619..., Bologna 1620, pp. 10, 47 (per Bonifacio), 104; G. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1650, pp. 450 (per Bonifacio), 472, 474, 514, 519 (per Bonifacio, 536, 579, 610, 619, 633; P. S. Dolfi, Cronol. Delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 257; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Univers., e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 87 (per entrambi); G. Guidicini, I riformatori dello Stato di libertà della città di Bologna, Bologna 1876, p. 13; A. Sorbelli, Storia dell’Università di Bologna, I, Bologna, 1940, pp. 100 (per entrambi), 243.