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Pagliaro, Antonino

di Aldo Vallone - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Pagliaro, Antonino

Aldo Vallone

Glottologo e critico letterario, nato a Mistretta nel 1898, professore dal 1931 di storia comparata delle lingue classiche e neolatine (glottologia) nell'università di Roma; è socio nazionale dell'Accademia dei Lincei. Studiò a Firenze alla scuola di Parodi, Pistelli, Mazzoni e Viteli, ad Heidelberg, sotto il magistero di C. Bartholomae, e a Vienna, con P. Kretschmer.

L'impegno del P., dapprima rivolto quasi esclusivamente alla ricerca linguistica e all'iranistica, si è via via spostato, in ispecie in questi ultimi vent'anni, senza mai perdere stimoli o modi di origine, a indagini storiche filologiche e critiche come anche a studi di teoria del linguaggio. È indubbio che in queste prove, aperte a un più vasto pubblico, che anzi proprio questo cercano e postulano, confluiscono recenti problemi e letture d'urto come anche remote meditazioni, lunghi indugi sulle cose della realtà e sulla vita del pensiero. Una ricerca, dunque, che impegna lo studioso con tutte le sue possibilità al più alto grado, assieme all'uomo, che non rinuncia a essere sempre sé stesso, a vedere sé stesso continuamente teso nell'opera che si compie.

Lunga e sempre più intensa è stata la meditazione del P. sull'opera di Dante. Si può pensare a un arco più che trentennale dalla nota su offende (If V 102) del 1940 a oggi. E la ricerca si è andata sempre più infoltendo di temi e problemi, piantata su un'esperienza varia e diversa da quella comunemente riconosciuta a filologi e dantisti. Se si pensa ai filoni d'indagine, tradizionali e correnti, nel campo dell'esegesi letteraria, e poi si guarda alla via percorsa dal P. in campi diversi e distanti tra loro, si comprenderà quanto e come quel rigore scientifico si sia allargato, intensificato, variato, e, dunque, arricchito di probità e valentia di esegesi, esperienza filologica, conoscenza di testi, maturità di metodo. Perché il P. non comprova il suo metodo attraverso i testi, ridotti a strumento di esemplificazione pura e semplice, ma coglie e avvalora ogni via di ricerca (e valga quella filologica come quella estetica, quella stilistica come quella storica, quella psicologica e quella strutturalistica, e così via) dinanzi al testo. Il metodo semantico l'impegna anche come editore di testi. Accetta sì la tradizione e il grado di attendibilità di ogni variante, come " base e ambito di ogni soluzione ", ma punta più propriamente, per legittimare di ognuna di esse la probità, alle " necessità semantiche del contesto e ai modi linguistici, stilistici e concettuali dell'autore ". L'esperienza conoscitiva, di cui parla il P., è ben altro della ‛ materia ' che la fantasia-ispirazione trasformerà, demiurgicamente negli sprovveduti, in poesia. L'esperienza conoscitiva è in fondo allo stesso limite della ‛ poetica '; e questa è diversa dalla concezione della poetica oggi corrente. Non conta l'atto di avvio o prefase, ma la fase vera e propria che precede l'espressione-poesia: questa è per il P. l'interpretazione del mondo propria in D., che nasce dalla cultura, dall'ingegno, dalle condizioni del tempo.

Il viaggio di D., ad esempio, non è più un sogno o una fantasia, che è sublime perché staccato dalla realtà e sgomenta perché a esso si riconduce il reale; ma è l'obiettivazione di un mondo che è già sentimento e cultura e che anzi parte da questi per divenire o assurgere a significazioni generali. Sicché la Commedia si presenta come tre gradi dell'operare umano dinanzi alla ragione.

Cadono sotto questo aspetto le interpretazioni del viaggio di D. come opera di edificazione religiosa e di visione o, più genericamente, come allegoria. In realtà la Commedia può essere tutte queste cose insieme e tale è se edificazione religiosa, visione, sentimento o risentimento etico-politico, allegoria vengono assunti non in sé e per sé, come atto terminale, ma come componenti di un ben complesso itinerario conoscitivo, al quale, appunto, " è implicita la discriminazione fra bene e male, tra vero e falso... Il conoscere che si esprime nella Commedia, pratico, etico, scientifico e teologico che sia... nasce dentro il cerchio di luce di uno spirito, in cui il concettuale e l'astratto non precedono e non seguono il sensitivo, ma sono tutt'uno con esso, come il significato lo è con la parola " (Ulisse, p. XIV). Partire dal segno linguistico, teso a creare, e giungere alla mitizzazione poetica è in realtà il cammino, seppure a gradi e con soste di comparazione e riscontro (entro cui si giustifica il metodo filologico, senza a questo fermarsi), che porta all'entificazione del testo. A un'opera del genere, che assomma le molte ‛ ricerche semantiche ' a cui è stato sottoposto D. (e con D. antichi e moderni autori), si addice bene il titolo di Ulisse: l'ultima e più vasta raccolta di saggi danteschi del P., un titolo apparentemente semplice e che è invece carico di altissimo impegno culturale come vero e proprio esponente della sostanza e interna natura dei vari saggi (Il proemio, Il prologo, Il canto di Francesca, La Fortuna, Farinata e Cavalcante, " Le tre disposizion... ", " Ahi Costantin... " , La rapsodia dei diavoli, La settima zavorra, Ulisse, nel I vol.; nel II Dialetti e lingue nell'oltretomba, Simbolo e allegoria, Teoria e prassi linguistica, Il linguaggio poetico, Aspetti dell'esegesi, Escatologia e poesia). Ora, a parte il metodo, personaggi o temi, figure (a cui nulla rimane della prosopopea romantica: si pensi a Francesca) o situazioni, episodi o versi isolati, parti dottrinali o descrittive, punti di pausa o di colloquio, tutti nascono come problemi da ridiscutere e da riproporre all'attenzione del lettore.

Scritti critici e danteschi: ... E 'l modo ancor m'offende, in " Romania " IV (1940) 331-354; Il canto V dell'Inferno, Roma 1957; Saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1953; Nuovi saggi di critica semantica, ibid. 1956; Il canto XIX dell'Inferno, Firenze 1961; Altri saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1961; La critica dantesca nel primo Ottocento, in Atti del I Congresso di studi danteschi, Firenze 1962, 75-98; La D.C. nella critica, ibid. 1965; Ulisse. Ricerche semantiche sulla D.C., Messina-Firenze 1966; Il c. XXVI dell'Inferno, in Nuove letture III 1-38.

Bibl. - N. Sapegno, in " Giorn. stor. " CXXXII (1955) 64-69; A. Vallone, L'interpretazione semantica di P., in Ricerche dantesche, Lecce 1967, 229-249; G.R. Cardona, Bibl. degli scritti di A.P., nel vol. miscellaneo Classica et orientalia, Napoli 1969, III ss.; T. De Mauro-A. Vallone, A.P., in I critici, IV, Milano 1969, 3179-3205 (con ampia bibl.).

Vedi anche
Tullio De Màuro De Màuro, Tullio. - Linguista e filosofo del linguaggio italiano (n. Torre Annunziata, Napoli, 1932), si è occupato soprattutto di linguistica generale, con attenzione al rapporto tra lingua e società. Vita. Laureatosi in Lettere classiche con A. Pagliaro nel 1956,  ha insegnato nelle univ. di Napoli, ... stilistica Termine, diffusosi in Italia sul modello del ted. Stilistik intorno alla metà del 19° sec., con cui si indicò dapprima quell’insieme di teorizzazioni e di precetti intorno allo scrivere che già si erano costituiti in dottrina, almeno a partire da Isocrate e Teofrasto, nell’ambito della retorica greca. ... Guido Cavalcanti Poeta (Firenze intorno al 1258 - ivi 1300). Di famiglia guelfa (dice Giovanni Villani che era una "delle più possenti case di genti, di possessione e di avere in Firenze"), figlio di Cavalcante, fu promesso in matrimonio nel 1267 a Beatrice, figlia di Farinata degli Uberti, per la pacificazione delle ... Giambattista Vico Filosofo (Napoli 1668 - ivi 1744). Terzultimo degli otto figli di Antonio, modestissimo libraio, e di Candida Masullo, dotato di un carattere che egli stesso definiva "melanconico ed acre", di debole e delicata costituzione, entrò all'età di dodici anni nel collegio gesuita "a Gesù vecchio" per frequentarvi ...
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