ALTAN, Antonio (Antonio di S. Vito)
Nacque in San Vito al Tagliamento da Bianchino, di nobile famiglia, e da una donna della famiglia Porcia, verso la fine del XIV secolo. Dopo avere studiato diritto a Padova ed essersi laureato in utroque iure, l'A., verosimilmente in seguito alla elevazione al trono papale del veneto Eugenio IV (30 marzo 1431), si trasferì, a Roma, ove nel giugno del 1431 ricopriva l'ufficio di cappellano pontificio, godendo contemporaneamente della prepositura della chiesa di San Pietro in Carnia. Alla fine dello stesso anno o all'inizio del seguente, l'A. fu fatto dal pontefice uditore di Rota e nel maggio del 1432 fu nominato dallo stesso suo plenipotenziario al concilio di Basilea, insieme con, Giovanni di Tagliacozzo, arcivescovo di Taranto, Andrea di Costantinopoli, arcivescovo di Rodi, e Bettrando Roberti, vescovo di Maguelonne. Ma questa ambasceria non ebbe fortuna, poiché i suoi membri, essendo giunti a Basilea praticamente privi di poteri per trattare con il concilio, dovettero limitarsi a chiedere, nel corso di tre sedute (22 e 23 agosto, 6 settembre), che fosse sospeso ogni provvedimento contro il pontefice, per ritornare poi immediatamente a Roma. Di qui certamente l'A. seguì a Firenze Eugenio IV quando questi, nel maggio del 1434, dovette abbandonare Roma in seguito ad una rivolta popolare; a Firenze, nel luglio dello stesso anno, egli ricevette l'arcidiaconato di Aquileia.
Seguitavano intanto, fra continui alti e bassi, e con ricorrenti minacce di rottura, le trattative fra il concilio di Basilea ed il pontefice. Costui il 23 luglio del 1435 nominò una nuova ambasceria nelle persone di Ambrogio Traversari e dell'A., i quali furono muniti di particolari istruzioni, cui si aggiunse un messaggio speciale del collegio cardinalizio.
A Basilea, ove i due inviati pontifici giunsero il 21 agosto, dopo un discorso introduttivo del Traversari, toccò all'A. di sostenere punto per punto le ragioni del pontefice e respingere le singole accuse che il concilio gli aveva mosso. Nel suo discorso, tenuto il 26 agosto (e a noi non pervenuto), l'A. infatti negò che Eugenio IV non facesse il possibile per promuovere la composizione dello scisma orientale; affermò la necessità della corresponsione al pontefice delle decime gravanti sui benefici ecclesiastici; confermò che Eugenio IV era disposto a riconoscere molti dei decreti conciliari e trattò altri argomenti minori. Ma i due discorsi degli inviati papali, confutati il 3 novembre dal più autorevole dei cardinali basileesi, Giuliano Cesarini, non ebbero alcun effetto immediato, cosicché essi rientrarono subito in Italia, pur avendo riscontrato fra i partecipanti al concilio un certo senso di stanchezza e di smarrimento.
Il 10 febbr. 1436, con la nomina a vescovo di Urbino, l'A. ricevette un tangibile segno del compiacimento pontificio per l'attività amministrativa e diplomatica svolta fino a quel giorno. Ma della sua sede il nuovo vescovo non poté neppure prendere per - allora possesso, in quanto già nel luglio dello stesso anno era nominato legato in Scozia su richiesta del vescovo di Glasgow, Giovanni Cameron e di Valterio abate del monastero di S. Tommaso, sito nella diQcesi di Edimburgo, i quali erano stati inviati a Roma dal re Giacomo I Stuart con l'incarico di ottenere la sostituzione del legato precedente. L'A. era appena giunto in Scozia, però, che Giacomo I fu ucciso (1437); cosicché egli dovette subito, su mandato del pontefice, occuparsi della successione al trono, che riuscì ad assicurare al figlio ancora fanciullo del re assassinato, Giacomo II. Nell'autunno del 1437 l'A., sempre su incarico di Eugenio IV, si recò come legato in Germania; ivi, essendo il 9 dic. 1437 morto l'imperatore Sigismondo, egli rimase qualche mese tentando di guadagnare i principi elettori, dichiaratisi concordemente neutrali nella contesa fra Roma e Basilea, al partito di Eugenio IV, e contribuendo con la propria azione alla creazione di Alberto II d'Austria (avvenuta poi il 18 marzo 1438); in questo periodo egli si occupò anche delia raccolta di reliquie.
Secondo quanto afferma il Diction. d'Hist. et Géogr. Ecclés.(col. 778), l'A. nel 1437 sarebbe stato anche in Portogallo e in Francia, ove avrebbe contribuito allo stabilimento di una tregua fra Enrico VI, Carlo VII e ilduca di Borgogna; ma di queste missioni non esistono ricordi nelle fonti documentarie. In ogni modo egli nel marzo del 1438 era rientrato in Italia, poiché il 15 di quel mese prese finalmente possesso della sua diocesi e vi si stabilì.
L'A. fu nominato nel settembre dallo stesso Eugenio IV membro dell'ambasceria inviata al nuovo imperatore Alberto, ma molto probabilmente non si recò in Germania, per continuare a curare gli interessi della diocesi; infatti il 14 nov. 1439 egli ottenne da Eugenio IV l'unione dell'abbazia di S. Vincenzo del Furlo al capitolo di Urbino, al fine di costituire con la relativa rendita un collegio di cantori della cattedrale.
La notizia, data dal Paschini (p. 226), di una nuova legazione dell'A, in Scozia, sulla base di una bolla di Eugenio IV dell'8 ag. 1439, deve ritenersi errata, in quanto il documento si riferisce, con ogni verosimiglianza, alla missione già svolta nel 1437.
L'A. rimase fino all'estate del 1443 in Urbino, ove si preoccupò della costruzione di una nuova cattedrale, strinse cordiali rapporti con i conti Guidantonio prima e Oddantonio poi (che molto probabilmente riuscì nell'aprile del 1443 ad ottenere dal papa il titolo di duca proprio mercé l'influenza che l'A. godeva su Eugenio IV) e continuò a curare il patrimonio della mensa vescovile, ottenendo anche da Eugenio IV, il 16 dic. 1441, il permesso di alienare alcuni beni infruttiferi.
Nell'agosto del 1443, però, egli dovette mettersi di nuovo in viaggio per assolvere ad un'altra impegnativa missione. Recatosi in Francia su incarico di Eugenio IV, l'A. riuscì il 20 maggio 1444 a far stipulare una tregua fra Carlo VII ed Enrico VI, che interruppe per quattro anni la guerra dei Cent'anni e permise al re di Francia di riorganizzare il proprio esercito. In questa occasione Carlo VII concesse all'A. di aggiungere al suo stemma un serpente ed una croce d'oro e di apporvi il motto: "Droit". Rientrato ad Urbino, l'A. si trovò presente all'uccisione del giovane duca Oddantonio, avvenuta il 22 luglio 1444, e il 25 presenziò alle sue esequie. Quindi, volendo mantenere ai Montefeltro - cui era strettamente legato - la signoria sulla città, si affrettò a chiamare in Urbino Federico, affinché prendesse le redini del governo; cosa che il giovane fratello del duca ucciso fece prontamente, ricevuto con tutti gli onori dall'A, e dalle altre autorità cittadine. L'A. rimase quindi molto legato a Federico, e nel 1445, quando questi, essendosi impossessato di Fossombrone, fu scomunicato dal papa, si adopero, sia pure vanamente, perché la scomunica fosse tolta. Nel 1447 l'A. tenne il sinodo diocesano; quindi, dal nuovo pontefice Niccolò V, fu aggregato alla commissione cardinalizia incaricata di condurre a termine la causa di beatificazione di san Bernardino. Ma nell'ottobre del 1449 fu distolto da questo nuovo ufficio, perché Niccolò V lo costituì depositano e collettore della Camera apostolica in Spagna e Portogallo, con potestà di legato a latere.
In Spagna l'A. iniziò le trattative che condussero poi il 15 marzo 1452 al matrimonio fra Eleonora di Portogallo e il nuovo imperatore Federico III. Ma egli era già morto nell'autunno del 1450, mentre si trovava a Barcellona ed era in procinto di rientrare in Italia.
Fonti e Bibl.: J. Haller, Concilium Basiliense, II, Basel 1897, pp. 170, 194, 198, 201, 216; III, ibid. 1900, p. 43; IV, ibid. 1903, p. 107; V, ibid. 1904, pp. 24, 416; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, III, Venezia 1845, pp. 196 ss.; F. Ugolini, Storia dei conti e duchi d'Urbino, I, Firenze 1859, pp. 298-299; F. Alessio, Storia di San Bernardino da Siena e del suo tempo, Mondovi 1899, p. 419; C. Eubel, Hierarchia catholica, II, Monasterii 1914, p. 260 (con il cognome "de Sanamito", evidentemente cattiva lettura invece di San Vito); Hefele-Leclerq, Histoire des conciles, VII, 2, Paris 1916, pp. 741, 889-892; P. Paschini, Un diplomatico friulano del primo Quattrocento, in Memorie storiche forogiuliesi, XIX (1923), pp. 221-228; G. Mercati, Ultimi contributi alla storia degli umanisti. Fascicolo I: Traversariana, Città del Vaticano 1939, pp. 36, 39; B. Ligi, I vescovi e arcvescovi di Urbino, Urbino 1953, pp. 97-106; Dictionn. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., II, coll. 777-779 (sub voce Altan, Antonio); ibid., III, col. 821 (sub voce Antoine d'Udine).