CARTOLARI, Antonio
Figlio di Vincenzo, nacque a Bologna, dove svolse la sua attività di disegnatore di ornati, di intagliatore in legno e di stuccatore. La sua opera può essere ricostruita attraverso l'Oretti, che lo dice allievo di Ferdinando Bibiena e che elenca numerosi lavori per chiese e conventi oggi soppressi o distrutti. Una delle sue opere più famose, unanimemente ricordata dalle fonti contemporanee, è il rimodernamento della cappella di S. Filippo Neri (prima cappella a sinistra, a pianta quadrata con cupola), nella chiesa della Madonna di Galliera, iniziato nel 1742.
Come specifica l'Oretti, il C. fornì il disegno degli stucchi dorati delle due pareti laterali, consistenti di festoni penduli ai lati delle due grandi finestre con ricca cimasa, di decorazioni di gusto rococò lungo i pennacchi angolari e nel tamburo della cupola, cornice agli affreschi eseguiti in quegli anni da Giuseppe Marchesi detto il Sansone; ed eseguì, seguendo un proprio disegno, "lo intaglio di tutto l'ornamento dell'Altare", composto di due grandi colonne tortili in legno dipinto in modo da imitare marmo scuro, sovrastate da una pesante cimasa in cui è inserita una scultura di A. Piò. Il C. intervenne anche nell'annesso oratorio dei filippini (costruito da A. Torreggiani con decorazioni di A. Piò, terminato nel 1731), in quanto "tutto… vi hà di intaglio in legno è sua operazione" (Oretti). L'oratorio fu gravemente danneggiato nell'ultima guerra, ed è quindi difficile una analisi dell'intervento del C., probabilmente limitato all'intaglio delle casse d'organo, con ricca cimasa semiellittica e con balaustre ornate da gruppi di strumenti musicali nelle pareti laterali (solo quella di sinistra si è conservata integralmente).
Il C. ebbe una parte di primo piano nel rimodernamento della cappella di S. Antonio nella duecentesca chiesa di S. Francesco, per la quale fornì il disegno generale, quello "dell'ornato dell'altare, di squisiti Marini" (Malvasia) e fece inoltre "li Candelieri, e' bracci, e' tutto ciò vi è di intaglio in legno" (Oretti). I lavori si svolsero in un brevissimo lasso di tempo, in quanto, iniziati il 3 sett. 1745, furono completati prima della fine dell'anno. Per la chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore il C. eseguì due cantorie per i musici e due mostre dell'organo, in legno di abete, per le pareti laterali del presbiterio (cappella maggiore), come sappiamo da un contratto (Archivio di Stato di Bologna, 35/35, fasc. 01 n. 40) stipulato il 16 marzo 1751. "L'elegante cassa d'organo del C. è in legno artisticamente intagliato, tinteggiato e dorato con lesene, volute, frontone e apertura ad arco semiellittico con intagli ornamentali e canne a vista" (Roversi). Per la chiesa benedettina di S. Procolo, fornì il disegno dell'interno della cappella un tempo dedicata ai SS. Procolo soldato e Procolo vescovo (seconda cappella a sinistra, oggi dedicata al S. Cuore), a pianta quadrata, con lesene ioniche agli angoli e con una cupola composta di quattro spicchi sulla quale si apre una elegante lanterna. Nelle pareti laterali, sopra a due stalli in noce, con alto schienale ricurvo, si trovano due tele ovali di C. Giovannini, rappresentanti due angeli, con ricca cornice in stucco. Il vano quadrangolare della cappella è separato da una balaustrata in marmo da un piccolo presbiterio (dove si trova l'altare) con volta a vela, ornato da stucchi rococò e dalla immagine dello Spirito Santo, sempre in stucco.
La chiesa di S. Maria delle Febbri, o oratorio di Miramonte (costruita nel 1370 come edificio votivo, distrutta nel XIX sec.), "fu tutta rimodernata con disegno di Antonio Cartolari, ed ornata di bei stucchi da Giov. Batt. Camporesi" (Malvasia, Oretti). Con tutta probabilità il C. eseguì il disegno degli stucchi della cappella del palazzo Odorici, detto "palazzo di sopra", a Bagnarola (nelle immediate vicinanze di Bologna), che incorniciano affreschi di N. Bertuzzi, come pure il disegno degli stucchi della lunga galleria della villa. Il C. eseguì "le Cantorie, e' grandi Ornamenti agli Organi nella Cappella Maggiore" (Oretti) della chiesa di S. Domenico, nell'ambito della completa ristrutturazione interna dell'edificio duecentesco guidata nel Settecento dal Dotti (1727-32) e poi dal Torreggiani (1745) che fornì il disegno dell'altar maggiore. L'Oretti elenca anche altri lavori di decorazione eseguiti per chiese o conventi oggi distrutti.
Il C. intagliò, secondo un modello di sua ideazione, gli scaffali della biblioteca del convento di S. Salvatore (oggi sede della direzione del genio militare) e quelli (Oretti) riccamente lavorati della "speziaria Zannoni" (attualmente farmacia del Corso, all'angolo tra via S. Stefano e via Guerrazzi), ancor oggi usati.
Fra i progetti del C. non eseguiti ricordiamo (Oretti) il modello dell'altare della Madonna dei Sette Dolori per la chiesa di S. Maria dei servi, quello per gli scaffali della biblioteca dell'Istituto delle scienze e quello per un nuovo coro per la chiesa cattedrale di S. Pietro. Nella casa del C., in via S. Silvestro, erano raccolti parecchi disegni e modelli di macchine teatrali, come pure di macchine e apparati per i Sepolcri che si allestivano nella cattedrale di S. Pietro e in altre tre chiese parrocchiali durante la settimana santa, consistenti di effimere costruzioni con statue rappresentanti scene della storia sacra o allegorie di carattere religioso. Sappiamo che il C. fornì l'intero disegno dell'apparato del Sepolcro della chiesa di S. Salvatore nell'anno 1764; ma purtroppo di questa, come di tante altre simili costruzioni, è rimasta solo la testimonianza dell'Oretti. Il C. conservava nella sua casa anche "un suo ritratto in mezza figura come il naturale" dipinto da Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnolo (Oretti).
Il C. fu spesso consultato sulla costruzione di diversi edifici di Bologna, e sappiamo che era molto stimato dal senatore Caprara, eminente personalità della Bologna settecentesca (Oretti).
Morì a Bologna il 6 giugno 1779.
Non è chiaro se il C. avesse rapporti di parentela con un modesto scultore, Francesco Cartolari, attivo a Bologna tra il 1740 e il 1780, che sappiamo essere stato monaco filippino (Malvasia, Crespi). Questi studiò di certo a Bologna, dove è ricordato tra gli allievi del pittore Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnolo, e quindi come discepolo dello scultore A. Piò (Malvasia). è noto inoltre che nel 1782 era ancora in vita, e risiedeva sempre a Bologna. è dispersa l'unica opera ricordata dalle fonti contemporanee (Malvasla): un bassorilievo in terracotta rappresentante la Morte di Cristo, collocato sull'altare della cappella della "Residenza dell'Arte de Falegnami" che si trovava in via Orefici a Bologna.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. dell'Archig., ms. B. 133: M. Oretti, Notizie dei Prof. del Dissegno…, cc. 135, 136, 137, 302; C. C. Malvasia, Pitture, Scolture ed Archit.… della città di Bologna…, Bologna 1782, pp. 13, 92, 220, 465 (n. ed., ibid. 1792, pp. 14, 98, 241, 482); G. Giordani, Guida del Forestiere per la città di Bologna…, Bologna 1844, pp. 85 221; S. Muzzi, Annali di Bologna…, VIII, Bologna 1846, p. 735; E. Riccomini, Mostra della scultura bolognese del Settecento (catal.), Bologna 1965, p. 80; G. Roversi, La Basilica parrocch. di S. Maria Maggiore in Bologna, Bologna 1966, p. 78; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1968, p. 144; A. M. Matteucci, Carlo Francesco Dotti…, Bologna 1969, p. 209; Ville del Bolognese, Bologna 1969, p. 351. Per Francesco: L. Crespi, Felsina Pittrice, III, Roma 1769, p. 232; C. C. Malvasia, Pitture, Scolture ed Architetture…, cit., pp. 350, 465 (n. ediz., 1792, pp. 384, 482); U. Thieme-F. Becker Künstlerlexikon, VI, p. 94.