BIANCHINI, Antonio
Nacque a Roma il 18 sett. 1803 da Filippo, mercante oriundo del Canton Ticino ridotto alla miseria, e da Annamaria Barbiellini. Dopo aver studiato i primi elementi di pittura presso D. Corvi, venne ammesso gratuitamente al seminario romano. Distintosi nelle letterature classiche, gli venne destinata nel 1823 la cattedra di greco nel Collegio Urbano, che non ottenne per gli intrighi di un rivale. Il B. frequentò, poi, l'Accademia teologica dell'università di Roma, laureandosi in teologia. Nel 1827 con F. Mercuri e G. Cannonieri fondò la Società tipografica, che pubblicò per prima cosa sei volumi (dei dieci previsti) di traduzioni del B. stesso da omelie dei Padri greci.
I primi due comprendono diciannove omelie e un sermone di s. Basilio Magno; il terzo, quattro orazioni funebri di Gregorio il Teologo; il quarto, il quinto e il sesto, ventitré omelie di s. Giovanni Grisostomo. Il quarto contiene anche una lettera dedicatoria allo Chateaubriand. In realtà, il B. aveva pensato di dedicare l'opera a P. Giordani, ma la dedica era stata bocciata dalla censura ecclesiastica (P. Giordani, Epistolario, VI, Milano 1864, lettera a P. Brighenti del 9 giugno 1828, p. 25; lettera alla marchesa Trivulzio Poldi del 17 ott. 1836, p. 322). Lo stile è forbito e sostenuto, secondo i canoni di quel purismo letterario che ebbe come modello ideale il Giordani; ma il B. si tenne quasi sempre lontano dagli eccessi cui pervennero taluni fra i classicisti romani.
Nel 1828 il B. ebbe anche in animo di curare un florilegio di classici italiani del Trecento, per cui chiese consigli e suggerimenti a molti illustri letterati, tra i quali il padre A. Cesari (Delle lettere di A. Cesari..., Firenze 1846, II, p. 446). Ma il fallimento della Società tipografica (1829) impedì la realizzazione del progetto.
Assiduo frequentatore degli ambienti artistici romani, il B. collaborò saltuariamente, tra il 1831 e il '53, al Giornale arcadico (vi pubblicò, fra l'altro, una epistola latina diretta a G. Laureani, dal titolo Antonius Bianchinius Gab. Laureanio S. Pl., seguita da un saggio di traduzione in esametri latini dell'inizio del libro III delle Argonautiche di Apollonio di Rodi: XXXIV [1827], pp. 344-349), a L'Album e a L'Ape italiana. Ammesso in Arcadia verso il 1830 col nome di Arginto Mergario, fu dal 1833 al '53 segretario della Società romana degli amatori e cultori di belle arti. Fu infine socio dell'Accademia Ernica di Alatri e, negli ultimi anni di vita, membro della Commissione di archeologia sacra. Nel 1866 fu chiamato a insegnare letteratura greca presso il Collegio Urbano, e vi rimase tre anni.
Nel 1831 il B. visitò la Romagna, entrando in contatto con alcuni patrioti della regione. Sotto Pio IX fece parte del Consiglio comunale di Roma; eletto conservatore, nel novembre 1847 gli fu affidata la direzione della sanità, polizia medica e beneficienza. Ebbe parte nella stesura della notificazione del 1º genn. 1848 relativa alle nuove funzioni della magistratura comunale, dell'istanza con la quale il 6 marzo il Consiglio comunale chiedeva lo statuto al pontefice e di quella del 16 successivo di ringraziamento per la sua concessione. Deputato del collegio di Castelnuovo di Porto, venne eletto segretario del Consiglio dei deputati, e in tale veste fu l'estensore materiale dello schema di risposta al messaggio papale, esaminato e discusso il 25 giugno. Nel luglio si dimise dalla carica di conservatore.
Apprezzato dai contemporanei come miniaturista e acquarellista (fece copie da Raffaello, Tiziano, Sassoferrato, Giambellino, Guido Reni, P. Batoni; lo zar acquistò un suo Episodio della peste di Firenze del 1348), nella pittura a olio si ispirò alla mitologia e alla letteratura, ma per lo più si dedicò alla pittura religiosa. Unica opera ancor oggi identificabile è la grande pala con S. Giovanni de' Rossi nella chiesa romana della SS. Trinità dei Pellegrini. Nel dicembre 1850 gli fu dato l'incarico di restaurare la galleria delle carte geografiche in Vaticano, dove ebbe come collaboratore Luigi Lais, col quale restaurò anche (1853-54) le pitture quattrocentesche nella cappella sotterranea di S. Scolastica a Subiaco. Nei mesi estivi degli anni tra il 1855 e il 1860 restaurò gli affreschi della cappella del corporale nel duomo di Orvieto, lavoro che fu interrotto allorché l'Umbria fu annessa al Regno d'Italia.
Il B. è però ricordato nella storia dell'arte più che per questa sua attività artistica, chè le sue prove di pittura reperibili appaiono per lo più scadenti, per il breve scritto Del purismo nelle Arti, Roma s.a. (ma 1843; cfr. per la questione della data, G. Previtali, in Paragone, XVI[1963], n. 163, p. 61, n. 1), che, avendo avuto l'approvazione del Minardi, dell'Overbeck, del Tenerani, è considerato il "manifesto" del purismo romano: egli vi riunisce una serie d'idee già espresse in precedenza, specialmente nella seconda (1838) e nella terza (1839) allocuzione lette presso la Società romana degli amatori e cultori di Belle Arti.
Più che proporre come modelli di studio i pittori del XIV e XV secolo, i quali tuttavia non devono mai essere copiati ma devono servire per apprendere "la severa, semplice, evidente dimostrazione delle cose rappresentate, cioè del subbietto della pittura" (p. 5), il B. afferma che il purista si preoccupa, "non potendo l'uomo, quando per mancare e quando per eccedere, toccar punto di perfezione", di "anteporre il minor difetto, il quale si è di aspirare al fine con mezzi poco dilettevoli in sé, ma efficaci, anziché abbandonarlo o trascurarlo per amore di mezzi inutili ma piacevoli a chi gli usa".
Tipico prodotto dell'educazione confessionale della Roma pontificia, il B., come già nell'allocuzione Del fondamento ai sani giudizi sull'arte (1841), riafferma qui la sua preferenza per la pittura religiosa, il cui scopo doveva essere quello di aiutare a pregare e non distrarre dalla preghiera; e questa per il B. era la lezione da apprendere dai pittori del XIV e XV secolo. Nonostante ciò, da cultore della forma qual era, il B., che seguiva le teorie vasariane sull'arte, tanto da ideare una descrizione illustrata della basilica di S. Francesco in Assisi che servisse a completare la storia dell'arte dal "decadimento" dopo Costantino al "risorgimento" nel sec. XIII (vedi l'allocuzione del 12 giugno 1839), non rinunciò mai ad apprezzare artisti come Bonifacio Veronese e Tiziano, cercando, di sanare tale incongruenza rispetto al suo credo purista col valorizzare, di questi, soprattutto i soggetti di carattere religioso, trascurando lo spirito con cui erano stati trattati.
Morì a Roma il 27 febbr. 1884.
Un elenco degli scritti del B. è dato dal Cugnoni (1884); ad esso si aggiunga: Epigramma greco e latino..., in Effemeridi letterarie, (Roma), 1821, n. 17; Lettera di A. B. al march. A. Diotallevi nelle sue nozze colla contessa M. Ghiselli Guazzi, Rimini 1831; Tre allocuzioni lette alla Soc. degli amatori..., Firenze 1839; Risposta di A. B. alle pp. 320 e segg. del tomo I,quad. XII, del Girovago, ott. 1842, in Il Tiberino, III (1842), n. 37; Vita del B. Angelico Leonardi, Roma 1861; Carme di C. Valerio Catullo per le nozze di Giulia e di Manlio..., Napoli 1872; Elogio di V. Bellini, Napoli 1876; Per le auspicate nozze Ellero-Ivanovich, Venezia 1881; Scritti postumi di A. B., I, Imola 1884, (a c. del figlio Carlo: contiene, tra l'altro, Il trattato dell'arte ginnastica di Geronimo Mercuriale ristretto e volgar. da A. B.; i volumi seguenti non furono pubblicati). Il B. aveva corretto nello stile e nella lingua l'opera Le pitture dei Filostrati fatte in volgare la prima volta da Filippo Mercuri (Roma 1828).
Bibl.: V. Marchese, Dei Puristi e degli Accademici [1846], in Scritti vari, II, Firenze 1860, pp. 395, 399; C. Ferrari,Necrologia del prof. A. B., Firenze 1884; G. Cugnoni, A. B., in La Scuola romana, Roma, II (aprile 1884), pp. 121-129; C. Bianchini, Della vita e delle opere di A. B., in Scritti postumi di A. B., Imola 1884, I, pp. V-LXIII; L. P. Olivieri,Il senato romano…, II Roma 1886, pp. 48, 62, 89, 109, 128, 142-144: 171; L. Callari,St. dell'arte contemp. ital., Roma 1909, p. 175; P. Bucarelli, voce Nazareni, in Encicl. Ital., XXIV, Roma 1934, p. 461; G. Niccodemi,L'arte ital. del XIX e XX sec., Milano 1935, p. 34; L. Venturi,St. della critica d'arte, Firenze 1945, p. 272; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 263, 323; C. Maltese,St. dell'arte in Italia (1785-1943), Torino 1960, pp. 115, 152; G. Previtali,Antologia di critici, in Paragone, XVI(1963), n. 163, pp. 44, 61 (nota); O. Majolo Molinari,La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, I, pp. 9, 428.