CASINI, Antonio
Nacque a Firenze il 5 ag. 1687 in una famiglia di salde tradizioni religiose. Entrò come novizio nella Compagnia di Gesù il 7 dic. 1706, compiendo gli - studi a Firenze e a Roma. Era già stato incaricato di insegnare retorica nel Collegio Romano, quando, il 2 febbr. 1721 emise la professione solenne dei quattro voti gesuffici. Membro dell'Accademia degli Arcadi, compose un inno In honorem D. Anastasiae virginis et martyris (pubblicato come proemio all'Istoria di s. Anastasia, Roma 1722, del confratello Antonio Maria Bonucci), che si ispirava a moduli tipicamente secenteschi. Nel 1722 il C. fu trasferito alla cattedra di lingua ebraica che tenne fino al 1736. Di questo periodo di attività il primo frutto fu una breve Dissertatio historica de textu hebraico eiusque interpretationibus habita in Collegio Romano..., Romae 1723;ma l'opera più importante è la Controversia de statu purae naturae in compendium redacta...., Romae 1724, dedicata al cardinale M. de Polignac.
Questa ebbe, infatti, una notevole fortuna. Ripubblicata da Francesco Antonio Zaccaria, prima come appendice al terzo volume (pp. 168-208)dell'Opus de theologicis dogmatibus, Venetiis 1757, di D. Petau, poi nel suo Thesaurus theologicus (V, Venetiis 1762, pp. 41-146), a distanza di un secolo ebbe una quarta edizione a cura di Joseph Scheeben, professore presso il seminario di Colonia, il quale la corredò di ampie annotazioni che rimediavano alle originali carenze filologiche (Quid est homo sive controversia de statu purae naturae..., Maguntiae 1862);alcuni anni dopo fu curata sull'edizione tedesca anche una traduzione in lingua francese: Qu'est-ce que l'homme? ou Controverse sur l'état de pure nature, dans laquelle sont longuement démontrés, surtout par les Pères, la raison et le fin de la Providence surnaturelle de Dieu relativement aux hommes..., Le Mans-Paris - Montpellier 1864. Lo scopo della Controversia era quello di confutare a fondo le teorie di Lutero, Giansenio e Baio, che avevano accusato di essenziale corruzione la natura umana; il C. al contrario intendeva provare la possibilità di uno stato naturale dell'uomo che sia il giusto mezzo tra lo stato di grazia e quello di peccato. Delle due parti, in cui l'opera doveva essere strutturata, fu però pubblicata dal C. soltanto la prima, relativa agli aspetti positivi dello stato di natura; invece, non vide mai la luce la seconda parte, concernente la confutazione delle tesi circa la corruzione della natura umana, forse per evitare nuove polemiche. Infatti, la Controversia aveva destato il risentimento di alcuni studiosi della scuola teologica agostiniana, i quali non mancarono di accusare il C., ritenuto un pedissequo seguace del Petau (effettivamente egli aveva pensato di completare l'Opus de theologicis dogmatibus di quest'ultimo), di smaccato molinismo; in particolare un anonimo libello, attribuito al benedettino P. Constant (Reverendo presbytero A. C.... De iis, quae edidit pag. 17 et 18 suae Controversiae de statu purae naturae, Romae hoc mense Augusti, anno 1724, Religiosa admonitio, s.n.t.), attaccava il C. per aver rimproverato ai maurini come arbitraria e favorevole ai giansenisti la correzione della lezione iustum in iniustum nell'Enarratio ad psalmum LXX, n. 1, di s. Agostino.
Il C. scrisse quindi sotto lo pseudonimo anagrammatico di Iano Toscanini uno studio sulla scuola filosofica degli scettici (Scholae Zeticae metaphysica..., Romae 1725);l'anno dopo fu autore di alcune tesi discusse al Collegio Romano (Assertiones biblicae linguarum Hebraicae, ac Graecae..., Romae 1726). Poiché Innocenzo XIII aveva espresso il desiderio che fossero completate e pubblicate le tavole cronologiche iniziate dal padre Musanti (che era giunto fino all'anno 1692, mentre altri gesuiti, tra cui il padre Centi, le avevano continuate fino al 1712), ilgenerale della Compagnia ne diede incarico al C., il quale fu perciò l'editore della Fax chronologica, Veronae 1728, in cinque grandi tavole di quattro fogli ciascuna, la cui cronologia giungeva all'anno 1728. Nel 1737, sempre nel Collegio Romano, passò alla cattedra di Sacra Scrittura che terrà fino alla morte. Cospicuo frutto di tale insegnamento fu la sua Encyclopaedia Sacrae Scripturae, sive selectae in omni scientiae et doctrinae genere quaestiones ex Sacris potissimum Litteris enodatae..., Venetiis 1747, due volumi in tre tomi, in cui spicca l'Appendix ad Tractatum IV, ubi de concordia divinae gratiae et liberi arbitrii fusius agitur, che gli offrì l'occasione per rinnovare la sua polemica antigiansenista, partendo da premesse molinistiche. Da allora l'attività del C. fu dedicata esclusivamente all'insegnamento, da cui ebbero origine anche le brevi tesi anonime che pubblicò regolarmente ogni anno.
Uno dei temi, che fu oggetto particolare delle sue fatiche didattiche, fu il problema esegetico dei passi scritturali più oscuri, sia per confutare le interpretazioni millenaristiche, sia per controbattere le tesi dei protestanti circa le profezie bibliche relative a Gesù Cristo e alla Chiesa (De vera Prophetas intelligendi ratione..., Romae 1748; Clavis prophetarum seu de vera illos intelligendi ratione..., ibid. 1749; De arcanis S. Scripturae theses selectae..., ibid. 1752; Prophetiae litterales de Christo, et Ecclesia adversus Hugonem Grotium et alios recentes criticos propugnatae..., ibid. 1754). Fuori da questa linea continua si collocano le tesi discusse nel 1751 e 1753. Nel primo caso il C. intese esaltare il carattere poetico della Bibbia (De divina poësi sive de Psalmis, Canticis, deque omni re poëtica Sacrae Scripturae..., Romae 1751), da un lato, difendendo la poesia contro quei critici che la ritenevano indegna di essere presente in un testo divino (in sostanza la difesa del C. si oppone alle tesi platonico-agostiniane); dall'altro, analizzando la qualità della poesia scritturale e dimostrando come quella poesia sia più alta di qualsiasi altra, perché direttamente ispirata da Dio. Secondo lo Zaccana la dissertazione del C. era ben più completa e acuta di quelle del Calmet e del Fleury sullo stesso argomento (Storia letteraria..., V, p. 422). Nel De S. Libris vulgatae editionis Sixti V et Clementis VIII P. M. auctoritate recognitis..., Romae 1753, il C. difende la "autenticità" della Volgata in senso assoluto, affermando che il concilio tridentino aveva inteso non solo convalidarla per ciò che riguarda la fede e i costumi, ma l'aveva anche definita esente da qualsiasi errore. Egli perciò, sostenendo la superiorità del testo sancito dall'autorità ecclesiastica anche nei confronti dei testi originari ebraico e greco, si schiera in pratica contro ogni tentativo di mettere l'autonoma indagine storico-filologica al servizio di una ulteriore più rigorosa ricostruzione dei testi sacri.
Il C. morì a Roma il 4 genn. 1755.
Durante tutta la sua vita, egli si era distinto anche come valente predicatore. Nel 1724 pronunciò l'Orazione funebre per Innocenzo XIII, che non fu data alle stampe. Inediti rimasero anche dialoghi latini su materie teologiche intitolati Plato Christianus.
Fonti e Bibl.: F. A. Zaccaria, Storia letter. d'Italia, II, Venezia 1751, pp. 3 s.; V, ibid. 1753, pp. 314-322; VIII, Modena 1755. pp. 233-236; XIV, ibid. 1759, pp. 222-224; Novelle letterarie di Firenze, XVI (1755), col. .59; Revue des sciences ecclés., VIII (1863), pp. 32-46, 127-149 (rec all'ediz. del 1862 della Controversia de statu naturae purae);C. Sonimervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, II, coll. 807-810; IX., coll. 3 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XI, coll. 1300.