ANTONINO
Secondo le antiche cronache fu patriarca di Grado dal 725 al 748. Nel 725, morto il patriarca Donato, il vescovo di Pola Pietro usurpò la cattedra gradese, ma il pontefice Gregorio II lo depose e, con lettera spedita il 1º marzo, invitò i vescovi suffraganei e il popolo ad eleggere un degno pastore. Fu così creato patriarca A., forse fino ad allora abate del monastero benedettino di Brondolo presso Chioggia. Alcuni storici (cfr. Pinton, p. 374) ritengono che la sede gradese sia rimasta però vacante per più anni e che l'elezione di A. sia avvenuta verso il 730; ciò sarebbe un riflesso dei movimenti che allora turbarono i domini bizantini in Italia a seguito dei decreti iconoclasti. Nel 731 A., su invito di Gregorio III, si recò a Roma, ove presenziò al concilio convocato da quel pontefice per discutere la questione dell'iconoclastia, che si concluse con una solenne condanna delI'imperatore Leone. È, però, falso il documento con cui in quell'occasione Gregorio III avrebbe definito in Roma i confini entro i quali dovevano limitarsi le giurisdizioni dei patriarchi di Aquileia e di Grado. Le persistenti controversie tra i due patriarchi sono, tuttavia, riflesse in una lettera papale di data incerta ma attribuibile al periodo 731-733, con la quale si imponeva al primo di restituire alcuni possessi del monastero di Barbana appartenente alla giurisdizione gradese.
L'importanza, anche sul piano politico, di A. e la considerazione in cui era tenuto da Gregorio III, appaiono da una lettera con la quale il pontefice lo invitava a mettersi in contatto con l'esarca Eutichio, rifugiatosi a Venezia dopo la conquista di Ravenna da parte dei Longobardi, per concertare un piano offensivo comune "ut ad pristinum statum... ipsa revocetur Ravenantium civitas" (Cronache veneziane...., pp. 95 s.). Questa lettera, di cui alcuni studiosi, a torto, hanno voluto porre in dubbio la genuinità (cfr. Monticolo, I manoscritti…, p. 187), può essere attribuita al periodo 731-735 o al 740, e sortì l'effetto desiderato, perché, evidentemente anche per le esortazioni di A., i Veneziani diedero il loro aiuto all'esarca e Raverma venne presto riconquistata.
Gregorio III, intanto, aveva di nuovo invitato a Roma il patriarca di Grado e i suoi suffraganei, che però non potevano muoversi "diversis insurgentibus perturbationibus" (Epistolae..., p. 709). Finalmente, tornato l'esarca a Ravenna e attenuatasi la tensione fra Roma e i Longobardi, il pontefice poté invitare di nuovo, con lettera attribuita al 741, A., comunicandogli che lo stesso Liutprando aveva concesso un lasciapassare per i vescovi interessati. Molto probabilmente, però, questo nuovo concilio non fu tenuto, per la morte di Gregorio III, avvenuta nello stesso anno.
Di A. non si hanno altre notizie.
Fonti e Bibl.: Le Liber Pontificalis, a cura di L. Ducheme, I, Paris 1886, pp. 414, 416, 421 nota 6; Cronache veneziane antichissime, a cura di G. Monticolo, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, IX, pp.14, 94, 95, 96; Epistolae Merowingici et Karolini Aevi, I, a cura di E. Dümmler, Berlin 1892, pp. 700-709; P. F. Kehr, Italia pontificia, VII, 2, Berolini 1925, pp. 36-38; P. Pinton, Veneziani e Longobardi a Ravenna, in Archivio Veneto (1889), pp. 369-384; G. Monticolo, I manoscritti e le fonti della cronaca del diacono Giovanni, in Bullett. d. Ist. stor. ital., IX(1890), pp. 184-199; P. Paschini, Vicende politiche e religiose del Friuli, in Memorie storiche Foro-giuliesi, VIII (1912), p. 271; Id., Storia del Friuli, I, Udine 1934, p. 135; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, p. 454; R. Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, Messina 1944, pp. 13 ss.; Id., Politica, economia, religione, in Storia di Venezia, II, Venezia 1958, p. 82.