CALBO, Antonio
Nacque a Venezia verso il 1450, come suggerisce il Priuli, da Alvise. Una vita intensa, la sua, divisa fra lo studio dei classici e dei Padri e il servizio della Repubblica, animata da una visione della cultura intesa non come un bene astratto e personale e sterile, ma un impegno continuo nell'azione sociale e civile, "strumento di pubblica utilità" (Tenenti, p. 166).Dapprima "advocatus per omnes curas" (28 luglio 1466-20 luglio 1467), dal 2al 19 genn. 1471fu preposto alla carica di provveditore "super dominia maris"; nello stesso anno fu savio agli Ordini; dal 22 sett. 1474 al 12 ag. 1475 fu auditore novo e sindico di Terraferma nel 1475, "nel qual carico ritrovò di molti nobili che havevano mancato al debito… loro" (Priuli). Il 14 dic. 1486 divenne conte di Sebenico.
Qui il C. trascorse tre anni intensi e di grande respiro culturale, durante i quali strinse profonda amicizia col Sisgoreo e con i maggiori intellettuali del luogo, interessandosi della religione, dei costumi, della cultura, della struttura geografica di Sebenico e della Dalmazia: la preparazione umanistica e classica era posta al servizio dell'agire politico e sociale.
Della vivezza di tale ambiente, di cui il C. costituì l'uomo di punta, offire viva testimonia l'opuscolo di G. Sisgoreo, De visu Illiriae et civitate Sibenici (Sebenico 1487), che reca pure l'impronta del C. a cui venne sottoposto "tamque praetori et tamque historiae studioso". Particolarmente un aspetto, caratterizzante la stessa attività del C., balza da quest'opera, la penetrazione religiosa, cattolica, che ha accompagnato la dominazione veneziana in Dalmazia, la quale ha cancellato tutte le tradizioni legate al folclore e alla pietas (culti agrari, tradizioni magiche) delle popolazioni dalmate. Una sorta di acculturazione di cui il C., accanto al Sisgoreo, fu uno dei più attivi assertori, infatti, "rem divinam praesertim et diligis, et colis, et observas", ribatte il Sisgoreo, nella convinzione che la fede cattolica è l'unico "sol" che uccide tutte le superstizioni, tutte le infinite "magie" del mondo e delle culture nate e cresciute prima di Cristo, compresa la stessa civiltà greca e latina. Di questo indirizzo, di una assimilazione costante al cattolicesimo di popolazioni esposte continuamente alla minaccia turca, impresso alla politica veneziana in questi anni, e di cui la cultura umanistica generata nei centri dalmati diventa uno strumento, il C. fu un interprete famoso "pro… incredibili ac prope divina bonitate":un alone di probità e rilevanza umana che non lo abbandonerà mai.
Del fascino di Sebenico, del suo rigoglio intellettuale che amaramente doveva abbandonare il 4 genn. del 1489 per ritornare a Venezia, gli rimase sempre un ricordo indelebile durante le discussioni, i dibattiti snervanti delle riunioni dell'avogaria di Comun di cui fece parte, eccettuate le brevi parentesi di provveditore al Sale (2 marzo 1493) e di "capitaneus Bergomi" (1495-96), fino al 1496. A partire da tale data non vi fu fatto politico, decisione giudiziaria o proposta di elezione a cui il suo nome non sia legato. Dal 1496 all'11 giugno 1497 è "consiliarius" dei Dieci, poi, dal 27 nov. 1499, avogador di Comun, "noviter" interessato con altri otto patrizi a dirimere una controversia fra i Bresciani ed uno dei Dieci comuni, a risolvere "il problema" delle "banche di la becharia", a decidere su cause criminali (il 12 marzo 1499 sarà il caso del fiorentino Bortolo Nerli, già condannato in "quarantia criminal", insieme alla vicenda di un certo Arom "judeo" ad occuparlo lungamente). Nell'aprile del 1499 investiga sul buon andamento (puntualità ed osservanza delle leggi) dell'amministrazione pubblica, punendo in maniera esemplare Antonio Cocco "olim a le cazude, per haver notà alcuni zorni, dovea star in l'oficio che non era", per cui è "bandizà do anni di ofizij e benefizij e consegij" con "do anni de paga". Non gli sfuggono i problemi (rafforzamento degli equipaggi, regolarità degli approvvigionamenti, ecc.) delle squadre navali che operano nel Mediterraneo; partecipa attivamente, prendendo posizione favorevole agli imputati, al processo iniziato nel settembre 1499, in cui Paolo Calbo, Giusto Gauro e Troiano Bollani, accusati per il grave insuccesso della campagna navale contro il Turco, sono assolti. Il fascino della sua oratoria colpisce lo stesso Sanuto, uno degli osservatori più attenti del mondo veneziano sullo scorcio del Cinquecento, col quale entra in lizza e competizione. Pure come governatore delle Entrate (23 aprile-1º giugno 1500) si distingue. Nella mansione di controllare, affittare, fornire resoconti sui dazi, denunciarne l'insufficienza per le entrate della Repubblica ("mancha 6 dacij a incantar, et è danno grande", esclama in Consiglio nell'aprile del 1500) soprattutto per quanto riguarda alcuni prodotti essenziali come l'olio, il vino e l'uva, disporre delle entrate, si riverbera la sua scrupolosità e la sua competenza amministrativa. Nell'ottobre del 1500 fa parte della "zonta di danari"; segue la nomina a consigliere di Venezia nel sestiere di Dorsoduro. Infine, il 3 dic. del 1503 nceve la nomina a luogotenente della Patria del Friuli, un territorio di confine, con problemi diversi da quelli a cui si era trovato di fronte a Sebenico, nei quali doveva far valere la decennale competenza amministrativa (1493-1503) acquisita soprattutto all'Avogaria di Comun.
Glieli indicava lo stesso doge Leonardo Loredan nella "Commissione" inviatagli il 15 marzo 1504: occorreva assicurare la normalità delle vie di traffico mercantile nell'area friulana, vitali per Venezia in quanto la mettevano in rapporto con le regioni centrali dell'Europa, e stroncare il contrabbando; solo entro questo quadro prendeva significato il rispetto delle autonomie locali. I convogli delle merci, infatti, subirono pesanti controlli; "schiavi contrabandieri et venditori de sali", che potevano, a volte, trovare rifugio "ne le jurisdiction de Cividal de Austria, de la abbatia de Resazo", furono severamente puniti. In breve tempo i traffici vennero normalizzati e assicurati. Non mancarono, d'altra parte, precise informazioni sui preparativi di guerra dei Turchi e sugli ammassamenti di truppe "ne la Bossigna et Albania", oltre a resoconti dettagliati sulle vicende politiche dell'Austria e della Germania.
Un lavoro intenso, perciò, senza soste, ininterrotto che lentamente aveva minato la salute del C.; morì nel 1505, durante un viaggio di lavoro nei dintorni di Udine, prima del termine del suo mandato, e poco dopo essere stato nominato procuratore di San Marco.
Fonti e Bibl.: Per una ricostruzione della sua vita, cfr. Archivio di Stato di Venezia, Segretario alle voci, regg. 5, 6, 7, 9; Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 169; e Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 2832, ms. III, 69; Ibid., cod. Cicogna 2889: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio …, I, c. 115r; M. Sanuto, Diarii, I-V, Venezia 1879-1881, ad Indices;Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It.VII, 925 (= 8594): M. Barbaro. Genealogie delle famiglie patrie venete, c. 199v. Sugli anni di Sebenico, particolarmente importanti sono il ms. Cicogna 2218-2219 e il cod. Cicogna 3204 del CivicoMuseo Correr di Venezia. Per una inquadratura generale della sua personalità e attività, vedi A. Fortis, Viaggio in Dalmazia, I, Venezia 1774, pp. 146 s.; G. Ferrari Cupilli, Cenni biografici di alcuni uomini illustri della Dalmazia, Zara 1887, pp. 154-160; P. Paschini, Storia del Friuli, III, Udine 1936, pp. 199-210; E. Zille, Il processo Grimani, in Archivio veneto, XXXVII(1945), pp. 137-194; A. Tenenti, Il "De perfectione rerum" di Nicolò Contarini, in Boll. dell'Istituto di storia della società e dello stato veneziano, I(1959), pp. 155-166; A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del 1400 e 1500, Bari 1964, pp. 187-215.