BOUCHERON, Antonio Carlo
Nacque a Torino il 28 apr. 1773 da Giovanni Battista, argentiere, e da Vittoria Grandi. Indirizzato agli studi umanistici, frequentò all'università di Torino la facoltà di teologia e di giurisprudenza, uscendone laureato in entrambe le discipline non ancora ventenne. Grazie alla conoscenza del latino cancelleresco e legale, fu assunto nel 1794 come segretario, con funzioni di epistolografo diplomatico e pubblicistico, dal ministro Clemente Damiano Priocca. Nel 1798 non rimase coinvolto nella disgrazia di questo; anzi, esuli il re in Sardegna e in Toscana il Priocca, per la costante protezione di Tommaso Valperga Caluso il B. iniziò durante l'occupazione francese quella meritoria attività d'insegnante, cui, soprattutto, deve il suo nome.
Il B. non partecipò attivamente alla vita politica, ma fu tra i più consapevoli membri dell'"intelligentsia" subalpina che cercarono di derivare dalla dominazione napoleonica una spinta all'incivilimento e all'ammodernamento del Piemonte. Anzi non temette, anche in seguito, con qualche stupore di "benpensanti" come il Grosso e il Vallauri, di attestare che unicamente dal diffondersi delle idee "giacobine", dall'esperienza storica del napoiconismo datava la rinascita dell'Italia.
Il B. tuttavia profittò assai poco dei nuovi metodi storiografici e apporti culturali; avversò la poesia di Ossian, l'ossianismo, la "comédie larmoyante"; deplorò il giudizio di Didimo Chierico sul carattere musivo e composito della lirica oraziana. Ma risentì a suo modo, e certo eloquentemente celebrò, il "mito" napoleonico, soprattutto negli affreschi della vita culturale italiana che splendono tuttavia nell'elogio funebre del Priocca e, più ancora, nella lettera a C. Saluzzo. Né a caso questa, che fu l'estrema e incompiuta fatica letteraria del B., culmina nel racconto delle ultime campagne dell'imperatore e in una parafrasi degli "adieux de Fontainebleau".
Discepolo del Caluso e condiscepolo del Peyron, il B. non mostrò interesse per la nuova scienza papirologica, pur facendone merito al mecenatismo dei suoi sovrani: ed ebbe per la lingua e la cultura greca l'indifferenza ignorante comune alla maggior parte dei coevi retori e letterati nostrani. Il B. fu, appunto, di questi: nella misura in cui non seppe né volle essere uno storico o anche solo un filologo tecnico, Professore di lettere latine al liceo di Torino dal 1802, poi dal 1812, sempre per l'intercessione del Balbo e del Caluso, di letteratura greca all'università, vi mantenne dal 1814 alla morte cattedra di eloquenza greca e latina, individuando nella stesura di elogi funebri, discorsi occasionali e iscrizioni l'essenza e la ragion d'essere del suo magistero.
Celebri per la copia e la drammaticità del contenuto (e tosto adottati nelle scuole non solo piemontesi come testo latino, donde la frequenza dei volgarizzamenti) furono i tre elogi De Clemente Damiano Priocca (Augustae Taurinorum 1815), De Iosepho Vernazza (ibid. 1821) e De Thoma Valperga Calusio (ibid. 1833), che il Giordani (Epist., IV, ed. Gussalli, Milano 1855, p. 182)con manifesta iperbole giudicò "stupendissimo, e da ogni parte perfetto: un metallo prezioso, tirato a specchio", mentre con più verità sentenziava il Ferrucci trattarsi di commentari vergati "non tam historico, quam oratorio genere". Appunto il valore di testimonianza documentale che hanno queste scritture le rende infinitamente più pregevoli delle Orationes e delle Inscriptiones, le quali non hanno altro merito che stilistico e cronachistico (le seconde furono segnacolo in battaglia contro i giordaniani assertori dell'epigrafia italiana, le prime furono "strumentalizzate", specie a opera del Vallauri, contro gli oltranzisti del ciceronianismo). Al medesimo compito divulgativo (perché le epigrafi contribuirono certamente non poco al "mito" dell'eroismo piemontese nel nome di Pietro Micca) servì la meritoria direzione dell'impresa editoriale del Pomba, che, quasi tutti con una prefazione e comunque sotto la responsabilità del B., diffuse oltre cento volumi di classici latini, dichiaratamente copiando le più diffuse edizioni di Germaniae di Francia. Nessuno o quasi degli autori latini da lui prefazionati gli aprì il tema di uno studio critico: al più l'occasione di una polemica antiromantica, sebbene il B. non fosse né un esterofobo né un pedissequo conformista.
Il B. gradì gli onori accademici di cui gli furono prodighi i re di Sardegna, massime Carlo Alberto. Ma, se, già sospettato più che propriamente molestato nel 1821, declinò d'intervenire nel 1831 in aiuto di Michele Ferrucci, destituito per la sua partecipazione ai moti bolognesi, fu però efficace strumento nella nomina del Ferrucci medesimo all'università di Ginevra fra il 1835 e il 1836, quando si rivolse a lui per consiglio Camillo Cavour. E le relazioni amichevoli ch'egli intrattenne con perseguitati, o uomini in chiara fama di liberali, come appunto il Cavour, il Giordani e il Ferrucci, comprovano l'intima nobiltà e l'apertura mentale del B., negli anni medesimi in cui dava a bene sperare di sé, e fu quindi aiutato e favorito in mille modi dal suo maestro, il giovane (non ancora retrogrado e reazionario) T. Vallauri. Vittima d'una caduta, il B. si spense in Torino il 16 marzo 1838.
Opere: Orationes, raccolte da T. Vallauri, Torino 1854; Praefationes, con la trad. a fronte di F. Arnulf, e l'aggiunta della lettera al Saluzzo, a cura di G. S. Perosino, Torino 1875; Iscrizioni latine, con la trad. a fronte di F. Pasqualigo, a cura di G. S. Perosino, Torino 1880; gli elogi del Vernazza e del Priocca, nella trad. di T. Vallauri, ristampati da C. Calcaterra, I filopatridi, Torino 1941, pp. 276 ss., 497 ss. Cfr. anche l'iscriz. per Anna Perotti,soldato italiano, nella versione, con testo a fronte, di F. Scolari, Treviso 1840.
Fonti eBibl.: D. Diamilla Müller, Biografie autografe ed inedite di illustri italiani di questo secolo, Torino 1853, pp. 77 s.; T. Vallauri, in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, VI, Venezia 1838, pp. 224-227(e il commentario latino del Vallauri medesimo De Carolo Boucherono, Torino 1838, più volte ristampato e tradotto); Lettere di illustri scrittori a T. Vallauri, Torino 1880, pp. 1 ss. e passim;S. Grosso, Lettere ined. pressoché tutte, Novara 1897, pp. 1 ss., 27 ss.; G. Guidetti, Epist. di C. Franceschi Ferrucci, Reggio Emilia 1910, pp. 14 ss., 105 ss.; Lettera di L. di Breme al B. pubblicata da M.-H. Laurent, in Giorn. stor. d. lett. italiana, CXLIV (1967), n. 445, pp. 106 ss.; (e cfr. nell'ed. P. Camporesi delle Lettere di L. di Breme, Torino 1966, pp. 310 s., un giudizio eulogetico sul B. nella Torino della Restaurazione, dicembre 1815); M. Ferrucci, nel proemio agli Elogia di F. Schiassi, Pisa 1876, ristampato con note da C. Ronchetti, Stefano Ant. Morcelli,F. Schiassi,e C. B. epigrafisti, Aosta 1907, pp. VI-VII, 6-7;F. Romani, Critica letteraria, Torino 1883, I, pp. 7ss., 46 ss., 238-243;T. Vallauri, Vita scritta da esso, Torino 1886, passim; F. Ruffini, La giovinezza di Cavour, II, Torino 1938, pp. 31 ss., 50; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, Bari 1947, I, p. 63 n. 2. Per le idee politiche del B: e il conformismo della cultura universitaria piemontese nell'età di Carlo Felice, cfr. R. Romeo, Cavoure il suo tempo, I, Bari 1969, pp. 204-205 (e la bibliogr. ivi citata). Un giudizio di G. Carducci sul B. e il suo trad. T. Landoni in Confessioni e battaglie, II (dell'ed. nazion. delle Opere, vol.XXV), pp. 203 s.