BUERO VALLEJO, Antonio
BUERO VALLEJO, Antonio (App. III, i, p. 269)
Drammaturgo spagnolo. Ha ricevuto il premio letterario Cervantes nel 1986. La componente di denuncia sociale venata da problematiche esistenzialiste che connotava le sue prime opere è rimasta, dopo cinquant'anni di presenza sulla scena del teatro spagnolo con oltre venti testi rappresentati, una nota dominante della produzione del drammaturgo. Il senso tragico dell'esistenza umana, che si traduce nella perenne contraddizione tra il sogno di ciò che è impossibile e una realtà precaria e insoddisfacente, continua a essere l'asse portante del pensiero di B.V., pur nell'inevitabile evoluzione che è dato registrare nella sua produzione.
Già nel primo periodo, in cui lo spazio scenico e il tempo erano presentati in modo tradizionale e il dialogo tra i personaggi riproponeva criticamente i conflitti sociali della Spagna del dopoguerra, si affacciavano temi mitici (La tejedora de sueños, 1952), letterari (Casi un cuento de hadas, 1953) e onirici (Aventura en lo gris, 1955, rappresentata nel 1963), e si faceva ampio impiego di simboli (gli spazi chiusi e opprimenti, la cecità ecc.) che avrebbero acquistato sempre maggior rilevanza negli anni successivi. In quest'ottica simbolica va letto anche il teatro cosiddetto storico, iniziato nel 1958 con Un soñador para un pueblo e continuato con Las meninas (1960), El sueño de la razón (1970; trad. it. 1971) e La detonación (1977); si tratta di un nucleo compatto e omogeneo di opere, in cui attraverso le biografie, rispettivamente, di Esquilache, Velázquez, Goya e Larra, interpreti di una visione progressista della storia e dell'arte e in quanto tali condannati all'isolamento, si rivela l'intenzione di delineare una visione critica della storia di Spagna fornendo nello stesso tempo una chiave di lettura del presente. Si assiste anche a un'evoluzione delle linee formali: gli spazi scenici si convertono in luoghi astratti, il tempo scorre in modo discontinuo e l'azione si sviluppa in una serie di quadri giustapposti che fanno pensare a un retablo.
Con El tragaluz (1967), uno dei testi più 'coraggiosi' della letteratura spagnola dell'epoca della dittatura per il modo diretto in cui viene affrontata la questione della guerra civile, e con La doble historia del Doctor Valmy (1976, ma scritto nel 1967), drammatica denuncia delle torture e della brutalità della polizia politica, B.V. aveva nel frattempo avviato un'ulteriore fase di sperimentazione, introducendo la figura di un narratore, un personaggio intermediario tra la storia e il pubblico, portatore di un punto di vista determinato. In quest'ottica, un passo ulteriore verso l'assunzione di una prospettiva soggettiva è rappresentato dai già citati El sueño de la razón e La detonación, e da Llegada de los dioses (1971) e La fundación (1974), in cui scompare il narratore intermediario e la realtà è resa attraverso la percezione e la sensibilità di uno dei personaggi, grazie ad artifici visivi e sonori che costringono il pubblico a condividere quella particolare visione del mondo. È questa la fase di maggior sperimentalismo, in cui lo spazio scenico si fa via via più complesso, fino a incorporare scenari multipli su cui si alternano il piano della realtà e quello del sogno e delle visioni. Sulla linea dello sviluppo estremo del simbolismo dei primi tempi, B.V. è giunto a una raffinata ricerca formale nel segno di un'esigenza da sempre viva nel suo teatro, quella di trovare la forma adeguata a ogni tema, di tradurre gli scottanti problemi sociali e politici in una dimensione artisticamente significativa.
Tra le ultime opere, ricordiamo ancora: Jueces en la noche (1979); Caimán (1981); Diálogo secreto (1984); Lázaro en el laberinto (1986); Música cercana (1989).
bibliografia
R. Doménech, El teatro de Buero Vallejo. Una meditación española, Madrid 1973;
L. Iglesias Feijoo, La trayectoria dramática de Antonio Buero Vallejo, Santiago de Compostela 1982;
M. de Paco, Buero Vallejo. Cuarenta años de teatro, Murcia 1988.