CAPPELLI, Antonio
Nacque il 17 genn. 1818 a Modena da Giuseppe e da Teresa Tavernarini. A diciassette anni dovette interrompere gli studi regolari, costretto dalle precarie condizioni finanziarie della famiglia a impiegarsi come scrivano presso la Congregazione delle Opere Pie, poi, dal 1842, come contabile presso gli Esposti. Questi impieghi modesti quanto gravosi non gli impedirono tuttavia di continuare da autodidatta ricerche e studi eruditi, verso i quali si sentiva incline. Dello stesso 1842 era la sua prima pubblicazione, una Vita di Cristoforo Colombo, inclusa nei Primi passi al Nuovo Mondo di A. Brofferio. Nel 1843 curava l'edizione delle Preghiere cristiane di N. Tommaseo, del quale ristampava ancora nel 1845 i Pensieri morali, una riedizione notevolmente ampliata dall'autore delle prime ottantuno pagine degli Studi filosofici (II, Venezia 1840). Il Tommaseo dovette apprezzare notevolmente le due pubblicazioni, se a distanza di venticinque anni, nel 1869, le ricordava in un breve curriculum con il quale presentava il C. e una sua pubblicazione sul Savonarola a G. Capponi, sempre alla ricerca di nuovo materiale per la Storia della Repubblica fiorentina. Dei Pensieri morali il C., in società e con la collaborazione del fratello Angelo, era stato anche il tipografo. Nella loro piccola officina saranno stampati, tra il 1845 e il 1871, altri volumi, tra i quali meritano citazione Le sette allegrezze degli amanti, poemetto attribuito al Magnifico (1865), Ballate,rispetti d'amore e poesie varie tratte da codici musicali dei secoli XIV,XV e XVI (1866), ma soprattutto la prima edizione delle Lettere dell'Ariosto (1862).
I sentimenti liberali del C., maturati nel regime repressivo instaurato da Francesco IV dopo i fatti del 1830-31, si manifestarono apertamente alla vigilia e durante il 1848. Stampò e diffuse manifesti e opuscoli clandestini, e, dopo la fuga, il 21 marzo, di Francesco V a Bolzano, il settimanale La Bonissima, che siautoproponeva come "Giornale del popolo".
Il periodico mutuava il nome da una notissima statua ducentesca, popolarmente ritenuta immagine di una dama benefica, posta in piazza Maggiore su un angolo del palazzo comunale. Quasi interamente redatto dal poeta e patriota A. Peretti, ebbe vita assai breve: nato sotto il governo repubblicano provvisorio di G. Malmusi - il primo numero apparve infatti il 29 apr. 1848 - tollerato anche dopo il rientro del duca (10 agosto) benché il Peretti fosse condannato all'esilio, fu soppresso il 30 ottobre al ventisettesimo numero, sul pretesto d'una recensione all'opuscolo reazionario L'abbicì dei liberali di buona fede, nella quale il C., rimasto solo a dirigere il giornale, criticava l'opera e caldeggiava idee liberali che il governo pur tollerante di Francesco V non poteva permettere. Il C. non subì tuttavia ulteriori fastidi; allorché due anni dopo stampò le Poesie politiche del Prati su carta tricolore (nel frontespizio, il luogo di stampa "Italia"), ricevette solo un'ammonizione.
Del 1852 è Dialcune correzioni ed aggiunte alla Bibliografia dantesca compilata dal signor visconte Colomb de Batines, una recensione sotto forma di lettera ad A. Torri alle prime duecento pagine dell'opera, nella quale si possono già agevolmente rilevare due delle qualità primarie del C. studioso: il rigore scientifico dell'osservazione, spinto fino alle registrazioni più minute, e l'innata modestia, che sempre lo trattenne dal sottolineare con compiacimento gli errori altrui.
Testimonianza degli interessi danteschi del C. - che possedeva tra l'altro nella propria biblioteca edizioni piuttosto rare del poema - furono gli spogli, condotti in vista di un'edizione progettata dalla casa editrice Pomba di Torino, che il C. eseguì dopo esser stato nominato da L. C. Farini vicesegretario della Bibl. Estense (8 marzo 1860). Aiutato da sovvenzioni ministeriali, fu a Piacenza, dove trascrisse le varianti del codice Landi, rilevandone tra i primi le soprascrizioni di mano diversa; e a Milano, dove spogliò tra gli altri il testo dell'importantissimo Trivulziano 1080. L'edizione progettata non vide però mai la luce, e il materiale raccolto fu dal C. stesso offerto allo studioso modenese M. A. Parenti, poi passò a F. Selmi e a G. Campi, il quale se ne valse infine per la sua edizione.
Nel 1862 il C. venne accettato tra i "soci attivi" della Deputazione di storia patria per le province modenese e parmense, e fu incaricato della pubblicazione degli Atti dell'associazione. La sua attività di studioso, già favorita dalla posizione di vicesegretario dell'Estense, ne ricevette nuovo sprone, soprattutto per i consigli e gli incoraggiamenti dei migliori ingegni locali, primo fra tutti G. Campori. Con ammirevole assiduità e precisione il C. pubblicò in un decennio studi e documenti di notevole importanza, tra i quali Lettere di Lorenzo de' Medici... con notizie tratte dai carteggi diplomatici degli oratori estensi a Firenze (in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, I[1863], pp. 231-320); Di Pandolfo Malatesta,ultimo signore di Rimini (ibid., pp. 421-458); Notizie di Ugo Caleffini,notaro ferrarese del secolo XV,con la sua Cronaca in rima di casa d'Este (ibid., II[1864], pp. 267-312); La congiura dei Pio signori di Carpi contro Borso d'Este..., scritta nel 1469 da Carlo,Sangiorgio bolognese (ibid., pp. 367-416, 493-502); Vita di Alfonso I d'Este... scritta da Bonaventura Pistofilo da Pontremoli (ibid., III[1865], pp. 481-566), Fra' Girolamo Savonarola e notizie intorno al suo tempo (ibid., IV[1868], pp. 321-406).
Attento e instancabile esploratore della Biblioteca Estense e dell'Archivio di Stato di Modena, il C. fece inoltre conoscere agli studiosi interessanti inediti dei primi secoli, quali Giovanni da Procida e il Vespro siciliano (Bologna 1861), i Sonetti giocosi di Antonio Cammelli detto il Pistoia (ibid. 1865), Il Libro dei Sette Savi in una versione tratta da un codice del sec. XIV (ibid. 1865); e soprattutto lettere inedite di illustri scrittori (Goldoni, Metastasio, Alfieri). In particolare si deve alle sue cure il corpus delle lettere dell'Ariosto, che del C. resta l'opera più importante e benemerita.
Una prima edizione apparve, stampata nella tipografia del C. medesimo, nel 1862, e comprendeva quarantatré lettere inedite, più cinque già pubblicate; il testo riproduceva quello degli autografi conservati nell'Archivio Palatino di Modena. Successive ricerche portarono il C. a rintracciare altre lettere dell'Ariosto, le quali, dopo essere state via via presentate nei volumi degli Atti della Deputazione (I [1863], pp. 103-104; II [1864], pp. 199-211), furono comprese nella seconda edizione (Bologna 1866).Nella terza edizione (Milano 1887) furono raccolte e ordinate cronologicamente tutte le lettere del poeta fino allora note; un'informatissima prefazione - nella quale erano utilizzati con notevole acribia i dati offerti dall'epistolario -, molti documenti e precise note corredavano quest'opera che, "nonostante i limiti filologici e qualche errore storico", è giudicata "fondamentale" ancora dal più recente editore delle Lettere dell'Ariosto, A. Stella (Milano 1965, p. 400).
Dal novembre 1867, trasferitosi e poi dimessosi G. Raffaelli, il C. ne assunse le funzioni di segretario della Deputazione. Il 17 genn. 1868 fu formalmente eletto, con sedici voti su diciotto, alla carica, che ricoprì fino alla morte, avvenuta a Collegarola (Modena) il 1º sett. 1887.
Fonti e Bibl.: Atti e mem. delle RR. Deputaz. di storia patria per le prov. mod. e parm., V (1870), p. IX (nomina a segretario della Deputazione); I. Astolfi, Serie storico-cronol. dei bibliotecari dell'Estense, Modena 1887;T. Casini, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. parmensi, s. 4, X (1900), pp. 118-124(con bibl., incompleta, del C.); G. Canevazzi, F. Selmi patriota,letterato e scienziato, Modena 1903; Id., Per la fortuna di Dante a Modena, in Atti e mem. delle RR. Deputaz. di storia patria per le prov. mod. e parm., s. 7, I (1921), pp.XLIII, 182-194.