CACCIANIGA, Antonio
Nacque a Treviso il 30 giugno 1823 da Ernesto e Anna Zaccagna. Compiuti gli studi secondari a Treviso e a Belluno, frequentò l'università di Padova, dove seguì i corsi di storia naturale e di economia rurale. Recatosi a Milano nel 1848, vi fondò e diresse, coadiuvato dal caricaturista A. Greppi, un giornale umoristico, stampato dall'editore G. Redaelli, Lo spirito folletto (primo numero: 1º maggio 1848), che ebbe immediata diffusione e larga popolarità. Al ritorno degli Austriaci nel Lombardo-Veneto emigrò in Svizzera e poi in Francia dove frequentò la Sorbona e il Collège de France. Dopo qualche tempo divenne corrispondente del giornale La Concordia di Torino; teneva inoltre le rubriche "Corriere da Parigi" per il quotidiano L'Opinione di Torino, "Rassegna artistica" per L'Italia musicale, articoli teatrali per IlPirata e articoli di vario argomento per la France musicale di Parigi. Dopo un soggiorno a Londra, sposò nel 1852 una francese. Alla morte del padre l'eredità gli fu sequestrata nel 1853 dal governo austriaco; ottenne allora l'insegnamento di lingua italiana alla Ecole supérieure du commerce diretta dall'economista J. A. Blanqui.
Ritornato in Italia nel 1854 grazie ad una amnistia, visse ritirato nella sua villa di Saltore; rimase però in contatto con i rappresentanti del liberalismo veneto (C. Leoni, A. Berti e A. Messedaglia). Collaborò in quegli anni, sotto lo pseudonimo "Deputato di Maserada" (dal nome del comune dove sorgeva la sua villa), al Consultore amministrativo di Verona; contribuì a fondare e partecipò alla direzione dell'Archivio domestico, periodico educativo di Treviso. Verso la fine del 1865 fu inviato, come deputato di Treviso, alla Congregazione centrale di Venezia, in cui tenne una linea di costante opposizione all'ultimo governo austriaco. Dopo la sconfitta dell'Austria, venne eletto podestà di Treviso e in seguito, con l'adozione della legge comunale italiana, fu nominato sindaco. In questa qualità fece parte della deputazione, presieduta da S. Tecchio, che preparò il plebiscito per l'annessione del Veneto all'Italia. Il C. accompagnò poi Vittorio Emanuele II nel suo ingresso a Venezia e Treviso.
Nella IX legislatura venne eletto deputato del I collegio di Treviso, ma dopo pochi giorni, il 9 nov. 1866, il governo lo inviò come prefetto a Udine. Dopo breve tempo, forse trovandosi in disaccordo con il ministro, rinunciò all'incarico. Eletto nuovamente deputato alla X legislatura, si dimise dalla carica e si stabilì definitivamente in campagna, dedicandosi all'agricoltura e agli studi, cui alternava frequenti viaggi all'estero. Non cessò comunque di occuparsi attivamente dei problemi della sua provincia: sia amministrativi (fu dal 1876 presidente del Consiglio provinciale di Treviso), sia economici e agricoli (fece parte del consiglio d'amministrazione della Scuola reale di viticultura e d'enologia di Conegliano), sia culturali (fu preside dell'Ateneo di Treviso; socio corrispondente dell'Istituto reale di Venezia; vicepresidente della Deputazione veneta per gli studi di storia patria). Proseguì inoltre, fino agli ultimi anni della sua vita, nell'attività giornalistica pubblicando un periodico di educazione popolare, l'Almanaccodell'eremita, e collaborando all'Illustrazione italiana, al Corriere di Milano, all'Italiaagricola.
Morì a Maserada sul Piave (Treviso) il 22 apr. 1909.
Nella varia attività del C. scrittore e giornalista appare in primo luogo un filone memorialistico, che si distende autonomamente nella seconda parte di Sotto i ligustri (Milano 1881), cioè nei brani raccolti col sottotitolo di "Reminiscenze dell'esilio", e in uno dei suoi ultimi libri, Lettere d'un marito alla moglie morta (Milano 1897), ma che, come ispirazione fondamentale, è sotteso a tutta la sua esperienza narrativa. Una larga parte della sua produzione è poi occupata dal filone rusticale, che perde la connotazione genericamente umanitaria sotto il cui segno aveva avuto origine, e si spoglia quasi del tutto delle notazioni di carattere sociale che costituivano uno dei due poli di questo genere. L'attenzione del C. per il mondo della campagna rientra in un discorso generale sul futuro e sullo sviluppo economico e sociale della società di cui egli faceva parte: la sua avversione per la città, per l'emigrazione, per l'oneroso sistema fiscale imposto dal governo, non sono che i momenti di una opposizione di fondo, che non fu solo sua ma di un vasto strato sociale e di intellettuali, allo sviluppo industriale del paese, l'espressione di un programma di risanamento dell'economia e della vita morale e civile della nazione attraverso il ritorno alla terra. Perciò il pubblico al quale il C. si rivolge non è più quel popolo, che appariva anche come protagonista nei romanzi del Carcano e della Percoto, ma il ceto della piccola e media proprietà terriera che rappresentava, come affermava lo scrittore, un terzo della popolazione. Così accanto a scritti che auspicano un ritorno dei proprietari alla campagna, e un loro diretto impegno nell'introduzione della tecnica nei sistemi di coltivazione, appaiono notazioni e impressioni personali sulla natura, quadretti di genere che costituiscono la parte più debole della sua opera. La vita campestre (Milano 1867), Le cronache del villaggio (Milano 1872, pubblicate precedentemente su L'Italia agricola e sul Corriere di Milano), le "Impressioni rurali" (sottotitolo della terza parte di Sotto i ligustri)e Frondeggi (Treviso 1894) ebbero, fra le opere ispirate da questo filone, il maggiore successo: in particolare La vita campestre, che venne anche tradotta e pubblicata in Francia.
Nel terzo filone, quello più propriamente narrativo, convivono e si combinano elementi del genere rusticale e del romanzo storico risorgimentale; il C. cioè, come già altri scrittori avevano tentato, fa perno sull'intento patriottico e rievocativo, ma proietta le recenti vicende delle guerre d'indipendenza su uno sfondo rurale ben delineato e definito nelle sue caratteristiche e nei suoi problemi specifici, secondo suggestioni cui non era estraneo l'esempio francese di George Sand e Alphonse Karr. Nell'esecrazione del dominio austriaco il C. si volge di preferenza alla descrizione del turbamento prodotto dai soprusi dello straniero nella quieta e serena vita campestre, al livello del piccolo possidente di paese, come ad esempio in I vampiri e l'incubo (Treviso 1870) e Ilconvento (Milano 1883); in questa scelta non è estraneo il risorgere della diretta esperienza autobiografica dell'autore, più evidente in Ilroccolo di sant'Alipio (Milano 1881) e in Ilproscritto (2 ed., Milano 1870), che tuttavia nella seconda parte subisce, con la complicazione dell'intreccio e l'inserimento di storie di povere fanciulle corrotte, echi evidenti del romanzo popolare francese. Più vaste ambizioni, anche se ancora sullo sfondo delle vicende dell'unificazione italiana, il C. mostra in La famiglia Bonifazio (Milano 1886), una specie di saga che segue la storia di tre generazioni dalle prime cospirazioni carbonare attraverso gli esili fino alla costituzione del Regno d'Italia; mentre con Ildolce far niente (Milano 1869) e Ilbacio della contessa Savina (Milano 1975) l'intento didascalico, che è sempre al fondo di tutta l'opera narrativa del C., si fa più scoperto e fastidioso, esemplificando, nella storia di una specie di "educazione sentimentale" di due giovani, i danni dell'ozio nel primo romanzo, e il valore morale della vita di campagna contro quella di città nel secondo.
Nella vasta produzione narrativa del C. è dunque presente un prevalente impegno didascalico politico-risorgimentale che travolge ogni problema espressivo ed ogni possibilità di costruire personaggi: questi appaiono infatti trasparenti simboli di idee, puri schemi privi di qualunque risvolto psicologico che esuli dall'artificio e dalla maniera. In un solo romanzo, Villa Ortensia (Milano 1876), il C. riesce a trovare qualche pagina felice nel descrivere l'abbandono e il senso di disfacimento senza disperazione e senza speranza che emana dalla protagonista, vittima designata della convenzione sociale di cui è prigioniera. Altri accenti felici appaiono, qua e là, più o meno in tutti i romanzi, quando il C. si abbandona all'amorosa descrizione della sua Venezia, la Venezia regale e monumentale accesa dai riflessi dorati del sole o striata da argentei effetti di luna.
Altri scritti: Alcuni giorni ai bagni, commedia in quattro atti, Milano 1847; Le donne hanno ragione, Milano 1853; Bozzetti morali ed economici, Treviso 1868; I bagni di Comano, Treviso 1869 (raccolta di articoli apparsi prima sull'Archivio domestico); Ricordo della provincia di Treviso, Treviso 1872; Ricordi d'un eremita, Milano 1870-74; La questione economica e l'agricoltura, Milano 1874; Novità dell'industria applicata alla vita domestica, Milano 1878; Avventure in guerra, Milano 1883; Brava gente, Milano 1888; Feste e funerali, Treviso 1889.
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