CANTELMO, Antonio
Nacque in un anno a noi ignoto della seconda metà del secolo XIV da Giacomo, conte di Popoli e di Alvito, e da Isabella d'Aquino, figlia di Francesco, conte di Loreto. Con il padre e con i fratelli, Francesco e Colantonio, divise il governo dei possessi della famiglia, venendo destinato alla contea di Alvito, che conservò alla morte del padre.
Essendo nel 1423 venuto a mancare, senza figli, il fratello Francesco, il C. ereditò la contea di Popoli, sulla quale il defunto aveva costituito per la seconda moglie, Maria di Capua, una dote di 5.300 ducati; nel raccogliere l'eredità del fratello, il 1º sett. 1429, egli dovette quindi pagare alla vedova, frattanto andata sposa a Baldassarre della Ratta, la somma di 3.800 ducati. Raccolse anche l'eredità del cugino Giacomo, morto senza discendenti, divenendo così signore della contea di Arce. Dalle notizie che possediamo, gran parte dell'attività svolta dal C. sembra essere stata volta ad accrescere i propri possessi: nell'anno 1400 egli ricevette la assecuratio dei vassalli delle terre di Gallinaro e di Schiavi acquistate dal re Ladislao, l'8 nov. 1418 quella dei vassalli della terra di Pacentro anch'essa acquistata dalla Corte regia. Né ebbe remore dinanzi all'azione violenta, quando nel 1415 tolse a Raimondo Caldora il castello di Rocchetta.
Scoppiato il conflitto tra Luigi II d'Angiò e il re Ladislao per la corona napoletana, il 18 maggio 1411 il C. fu sorpreso dall'Angioino in territorio di Roccasecca e fatto prigioniero insieme ad altri vassalli di Ladislao. Mentre altri pagarono il riscatto e tornarono al servizio del loro sovrano, il C. passò volontariamente dalla parte del pretendente Luigi II d'Angiò. Pertanto, il 21 apr. 1412, Ladislao, ripresosi dalla sconfitta patita, partì da Napoli per mettere a sacco il contado di Alvito, che era allora il solo possesso del C., non ancora insignoritosi di altre terre. Morto Ladislao, il C. dovette guadagnarsi la fiducia della nuova regina, Giovanna II, che gli accordò, come a "consiliarius" e "fidelis", la remissione delle collette sul territorio di Alvito per l'anno 1415. Nel lungo conflitto tra Angioini e Aragonesi che si contendevano il Regno di Napoli, il C. fu fin dall'inizio dalla parte di Alfonso il Magnanimo, anche quando la regina Giovanna II, il 1º luglio 1423, ne revocò l'adozione, eleggendo Luigi III d'Angiò a proprio figlio ed erede. Ma il 15 ott., per portare soccorso all'Aragona minacciata d'invasione dal re di Castiglia, Alfonso si allontanò da Napoli lasciando nel Mezzogiorno il condottiero Braccio da Montone: quando si giunse, sotto le mura dell'Aquila, allo scontro decisivo tra Braccio e gli Sforzeschi, inviati da Luigi III e Giovanna II a liberare la città dall'assedio, il C. ebbe il comando di un manipolo di cavalieri, ma abbandonò precipitosamente il campo per riparare a Popoli, quando si avvide della disfatta di Braccio (2 giugno del 1424). Di lui mancano notizie sino al 1435, quando, ritornato Alfonso d'Aragona dopo la morte di Giovanna II (2 febbraio) a rivendicare i suoi diritti sulla corona napoletana contro il nuovo pretendente Renato d'Angiò, il C. militò ancora una volta a favore dell'Aragonese. Fu per questo che nel 1438, quando Alfonso lasciò gli Abruzzi per andare ad espugnare Napoli che ancora gli resisteva, l'antagonista angioino da Ortona, dove aveva posto il campo, dichiarò ribelle il C. (27 agosto), togliendogli nello stesso anno, con la forza, il castello di Molina.
Il C. morì il 16 ott. 1439 in una villa detta Marcone o Marcore nel territorio della rocca di Mondragone.
Il C. sposò in prime nozze, quand'era ancora in vita il padre, Angela Marzano, figlia di Giacomo duca di Sessa e conte di Squillace, grande ammiraglio e maresciallo del Regno, dalla quale gli nacque Nicola. Venuta a morte la prima moglie, sposò Brancia o Bianca di Varano, figlia di Gentile conte di Camerino, che gli portò una dote di diecimila ducati e da cui derivò relazioni di parentela con molti potenti signori fuori dei confini del Regno di Napoli; da questo matrimonio gli nacquero Onofrio Gaspare e Isabella. Nel testamento il C. lasciò al primogenito le contee di Alvito e di Arce, insieme ad altre numerose terre, tra cui Colledimezzo, Atina e Acquaviva, ed al secondogenito Onofrio Gaspare, sotto la tutela della madre, la contea di Popoli unitamente alle altre terre che erano state del fratello Francesco. Al fratello Colantonio lasciò un castello della contea di Popoli, mentre alla sorella Francesca assegnò la dote promessale quand'era andata sposa a Berardo di Celano.
Il primogenito, Nicola, contravvenne alle disposizioni testamentarie del padre sottraendo al fratellastro Onofrio Gaspare la contea di Popoli ed altre terre ad essa annesse, e rivendicando la totalità dell'eredità paterna. Come il padre anche Nicola si era schierato dalla parte di Alfonso d'Aragona nella guerra contro Renato d'Angiò. Conclusosi vittoriosamente il conflitto, il 26 febbr. 1443entrò trionfalmente in Napoli insieme con il sovrano aragonese e nello stesso giorno, insieme con altri baroni napoletani fedeli alla causa aragonese, ricevette un primo segno di gratitudine del nuovo re di Napoli, che lo creò duca di Sora. Nello stesso anno intervenne al Parlamento generale del Regno, da Alfonso convocato nel monastero di S. Lorenzo in Napoli; in seguito, quando il sovrano riformò il tribunale del Sacro Regio Consiglio, il C. fu incluso tra i nuovi consiglieri ordinari, scelti più per dottrina e saggezza che per nobiltà di natali, con un privilegio del 18 apr. 1450che gli assicurava, in pari tempo, una provvigione annua di 1.000 ducati, da prelevarsi sulla gabella del sale delle sue terre. Il consiglierato ordinario con la connessa annua provvigione di 1.000 ducati gli fu successivamente confermato con un privilegio reale dato da Torre del Greco il 12 nov. 1452;pochi mesi prima, il 5 aprile, il re con un privilegio emanato a Napoli gli aveva assicurato il godimento della provvigione per tutto il tempo che egli fosse stato impegnato militarmente, non si sa bene con quale preciso compito, al servizio della Corona e non avesse potuto prendere parte alle sedute ed alle decisioni del Sacro Regio Consiglio. Da Alfonso era stato pure chiamato, nel 1451, insieme con altri baroni, a giudicare Francesco Sanseverino, duca di Scalea e conte di Lauria, accusato di tradimento perché si era rifiutato di far levare degli armati nelle sue terre di Lauria, così come era stato ordinato dal re. Prese per moglie Antonella di Celano, dalla quale pare abbia ricevuto in dote la città di Sora, di cui solo in seguito divenne duca. Dal matrimonio nacquero Pietro Giampaolo e Giovanni. A quest'ultimo, quando contrasse matrimonio con Giovannella Caetani il 28 sett. 1439, il padre assegnò il territorio di Popoli con il relativo titolo di conte. Al primogenito, invece, lasciò in eredità i restanti suoi possessi, mentre alla sorella, Isabella, e alla madre assegnò le relative doti. Al fratellastro Onofrio Gaspare, che già aveva spogliato delle terre lasciategli dal padre, restituì, su quanto poteva rivendicare per legittima successione, il solo territorio di Alfedena. Si spense nel 1453.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, ms. (senza segnatura): S. Sicola, Primus elenchus nonnullarum illustrium familiarum... ex Regali Archivio Magne Regie Curie,Sycle Neapolis (Neapoli 1686), ff. 411 s., 415, 425-27, 434, 436 s. (i ff. 434, 436-37 riguardano anche Nicola); G. A. Campano, De vita et gestis Braccii, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XIX, 4, a cura di R. Valentini, p. 203; I. Simonetae Rerum gestarum Francisci Sfortiae commentarii,ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 15-19, 533 (dove erroneamente si attribuisce la partecipazione alla battaglia dell'Aquila a Pietro Giampaolo Cantelmo); Niccolò di Borbona, Cronaca delle cose dell'Aquila dall'anno 1363 all'anno 1424, in L. A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, VI, Mediolani 1742, col. 874; Cantari sulla guerra Aquilana di Braccio, a cura di R. Valentini, Roma 1935, in Fonti per la storia d'Italia, LXXV, pp. 18, 120, 167, 189-91, 204 s., 211-13; Diurnali detti del duca di Monteleone, a cura di N. F. Faraglia, Napoli 1895, pp. 59 s., 77, 82 ss.; A. De Ritiis, Chronica civitatis Aquilae, a cura di L. Cassese, in Arch. stor. per le prov. napol., n.s., XXVII (1941), p. 189; Regesto della Cancelleria aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, n. 49 p. 10, n. 160 p. 28 (per Nicola); Il "Codice Chigi". Un Registro della cancelleria di Alfonso I d'Aragona re di Napoli per gli anni 1451-1453, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1965, n. 284 pp. 284 s. (per Nicola); P. Vincenti, Historia della famiglia Cantelma, Napoli 1604, pp. 43-47 (per Antonio), 47-50 (per Nicola); C. De Lellis, Discorso delle famiglie nobili di Napoli, Napoli 1663, pp. 128 s. (per Antonio), 129-31 (per Nicola); B. Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili..., Napoli 1691, p. 47; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, I, Napoli 1875, p. 158; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904, p. 61; Id., Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908, pp. 49, 329 (per Nicola); R. Filangieri, Una congiura di baroni nel castello d'Isola..., in Arch. stor. per le prov. napol., n.s., XXVIII (1945), p. 113 (per Nicola); P. Litta, Le famiglie celebri d'Italia,s.v. Cantelmi di Napoli, tav. I.