ALBERTI, Antonio
Nacque il 2 ott. 1495 a Firenze da Niccolò. Introdotto dal suo maestro Francesco Cattani da Diacceto, discepolo e amico di Marsilio Ficino, all'Accademia platonica degli Orti Oricellari, vi ascoltò uomini insigni fra i quali il Machiavelli e l'Alamanni. Frequentò, come era in voga tra la gioventù fiorentina colta del suo tempo, lo Studio di Pisa, ove ebbe anche le funzioni di assistente del suo maestro per l'insegnamento dell'etica, della matematica e della filosofia. Uomo di solida dottrina e in contatto con gran parte degli eruditi fiorentini suoi contemporanei, contribuì alla famosa, e non felice, edizione del 1527 (presso gli eredi di Filippo Giunti, detta la ventisettanta) del Decamerone di Boccaccio. Istituirà poi, con Giovanni Mazzuoli, asceso al potere Cosimo I de' Medici, l'Accademia che si disse degli Umiliati e, in seguito, Fiorentina, di cui fu consigliere e dettò gli Statuti nel 1540 (anno dell'istituzione) e divenne console nel 1553.
Dell'anno del suo consolato accademico sono andati perduti i registri. Se a tal fatto si aggiunge che l'A. fece bruciare tutti i suoi scritti prima di morire, si può spiegare perché di quest'uomo, che dovette pur essere notevole, "studioso assai, e d'ogni cosa parco ed onorevole" (come di lui parlava al Varchi il Busini), restino solo poche e scarne testimonianze.
Nel 1521 venne accusato di aver partecipato alla congiura contro i Medici, organizzata principalmente da Zanobi Buondelmonti, anche perché in essa era chiaramente implicato il Cattani. L'A. riuscì, però, a sfuggire alle funeste conseguenze, cui andarono incontro i suoi complici. Fu amico di Niccolò Capponi, gonfaloniere di giustizia dopo la caduta dei Medici (1527); durante la Repubblica fu vicario di S. Miniato e del Valdarno inferiore nel 1528 e priore per luglio e agosto di quell'anno. Il 2 ag. 1529 fu inviato con Lorenzo Strozzi a Venezia a chiedere aiuto contro l'imperatore e il papa; il 9 settembre dello stesso anno l'A. venne mandato, ancora con lo Strozzi, in Francia per indurre Francesco I a soccorrere Firenze. Rientrò in patria solo dopo la resa della Repubblica, pur non essendo mai stato favorevole alla politica dei Medici. Al suo ritorno tentò, con coraggio non indifferente, di aiutare il gonfaloniere Francesco Carducci, che era sotto processo, ma la sua azione non ebbe esito alcuno; non riuscì neppure ad accattivarsi la simpatia del Carducci. Rassegna-tosi al nuovo ordine di cose in Firenze, l'A. venne nominato nel 1534 podestà di Empoli e nel 1542 vicario di Anghiari. Nel 1550 fece parte del Consiglio dei Dugento e degli Otto di Custodia e Balia.
Morì il 27 febbr. 1555.
Nel 1527 aveva sposato Francesca di Francesco Pitti (morta il 24 luglio 1570).
Fonti e Bibl.: B. Varchi, Storia fiorentina, I, Firenze 1843, p. 430; II, ibid. 1844, p. 564; Lettere di Giovambattista Busini a Benedetto Varchi sopra l'assedio di Firenze, a cura di G. Milanesi, Firenze 1860, p. 83, 160; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia Fiorentina, Firenze 1717, pp. 2, 114-115; A. Fabroni, Historiae Academiae Pisanae, I, Pisis 1791, p. 324; L. Passerini, Gli Alberti di Firenze. Genealogia, storia e documenti, I Firenze 1869, pp. 173-176.