BASOLI, Antonio
Nacque a Castel Guelfo (Bologna) il 18 apr. 1774 da Lelio Andrea, discreto pittore di quadratura, Fu ornatista, scenografo e decoratore molto versatile, come rivelano alcuni suoi disegni destinati a traduzioni in legno, in ferro e in metalli preziosi.
A Bologna frequentò l'Accademia Clementina e si formò fra gli scolari dei Gandolfi e gli ultimi epigoni della scuola bibienesca. Si legò di amicizia profonda con Pelagio Palagi e con il conte Ulisse Aldrovandi, pittore, mecenate e collezionista appassionato. La sua attività si svolse quasi completamente a Bologna, dove ricoprì, a partire dal 1803, la carica di insegnante aggiunto di ornato presso l'Accademia nazionale. Impegni di lavoro e un desiderio autentico di conoscere lo portarono a Cento, Trieste (1801), Firenze, Roma (1805), Ravenna (1816) e Milano (1818), dove egli si recò con il preciso intento di aggiornarsi sulle ultime innovazioni scenografiche di A. Sanquirico, che vertevano soprattutto su particolari sistemi d'illuminazione. Racconta il Masini che il B. avrebbe potuto recarsi a Pietroburgo, a Vienna ed anche in America, ma lo trattenne "un potente amore allo studio dell'arte, ch'egli diceva potersi apprendere solo in Italia". E qui in Italia, a Bologna specialmente, lavorò instancabile, dipingendo prevalentemente ornati e quadrature, in collaborazione con diversi pittori di figure come P. Fancelli, G. Guizzardi, F. Giani. I suoi fratelli, Luigi e Francesco, vennero da lui chiamati a Bologna ed educati alla pittura: il primo studiò ornato, il secondo figura. Con il loro aiuto, il B. decorò l'atrio e la sala del Teatro Contavalli (1808), oggi perduti, e l'anno successivo, valendosi di numerosi aiuti, si applicò alla decorazione degli interni del Teatro Comunale. Più importante fu la sua attività didattica, accompagnata da frequenti pubblicazioni di tavole e di testi esplicativi; tuttavia, ai fini di formulare un'adeguata valutazione critica, bisogna porre l'accento quasi unicamente sulla sua produzione scenografica.
Essa comprende un certo numero di disegni, eseguiti in vista di precisi impegni teatrali, ed un gruppo di "taccuini" (Bologna, Bibl. dell'Accademia di Belle Arti), che mostrano invece un'interpretazione più libera e diretta di paesi suggestivi e di pittoreschi angoli, realizzati però ugualmente in chiave scenografica. Si insiste eccessivamente, nel tentativo di chiarire lo stile del B., sull'eredità bibienesca che, perduto il primitivo rigore prospettico, languiva a quel tempo fra ripetizioni accademiche scarsamente vitali. Certamente il B. dovette accogliere la particolare tradizione scenografica che Bologna gli consegnava, ma seppe attuare, con originalità, una svolta decisa verso la scenografia neoclassica e, più tardi, verso un poetico vedutismo che rivela, nell'amore per l'esotico ed il pittoresco, una sensibilità che è già dichiaratamente romantica. Dalla celebre genìa dei Bibiena il B. trasse il gusto di impaginare le scene "per angolo" e la perizia innegabile nelle composizioni prospettiche, ma se ne servì soltanto come mezzi per dare maggior risalto a determinati scorci, a particolari "tagli". Le sue qualità più brillanti si rivelano in quegli appunti rapidi tracciati durante la sosta romana, in quelle annotazioni toccanti, tratte "dal vero in Bologna", in quei paesaggi studiati "nelle diverse ore del giorno" che, niente serbando di archeologico o di troppo realistico, mostrano un modo incantato e poetico di guardare la realtà.
In seguito ad un drammatico assalto, cui fu fatto segno mentre rientrava da teatro, il B. dovette subire la perdita di un occhio (1837), ma non interruppe per questo la sua attività se ancora nel 1838 pubblicava un'altra serie di Vari Ornamenti e "una pittoresca bizzarria di un alfabeto latino storico, ognuna delle cui lettere forma un quadro composto di luoghi, e di architetture" (Masini). Morì in Bologna il 30 maggio 1843.
Della sua fervidissinia attività di decoratore rimangono ancora molte tracce in Bologna negli interni dei palazzi di Giustizia, Rosselli del Turco, Sanguinetti, Hercolani e in alcune sale di casa Angeletti e di casa Bassi. Alcune tele ad olio, i cui temi vennero poi ripresi dalle incisioni dei fratelli, si conservano presso la Cassa di Risparmio e presso le Collezioni comunali d'Arte (Fabbrica di panni, Veduta di piazza dei Tribunali, ecc.). Della sua produzione scenografica, la collezione di libretti, della Biblioteca Marucelliana di Firenze ci offre una documentazione cronologica degli anni compresi fra il 1808 e il 1820, ma essa dovette essere molto più intensa e prolungata, come si deduce dai moltissimi bozzetti rimastici e conservati in gran parte a Bologna (Pinacoteca, Bibl. Comunale dell'Archiginnasio, Bibl. dell'Accademia di Belle Arti, Racc. Bassi-Certani), a Milano (Museo della Scala, Racc. Bertarelli) e a Firenze (Uffizi). Arricchiscono il patrimonio già vasto della sua produzione le numerose opere da lui pubblicate a Bologna, alcune delle quali con chiaro intendimento didattico. Esse si scalano nel tempo dai primi anni del sec. XIX fino alla fine della sua vita: sono tutte autografe nell'invenzione e spesso nel disegno, ma la realizzazione è lasciata quasi sempre ai fratelli Luigi e Francesco e ad altri incisori della sua scuola. Basterà ricordarne alcune: Raccolta di prospettive serie, rustiche e di paesaggio (1810); Guernizioni diverse di maniera antica (1814); Porte della città di Bologna (1817); Vedute pittoresche della città di Bologna (1833); Raccolta di diversi ornamenti (1838); Alfabeto pittorico (1839). Alcune lettere del B. del 1816 e del 1821 e le sue memorie mss. si trovano nella Bibl. comunale dell'Archiginnasio a Bologna (B. 2800, B. 2806; coll. autogr., VI, 1652-1653, autogr. Pallotti, III, 169).
Fonti e Bibl.: G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1820, pp. 89, 98, 216, 300, 460; C. Masini, Vita di A. B. ornatista-scenografo, Bologna 1848; L'Iride, in Albo Felsineo, Bologna 1849, pp. 4856; G. Bosi, Archivio di rimembranze felsinee..., Bologna 1853, I, p. 227; G. Giordani, Intorno al gran Teatro del Comune ed altri minori in Bologna.... Bologna 1855, p. 69; C. Ricci, I teatri di Bologna nei secc. XVII e XVIII, Bologna 1888, pp. 302 s.; G. Zucchini, Edifici di Bologna, Roma 1931, p. 223; E. Mauceri, A. B. e Ulisse Aldrovandi, in Il Comune di Bologna, XVIII (1931), n. 9, pp. 24-28; I viaggi artistici di A. B., in Il Marzocco, XXXVII (1932), n. 39, p. 3; Vedute e scene di A. B., in Il Resto del Carlino, Bologna, 20 febbr. 1935; G. Zucchini, Catalogo delle Collezioni comunali d'arte di Bologna, Bologna 1938, pp. 330, 332, 337, 338, 339, 340; G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1950, pp. 41, 54, 64, 73, 104, 118, 132, 204; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, I, p. 337; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 559; Encicl. Ital., VI, p. 336; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 18 s.