GENTILE, Antonino
Nacque a Palermo nel 1790 da Leonardo, soprintendente alle scuderie di Agesilao duca di Castellana, e da Giuseppa Oliveri, alle dipendenze della duchessa.
La maggior parte delle notizie sulla vita e sull'operato del G. si devono al suo contemporaneo Agostino Gallo. Indirizzato agli studi dal duca di Castellana, il G. frequentò a Palermo le scuole dirette dal canonico Giannagostino De Cosmi; successivamente entrò nel seminario dei chierici dove ebbe come maestro di geometria Lorenzo Federici. In seguito, grazie all'appoggio di Carlo Cottone, principe di Castelnuovo e genero del duca di Castellana, frequentò l'Università di Palermo dove seguì le lezioni di eloquenza di Michelangelo Monti, di fisica sperimentale di Domenico Scinà, di matematica e fisica di Domenico Marabitti e Diego Muzio. Presso la stessa università il G. fu allievo dell'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, tra i più noti rappresentanti del neoclassicismo in Sicilia; morto il Marvuglia fu quindi allievo di Niccolò Puglia.
Nel 1817 il G. partecipò al concorso per il ruolo di professore presso la cattedra di architettura civile dell'università palermitana che fu vinto da Cristoforo Cavallaro; alla morte di questo, nel 1818, ricevette tale incarico che ricoprì per il resto della vita.
Fondamento principale del suo insegnamento universitario fu l'opera teorica di Francesco Milizia, in particolare i Principj d'architettura civile (Finale 1781), aggiornata alla luce delle conoscenze teoriche e pratiche più recenti, relative, in particolare, alle "moderne costruzioni di ferro" e alla "meccanica dell'architettura" (Gallo, p. 329).
Nel 1819 il principe di Castelnuovo, ritiratosi con amarezza dalla vita politica attiva dopo lo scioglimento del Parlamento siciliano, decise di istituire nel parco della sua villa ai Colli presso Palermo un istituto agrario. Il decreto di fondazione dell'edificio fu firmato il 5 ott. 1819 dal re Ferdinando I e la costruzione durò circa quindici anni, poiché, ancora nel 1834, Agostino Gallo affermava che mancavano gli ultimi abbellimenti dei prospetti esterni e del vestibolo interno (p. 332). Scopo dell'istituto era quello di promuovere in Sicilia metodi razionali di conduzione agricola, nel solco di una tradizione di studi agronomici che a partire dalla seconda metà del Settecento erano divenuti una delle principali occupazioni della nobiltà siciliana e che si erano concretizzati con l'istituzione degli orti botanici. Solo intorno alla fine del Settecento tale interesse aveva assunto un carattere meno teorico ed elitario con l'istituzione di istituti agrari come quelli del principe Stefano Reggio Gravina d'Aci e del principe di Castelnuovo. Alla base del progetto elaborato dal G. è un'idea dell'architettura che, derivando in parte da quella del tardo Settecento francese e in parte dall'architettura neoclassica inglese, appare principalmente basata sulla sobria aggregazione di volumi semplici quasi del tutto privi di decorazione.
Il G. progettò l'edificio centrale come un vero e proprio ginnasio, nel più puro stile neoclassico, ispirato idealmente ai modelli dei templi di Selinunte e al ginnasio dell'orto botanico di Palermo, progettato nel 1789 dall'architetto francese Léon Dufourny. A pianta rettangolare con muri in pietra squadrata, l'edificio si sviluppa su due livelli, uno in trincea e l'altro fuori terra. La fabbrica è percorsa nel senso della lunghezza da un porticato costituito da otto colonne doriche disposte in doppia fila, le cui quattro centrali sorreggono un'ampia cupola con tamburo decorata all'interno da bassorilievi in stucco con motivi floreali e allegorici opera di Michele Varrica, stuccatore di fiducia del principe di Castelnuovo (Inzenga, p. 8). All'esterno una trabeazione dorica fa da coronamento a tutto l'edificio sul quale, in posizione più arretrata, si svolge un muro d'attico dal quale emerge il profilo della cupola.
Lo stesso G. fu con ogni probabilità anche l'ideatore del monumentale accesso alla proprietà del principe di Castelnuovo, sull'attuale via Resuttana a Palermo, delimitato da due pilastri che inquadrano il cancello decorati da composizioni allegoriche in stucco raffiguranti l'Agricoltura e l'Abbondanza, realizzate da Varrica.
Per il principe di Castelnuovo il G. ideò nel comune di Santa Caterina Villarmosa, un collegio per l'educazione delle fanciulle povere e un edificio "per uso di pubblico albergo" (Gallo, p. 334) che non furono però realizzati. Nel testamento del principe di Castelnuovo compare inoltre la notizia di una strada rotabile progettata dal G. che da Vallelunga doveva giungere sino a Santa Caterina Villarmosa e oltre, fino ai "molini della pergola" (Federico).
Nel 1824 ricompose i pezzi di una grande stufa in ferro donata nel 1799 dalla regina Maria Carolina d'Austria all'orto botanico di Palermo. Circa nello stesso periodo costruì, all'interno dell'Università di Palermo, una grande galleria rivestita di marmi destinata al conferimento delle lauree e all'esposizione della nutrita collezione di quadri in possesso di questa stessa università. Base di questo progetto, esistente nonostante le modifiche subite nel corso degli anni, era una concezione di carattere principalmente funzionale, indirizzata a realizzare un luogo che servisse soprattutto a far "spiccar" (Gallo, p. 330) i dipinti esposti, quasi del tutto privo di elementi ornamentali tranne una cimasa di coronamento e pochi altri sobri fregi decorativi. Il G. realizzò anche il vestibolo prospiciente lo scalone d'accesso ai piani superiori, sostenuto da quattro colonne ioniche, nel quale dovevano trovare posto statue, fossili e altri reperti antichi.
Sempre per l'Università di Palermo il G. eseguì alcuni disegni per la progettazione dei gabinetti di chimica e fisica; su incarico della commissione per la Pubblica Istruzione di Palermo, progettò anche un teatro anatomico, a pianta ellittica con intorno i sedili per coloro che assistevano alle autopsie.
Tra il 1826 e il 1834 il G. ideò per la città di Trapani il cimitero, il teatro Ferdinando (poi Garibaldi), il lazzaretto. Di tali progetti solo quello per il lazzaretto non ha subito modifiche sostanziali.
Per il cimitero, sorto non presso il convento di S. Francesco di Paola, come previsto dal G., ma nella zona del convento dei cappuccini, l'architetto aveva ideato la costruzione di un tempietto prostilo con portico di ordine dorico in asse con l'ingresso monumentale che non fu però realizzato. Il progetto del teatro, del 1826, fu rielaborato da Salvatore Maltese e costruito tra il 1844 e il 1849; venne quindi distrutto durante i bombardamenti del 1944. Il lazzaretto, posto nell'isolotto di Sant'Antonio, fu ideato dal G. tra il 1830 e il 1832, e, salvo una serie di trasformazioni, rimase conforme all'impianto originario: a pianta mistilinea, con monumentali colonne doriche all'ingresso, e, all'interno, una profonda esedra sulla quale si aprono a raggiera gli alloggi per i malati.
All'inizio degli anni Trenta, su richiesta del governo borbonico, il G., insieme con Muzio, Alessandro Casano e Carlo Dolce, eseguì la pianta topografica dei terreni contigui al fiume Oreto, in vista di una sua eventuale bonifica mediante la canalizzazione del tratto terminale.
Il G. morì a Catania nel palazzo del barone Michele Majorana, presso il quale era ospite, il 29 marzo 1834.
Gallo ricorda, tra i primi lavori eseguiti dal G., l'esame del progetto dell'architetto catanese Salvatore Zhara Buda per un nuovo porto artificiale da costruire nel sito degli Scoglitti, presso Vittoria, nella Sicilia sudorientale. Incaricato dal marchese Gioacchino Ferreri, ministro segretario di Stato in Sicilia, il G. espresse parere negativo, dettato dalla considerazione che in quel sito soffiavano venti troppo forti. Lo stesso Gallo ricorda la realizzazione della casina con "leggiadro prospetto" (p. 330) per il commerciante francese Donaudy nella campagna dell'Olivuzza presso Palermo.
Altri progetti del G. menzionati da Gallo, e non realizzati, riguardano a Palermo, su incarico della commissione di Pubblica Istruzione, uno "stabilimento di agricoltura" (p. 332) che prevedeva la sistemazione di terreni per le colture sperimentali, un edificio d'ingresso con porticato di ordine dorico in aggetto, e vari edifici per le attività connesse al suo funzionamento oltre a un ingrandimento dell'ospedale dei tisici nella contrada dell'Olivuzza; a Catania una casina per il barone Majorana; per la piazza Ferdinanda di Messina un tempietto monoptero di ordine dorico.
Fonti e Bibl.: A. Gallo, Notizie intorno alla vita e alle opere di A. G. architetto palermitano, in Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, III (1834), 9, pp. 323-342; G. Inzenga, Descrizione dello Istituto agrario Castelnuovo, Palermo 1863, pp. 8, 25; I. La Lumia, Carlo Cottone principe di Castelnuovo, Palermo 1872, p. 88; L. Sampolo, La Real Accademia degli studi di Palermo, Palermo 1888, p. 174; R. La Duca, Bagli, casene e ville della piana dei Colli, Palermo 1965, p. 46; G. Lanza Tomasi, Le ville di Palermo, Palermo 1965, pp. 272, 304 s.; F. Federico, Storia particolareggiata del comune di Santa Caterina Villarmosa, Troina 1981, p. 76; A. Cottone, L'insegnamento pubblico dell'architettura a Palermo nel periodo preunitario, in Vittorio Ziino architetto e scritti in suo onore, Palermo 1982, pp. 229 s.; G. Fatta - M.C. Ruggieri Tricoli, Palermo nell'età del ferro: architettura tecnica e rinnovamento, Palermo 1983, pp. 73 s.; E. Mauro, "Palermo, detto Paradiso di Sicilia". Ville e giardini, XII-XX secolo, Palermo 1989, pp. 161-165; A. Mazzamuto, Teatri di Sicilia, Palermo 1989, p. 105; V. Navarra, Monumenti nella Sicilia dell'Ottocento, in Libera Università Trapani, IX (1990), 24, p. 206; E. Mauro, Le ville di Palermo, Palermo 1992, pp. 173 s.; A.I. Lima, Storia dell'architettura. Sicilia Ottocento, Palermo 1995, pp. 147-149, 173; C. De Seta - M.A. Spadaro - S. Troisi, Palermo città d'arte, Palermo 1998, p. 332; E. Mauro, G., A., in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, I, Palermo 1993, pp. 197 s.