CAMPOFRANCO, Antonino Lucchesi Palli principe di
Nacque a Palermo il 23 maggio 1781 da Emanuele e da Bianca Filangieri, figlia del principe di Cutò. Sposò il 30 luglio del 1800 Francesca Paola Pignatelli, figlia del duca di Monteleone. Nel 1801 divenne superiore della Compagnia della carità in Palermo, quindi senatore della capitale siciliana e gentiluomo di camera. Il 26 luglio 1805 fu investito dei feudi e dei titoli di principe di Campofranco e duca della Grazia, quale erede universale del nonno Antonino, essendo morto nel 1795 il padre Emanuele. Nel 1808 creò, secondo la consuetudine, un reggimento di fanteria e lo mantenne a sue spese; nel 1810 fu deputato del Regno borbonico per il braccio militare.
Fin dagli anni della permanenza dei Borboni in Sicilia, durante il dominio francese nel Regno di Napoli, il C. si distinse, all'interno della irrequieta feudalità siciliana, per la completa fedeltà alla dinastia e all'assolutismo regio. Deputato sopraintendente alle strade di Sicilia, pubblicò nel 1812 un Prospetto attuale delle strade rotabili in Sicilia, e successivamente, nel 1813, una Memoria al Parlamento, dove ragionandosi storicamente della utilità, ed Architettoniche magnificenze delle vie degli Antichi, s'espone un progetto intorno la direzione, costruttura, ed economico regolamento delle Strade Consolari. Si trattava, in effetti, di un piano stradale tendente a collegare la capitale con i principali centri dell'isola; ma la realizzazione dei progetti fu impedita dalla carenza di mezzi finanziari.
La sua fedeltà a re Ferdinando, anche durante il periodo costituzionale e il vicariato di Francesco duca di Calabria, fu premiata nel 1814 quando il re riprese i poteri e nominò un governo di sua piena fiducia, in cui il C. ricoprì il ruolo di ministro degli Esteri. Nel maggio 1815 Ferdinando, dopo lo scioglimento del Parlamento e prima di ritornare a Napoli, nominò il C. membro della commissione incaricata di esaminare le "trenta linee" (articoli) regie per riformare la costituzione siciliana del 1812, in effetti per affossarla. Nel luglio del 1820 - come risulta dagli Atti del Parlamento delle Due Sicilie - il luogotenente generale in Sicilia Naselli creò a Palermo "provvisoriamente una guardia di maestranze, diretta da otto individui ben visti, i quali avessero dovuto scorrere i quartieri di quella città per mantenervi il buon ordine". Tra questi comandanti fu anche il C., ma tale sua funzione non durò a lungo, visto che già il 17 luglio le "maestranze" - organizzazioni corporative degli artigiani e degli operai - s'impadronirono di Palermo, costrinsero il generale Naselli a imbarcarsi per Napoli e decapitarono alcuni potenti baroni.
Dopo la sconfitta del movimento rivoluzionario del 1820-21, il C. fu nominato nel 1822 luogotenente generale in Sicilia, in sostituzione di Nicola Filangieri principe di Cutò, eletto maggiordomo maggiore di Ferdinando I. Nel gennaio 1822 fu scoperta una vasta cospirazione organizzata da diverse vendite carbonare a Palermo, Catania, Messina, e in altre città siciliane; ma soltanto dopo alcuni mesi venne arrestato il capo della congiura, il procuratore legale Salvatore Meccio. E fu il C. a nominare la corte marziale straordinaria che giudicò e condannò a morte il Meccio, giustiziato quindi nel settembre 1822. Sostituito dal marchese delle Favare, quale luogotenente generale, il C. fu nominato, nel 1825, maggiordomo maggiore di Francesco I.
Consigliere di Stato dal 1831, il C. fu nominato nel 1832, da Ferdinando II, ministro di Stato residente in Palermo, per affiancare l'opera del principe Leopoldo, conte di Siracusa, nuovo luogotenente generale in Sicilia.
Il console francese a Palermo De Ségur esprimeva, in una lettera del 19 maggio 1832 al ministro degli Esteri Sebastiani, un significativo giudizio sull'impressione suscitata nella capitale siciliana dalla nomina del C.: "On ne lui accorde pas généralement beaucoup de capacité, ni la fermeté de caractère: qui serait nécessaire dans sa position... mais on lui reconnait de bonnes intentions et il inspire de la confiance par sa droiture et sa loyauté, dans un pays où ces qualités sont si rares".
Richiamato a Napoli nell'aprile 1835 il principe Leopoldo per l'eccessivo affetto dimostratogli dalle forze più rappresentative dell'autonomismo siciliano, Ferdinando II nominò con decreto del 29 ag. 1835 luogotenente generale in Sicilia il C., coadiuvato da Giustino Fortunato e da Carlo Vecchioni; ma questo provvedimento fu pubblicizzato soltanto dopo qualche tempo per il forte malcontento suscitato a Palermo dalla notizia ufficiosa della sostituzione del conte di Siracusa con questo fedele esecutore della volontà di Ferdinando II.
Le violente agitazioni antinapoletane delle forze autonomiste dell'isola scoppiate nel 1837, prendendo spunto dal colera e dall'inadeguatezza dell'intervento pubblico, convinsero Ferdinando II a inasprire il controllo della Corona sull'isola. Fu quindi attuato un deciso indirizzo assolutistico-centralizzatore che trovava i suoi fondamenti nell'abolizione del ministero speciale in Sicilia, nella ulteriore restrizione dei poteri luogotenenziali e nella "promiscuità" tra siciliani e napoletani negli impieghi statali. Pertanto il C. dové cedere, nell'ottobre 1837, la carica di luogotenente generale al napoletano Onorato Gaetani, duca di Laurenzana, nonostante che - come riconobbe lo stesso Ferdinando II in un discorso del 1840 - "nel '37 tutti in Sicilia, le autorità tutte ad eccezione di Campofranco, volevano la separazione; ma ho saputo bandirne il pensiero e mettere la Sicilia a dovere".
Dal 1840 il fedelissimo C. è, per parecchi anni, ministro segretario di Stato e anche presidente della Consulta generale del Regno. Scoppiata la rivoluzione del 1848, viene abrogato il decreto 31 ott. 1837 relativo alla "promiscuità" degli uffici; e, accanto al nuovo luogotenente generale il conte di Aquila, fratello del re, viene posto ancora una volta da Ferdinando II il C. quale ministro di Stato e "destinato alla immediazione" del luogotenente.
Il C. morì nel 1856.
Fonti e Bibl.: Almanacco Reale delle Due Sicilie, 1822-1850; Atti del Parlamento delle Due Sicilie, 1820-1821, a cura di A. Alberti, I, Bologna 1926, p. 402; Le relazioni diplomatiche fra la Francia e il Regno delle Due Sicilie, II serie, 1830-1848, I (25 agosto 1830-24 dicembre 1835), a cura di A. Saitta, Roma 1966, in Fonti per la storia d'Italia, LXXVIII, pp. 94 s., 169-71, 202 s. 438-41; A. Sansone, La rivol. del 1820in Sicilia, Palermo 1888, pp. 240-52; F. Guardione, Il dominio dei Borboni in Sicilia dal 1830 al 1861, Torino 1907, I, pp. 128, 186, 247, 303; F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobil. di Sicilia dalla loro origine ai giorni nostri, Palermo 1924, II, p. 185; E. Pontieri, Per la stona della politica riformatrice di Ferdinando II di Borbone in Sicilia, in Arch. stor. per le prov. napol., LXVII (1945), pp. 288 ss.; R. Moscati, Ferdinando II di Borbone nei docum. diplomatici austriaci, Napoli 1947, pp. 39-41; A. Saitta, Le riforme di Ferdinando II in Sicilia nel giudizio dei diplomatici della monarchia di luglio, in Ann. dell'Ist. stor. ital. per l'età moderna e contemp., VI (1954), pp. 179-83; F. Renda, La Sicilia nel 1852, Caltanissetta-Roma 1963, pp. 417-20; E. Sciacca, Riflessi del costituzionalismo europeo in Sicilia (1812-1815), Catania 1966, pp. 187-192; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, II, Milano 1934, p. 512; III, ibid. 1936, p. 484.