CAMPANELLA, Antonio
Nacque a Genova il 5 marzo 1811 da Sebastiano e da Maria Poggi, in una famiglia di condizione agiata e molto attaccata alla tradizione cattolica. Dopo i primi studi, entrò ancora adolescente nel seminario arcivescovile di Genova, formandosi inun'atmosfera che risentiva in maniera massiccia dell'ideologia della Restaurazione, soprattutto di un'acre animosità contro le dottrine gallicane e gianseniste che contavano allora nella città ligure ancora alcuni epigoni. Ma il C. poté in quegli anni acquisire altresì una buona cultura letteraria, che mise a frutto dopo l'ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1834, nell'insegnamento presso le scuole civiche di Genova. Pochi anni dopo, l'arcivescovo di Genova, cardinale P. M. Tadini, gli affidò la cattedra di umanità nel seminario arcivescovile. Avverso al movimento nazionale in qualsiasi forma si presentasse, dopo il fallimento della prima guerra d'indipendenza e dei tentativi democratici il C. fondò con alcuni amici, tra cui spicca il nome di Gaetano Alimonda, il quotidiano Il Cattolico di Genova. Di questo giornale, che vide la luce il 26 luglio 1849, il C. fu il direttore e uno dei principali compilatori (nei primi anni, oltre all'Alimonda, vi collaborarono Tommaso Reggio, Vincenzo e Luigi Persoglio), imprimendogli un indirizzo intransigente e decisamente antigovernativo, in continua polemica con gli altri giornali politici genovesi, moderati o democratici che fossero, dal Censore alla Bandiera del Popolo, dal Corriere mercantile al Tribuno, dalla Strega (dal 1851 La Maga)all'Italia libera.
Tra le prime prese di posizione del quotidiano diretto dal C. vi fu la decisa confutazione dell'interpretazione neoguelfa del Gioberti circa l'atteggiamento di Pio IX dal 1846 al '48, che gli procurò l'aperto gradimento del papato espresso in una lettera del cardinale Antonelli da Portici (10 sett. 1849). Nel 1850 il Cattolico si distinse per la violenta opposizione alle leggi Siccardi e alla successiva espulsione dalla diocesi torinese dell'arcivescovo Luigi Fransoni. All'inizio del 1851, mutata la testata del foglio in Il Cattolico - Giornale quotidiano di Genova con l'aggiunta del motto "Unus Spiritus, Una Fides - Unum Ovile et Unus Pastor", il C. volle ancor più accentuare l'assoluta devozione al pontefice sulla medesima linea della gesuitica Civiltà cattolica, di cui spesso si riportavano interi articoli o estratti. Quando all'arcivescovado di Genova fu nominato mons. Charvaz, il C. giudicò inopportuni non pochi provvedimenti di questo: in particolare spiacque la riforma degli studi nei seminari della diocesi che, oltre a riportarvi come insegnanti alcuni professori dell'università (ritenuti dagli intransigenti possibili diffusori di idee antiromane), provocò, tra l'altro, le dimissioni di Gaetano Alimonda dal seminario di Genova, quelle di Gaetano Battilana da rettore del seminario di Chiavari e altre discriminazioni contro G. B. Raggio, A. Bacigalupo e F. Zignago. Il C., invece, rimase al suo posto e il Cattolico seppe celare con sufficiente disinvoltura i contrasti che dividevano il gruppo intransigente dal Charvaz e dai suoi più immediati collaboratori, evitando qualsiasi critica aperta. Gli obiettivi del quotidiano clericale si concretarono in due direzioni: diffondere nell'opinione pubblica il timore per un imminente scoppio rivoluzionario e minacciare il governo piemontese agitando la possibilità di una veemente reazione dei cattolici in caso di "persecuzione" contro la Chiesa. I due temi si basavano su argomenti già collaudati dal clero controrivoluzionario alla fine del Settecento. All'Histoire du jacobinisme del Barruel il C. si ispirava per rappresentare la Chiesa come unico baluardo contro lo "spettro sanguinoso del '93", riapparso nelle sembianze del "socialismo" al cui trionfo stavano concorrendo democratici, mazziniarà e, perfino, le Società operaie piemontesi, stretti tra loro in un segreto complotto contro la religione e i sovrani (Il Cattolico, 17 nov. 1853: Il socialismo è alle porte). All'Historia ecclesiastica del cardinale Orsi, fonte inesauribile per i difensori del potere temporale del papa (utilizzata ampiamente anche dal conte de Maistre), il C. attinge esemplari modelli da proporre ai cattolici: ai tempi di Gregorio II "tutta l'Italia si sollevò per deporre il suo imperatore, perché faceva guerra al dogma cattolico, ed ereticava; e da ciò si può dedurre quello che sarebbe per accadere in Piemonte, se si procedesse a volervi stabilire la eresia, la separazione dal romano pontefice, poiché i cattolici piemontesi, cognita nequitia, si potrebbero dimostrare non degeneri dagli antichi loro padri..." (ibid., 19 nov. 1853: L'origine del dominio temporale dei Papi). In seguito il Cattolico, che aveva approvato il colpo di Stato di Napoleone in Francia "contro la repubblica rossa sitibonda di vite e di sangue", si batté contro il progetto di legge Rattazzi del 28 nov. 1854 per la soppressione di comunità religiose e stabilimenti ecclesiastici e avversò l'intervento piemontese in Crimea. Il quotidiano genovese permise al C. di svolgere "un'azione politica assai efficace e qualche volta preponderante nella sua città natale" (Diz. Risorg. naz., II, p. 499), come dimostrò il rilevante successo ottenuto dalla lista da esso patrocinata nelle elezioni generali del 1857 nel collegio di Genova. Nel 1859 il Cattolico sostenne apertamente fino allo scoppio della guerra le ragioni dell'Austria, poi, dopo Villafranca, polemizzò vivacemente contro l'annessione delle Legazioni pontificie e dei ducati dell'Italia centrale. Durante la spedizione dei Mille, i governanti piemontesi furono duramente accusati di essere "O complici o imbecilli..." (articolo apparso il 26 maggio 1860); e non solo, nel settembre 1860, vennero innalzate vigorose proteste contro l'ingresso delle truppe regolari nei territori dello Stato pontificio, ma si esaltò fino all'ultimo la resistenza a Gaeta di Francesco II di Borbone, "l'intrepido e valoroso Re che dall'ultimo baluardo difende... più che la sua corona, le corone di tutti i monarchi" (Il Cattolico, 8 febbr. 1861).
Le continue accuse contro il governo provocarono nel biennio 1859-61 frequenti sequestri e sospensioni del quotidiano, e azioni giudiziarie contro il gerente responsabile (questi, Andrea Barabino, il 30 luglio 1860 venne condannato a sette mesi di reclusione e fu sostituito prima da Andrea Capurro, poi nell'ottobre da Luigi Parodi). Ma l'esigenza di difendere gli interessi essenziali della Chiesa (il potere temporale a Roma, i beni ecclesiastici, il matrimonio religioso) consigliò, dopo la proclamazione del Regno d'Italia, un atteggiamento più duttile: il 27 apr. 1861 il Cattolico cessò le pubblicazioni, riprendendole il 29 aprile con una nuova testata, Stendardo cattolico, chiarendo in un editoriale l'intenzione dei redattori di essere "più parchi e più riservati".
Rimasto sulle vecchie dure posizioni, il C., estromesso dalla direzione, diradò e infine sospese la propria collaborazione. Dopo aver continuato l'insegnamento nel seminario, passando alla cattedra di sacra eloquenza, egli si dedicò del tutto al ministero sacerdotale. Soltanto nel 1871 rientrò occasionalmente nel campo politico per polemizzare con Henry Jorioz autore di una Notice biographique sur son excellence mgr. André Charvaz (Moutiers 1870), che, nell'esaltare l'azione pastorale del Charvaz nel reggere con spirito liberale la diocesi genovese, denunciava l'ingeneroso ostruzionismo mossogli dal gruppo clericale più intransigente. Il C. tentò di confutare queste accuse, prima con la Lettera al reverendo signor Enrico Jorioz canonico della metropolitana di Genova autore della Biografia di monsignor arcivescovo Andrea Charvaz (Genova s.d.), poi con la Lettera seconda al reverendissimo signore Enrico Jorioz... (Genova 1871), dopoché quest'ultimo aveva tradotto la Notice in italiano con aggiunta di note e documenti (Asti 1871): egli sostenne che nessuna opposizione era stata fatta dai filocuriali al Charvaz, anzi la diffidenza di questo nei loro confronti, provocata dalle insinuazioni dello stesso Jorioz, era del tutto svanita negli ultimi anni, quando l'arcivescovo comprese infine la situazione reale della diocesi genovese. Nel 1873 il C. fu nominato priore della chiesa di Nostra Signora del Carmine, in sostituzione del fratello Girolamo, conservando questo incarico attivamente fino a tardissima età, come dimostrano alcune pubblicazioni: Due sermoni sacri (Genova 1907); Inni al Sacro Cuore di Gesù (ibid. 1907); Discorso per la sera del venerdì santo (ibid. 1908). Esercitò a lungo anche gli uffici di giudice sinodale e revisore della stampa per la diocesi di Genova. Il C. morì a Genova il 23 marzo 1910.
Di una sua modesta attività letteraria sono testimonianza alcune traduzioni: Il beato Carlo Spinola e i suoi compagni morti per la fede ai10 settembre 1622 (Genova 1868) di E. Séguin; La Filomena... (ibid. 1874), un ritmo latino di s. Bonaventura e la Cantique... (ibid. 1876) del francese Jean Racine.
Fonti e Bibl.: Il Cattolico, annate 1849-1861, passim; A ricordo dell'ab. priore A. C. …, Genova 1910; F. Fonzi, Correnti di opposizione alla politica piemontese tra i cattolici liguri negli anni 1849-1859, in Rass. stor. del Risorg., XXXIX (1952), pp. 542-552 (cenni sul Cattolico, ma non è nominato il C.); L. Balestreri, Breviario della storia del giornalismo genovese, Genova 1970, p. 51; Dizionario biografico degli Italiani, II, ad vocem Alimonda Gaetano; Diz. del Risorg. naz., I, pp. 205-207; II, pp. 499 s.